“Gabibbo”, nove pagine di accuse in un block-notes. Anche per il fratello

di GIANMARCO DI NAPOLI

Un block notes con nove pagine fitte fitte di appunti. E tra i nomi dei mafiosi, anche quello del fratello Antonello: Francesco Gravina non risparmia i  familiari più stretti nel suo atto d’accusa alla Sacra corona unita. Il nuovo pentito tratteggia gli organigrammi della struttura partendo da lontano, dal 27 luglio 1996 quando racconta di essere stato affiliato in casa di sua zia Angela da Amedeo Esperti, che chiamano “Giappone”, e Salvatore Saracino, soprannominato “Ciocio”. All’epoca era ancora in auge l’antico giuramento mutuato dalla ‘ndrangheta (“Giuro su questa punta di pugnale bagnata di sangue…”) che negli anni Duemila finì nell’oblio perché la surreale cerimonia di “battesimo” era una sorta di certificazione di mafiosità che aveva portato più condanne al 41/bis che raffiche di kalashnikov.

Nessuno immaginava che quando affibbiarono quel soprannome a Gravina, “Gabibbo”, per quelle sue dimensioni enormi determinate da una disfunzione ormonale, sarebbe stato profetico e tutt’altro che ironico. Da ciccione, apparentemente comico e sgraziato eppure spietato al punto da uccidere a bastonate un uomo, a “difensore della legalità”, un po’ come il Gabibbo inventato da Antonio Ricci.

Oggi così vorrebbe accreditarsi Gravina. E nel primo verbale dopo la svolta, datato 7 aprile 2014, si può solo intuire (vista l’abbondanza di pagine censurate perché coperte dal segreto istruttorio) che egli possa fornire un quadro completo degli ultimi vent’anni di storia della criminalità organizzata brindisina, dalla svolta dei capi di seconda generazione (quando Massimo Pasimeni, Antonio Vitale e poi Francesco Campana surrogarono Pino Rogoli, Giuseppe Gagliardi, Giovanni Donatiello, sprofondati nei sotterranei di carceri durissime con condanne definitive e con contatti annullati dai rigori del 41/bis) sino alle nuove leve, i cui nomi sono ancora top-secret ma che probabilmente conosceremo molto presto, già nel prossimo blitz antimafia.

Dalle prime rivelazioni di Gravina rese pubbliche si ha la conferma che la nuova Scu ha ormai abbandonato la struttura verticistica della fine degli anni Ottanta che si ispirava a Cosa Nostra per sposare quella “orizzontale” della ‘Ndrangheta, organizzandosi in piccoli clan, ognuno autonomo. Questo dovrebbe preservare, in caso di pentimenti, dal rischio che l’intera organizzazione possa essere disarticolata come avvenne negli anni Novanta, quando tutto sapevano di tutti e i capi finirono subito dentro, per sempre.

Dodici pagine in tutto, sottoscritte negli uffici della Squadra mobile di Brindisi, quelle stesse stanze nelle quali visse il suo ultimo arresto da mafioso e che, rispettando il canovaccio della sua spavalderia, salutò inviando un bacio rivolto alle telecamere. Non sapevano i suoi compari che quello, molto presto, sarebbe diventato il bacio del tradimento.