
Le Sezioni unite civili della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della difesa, hanno annullato la sanzione disciplinare della ‘censura’ inflitta dal Csm al procuratore della Repubblica di Brindisi, Marco Dinapoli.
Era accusato di aver «ingiustificatamente interferito» nell’attività della Dda di Lecce sulla competenza ad indagare sull’attentato compiuto davanti alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi del 19 maggio 2012, in cui perse la vita la studentessa 16enne Melissa Bassi e rimasero ferite altre nove persone tra studenti e passanti.
Per l’attentato, dopo qualche tempo, fu fermato Giovanni Vantaggiato, condannato all’ergastolo anche in appello. Le incolpazioni per Dinapoli traevano origine dalla denuncia del procuratore della Dda di Lecce, Cataldo Motta, tanto alla Procura della Repubblica di Potenza, che archiviò il procedimento, quanto al ‘tribunale delle toghe’.
Palazzo dei Marescialli il 22 novembre 2013 decise di attribuire al procuratore di Brindisi una delle forme più lievi di sanzione previste, ossia la censura. Secondo il procuratore Motta, Dinapoli, fornendo via e-mail materiale di giurisprudenza e dottrina al gip del tribunale di Lecce Ines Casciaro, che doveva esprimersi sulla convalida del fermo di Giovanni Vantaggiato, condizionò lo stesso giudice, così interferendo nell’attività della Dda di Lecce e nelle sue valutazioni sulla sussistenza dell’aggravante della finalità terroristica, contestazione che aveva determinato il trasferimento dell’inchiesta da Brindisi a Lecce. Inizialmente il pg della Cassazione aveva chiesto per Dinapoli il trasferimento in via cautelare, ma il Csm aveva rigettato la richiesta.
«Si è dimostrato che ogni accusa era infondata. Si trattava solo di una legittima interlocuzione tra magistrati. Era tutto privo di fondamento»: lo spiega il procuratore di Brindisi, Marco Dinapoli, commentando la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione che ha annullato la sanzione disciplinare della censura decisa nei suoi confronti dal Csm nel novembre 2013. Dinapoli era accusato di aver «ingiustificatamente interferito» nell’attività della Dda di Lecce sulla competenza ad indagare sull’attentato compiuto davanti alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi il 19 maggio 2012. «Ho atteso con estrema tranquillità, mi sono difeso nel merito. La Procura di Brindisi – rileva Dinapoli – ha mantenuto un atteggiamento composto. Ha continuato a collaborare con la Dda di Lecce, sono andato avanti affermando le mie ragioni, certo che l’accusa si sarebbe rivelata del tutto infondata, perchè lo era». La Cassazione ha accolto i motivi di ricorso della difesa di Dinapoli e ha stabilito di «cassare senza rinvio la sentenza impugnata». Dinapoli era stato ‘denunciato’ dal procuratore della Dda, Cataldo Motta, anche alla procura della Repubblica di Potenza per aver tentato di interferire, si sosteneva, nell’attività della distrettuale antimafia, appena dopo il fermo di Giovanni Vantaggiato. «Il dottor Dinapoli – scrive la Suprema Corte – non ha agito per un interesse privato bensì nell’interesse del suo Ufficio alla corretta applicazione della legge nella determinazione della Procura competente allo svolgimento delle indagini preliminari».
Dinapoli, oltretutto non ha «utilizzato maniere invadenti o aggressive, risultando al contrario che egli ha inviato il materiale in questione solo dopo averne ottenuto il permesso, previamente richiesto alla destinataria». «I magistrati – si legge ancora – assai spesso interloquiscono discutono e si confrontano durante l’attività lavorativa, che li vede talora in contatto per molte ore al giorno». Questa non è una «ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altri magistrati».