QUEL RAGAZZO SULLA RINGHIERA – Ritratto di Dario Guadalupi

di Gianmarco Di Napoli

Se Dario Guadalupi avesse dovuto fare una classifica delle sciagure più inverosimili che gli potevano capitare, quella di essere arrestato, per giunta nel giorno del compleanno del suo Brindisi, beh quella sarebbe stata la prima senza ombra di dubbio. Eppure stamattina i carabinieri hanno bussato alla sua abitazione e se lo sono portato via. Dicono che si sia fatto consegnare sotto minaccia, con la complicità di altri tre uomini, cinquemila euro da un avvocato civilista, noto per essere specializzato in incidenti stradali. Per giunta, pare, un tempo suo amico fraterno.

Sarà il suo, di legale, a occuparsi della questione giudiziaria nella quale, ovviamente, non vogliamo entrare. Quel che ci preme è raccontare di lui due o tre cose che fanno parte della sua storia, quella di un atipico capo ultrà che stava scontando un Daspo (divieto di mettere piede al campo sportivo).

Accadde nel 2010 quando il servizio d’ordine del “Fanuzzi” piazzò gli ultras dell’Avellino, privi della tessera del tifoso, in gradinata invece che nel settore ospiti e quelli cominciarono a sfottere e minacciare. C’erano soprattutto famiglie brindisine con bambini in quel settore e gli ultras, dalla curva Stasi, scavalcarono alla “arrivano i nostri” e si frapposero fra i tifosi violenti dell’Avellino e le famiglie brindisine e Dario Guadalupi era tra questi. Beccarono la squalifica, e pure dura.

Il Brindisi è nel suo sangue, nel vero senso della parola. Suo nonno materno, Francesco De Totaro, ne aveva difeso la porta ai tempi dei baffi a manubrio e nel calzoni alla zuava: era il 1912-1913.

Dario ancora ragazzino era stato tra i fondatori dei Teen Agers Korps 88, frangia sfegatata del tifo biancazzurro a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Era il Brindisi dei gemellaggi con Foligno e Casarano, che aveva subito il tracollo dell’ultima gestione Fanuzzi (promozione in serie B sfiorata con lo squadrone di Bergamaschi e Campilongo e l’anno dopo fallimento quando a metà stagione si era primi in classifica) e che cercava di riavvicinarsi, con il passo del gambero, al calcio che conta. Dario, capelli a caschetto, occhialoni e sguardo da duro, conquistò in breve tempo la leader-ship, per due sue grandi doti: il carisma e la cultura. Sapeva parlare, convincere e, al momento giusto, tenere a freno le teste più calde. Anche se, raccontano, che nelle occasioni in cui si era venuti alle mani, non si era mai tirato dietro. Si conquistò il primo soprannome: “il ragazzo sulla ringhiera”, così inneggiavano a lui i ragazzi della curva con un ritornello che faceva più o meno: “Quel ragazzo sulla ringhiera, era lui il capoultrà, era lui la nostra bandiera: Guadalupi alè”.

La sua più grande delusione era stata Mario Salucci. Credeva in quell’uomo e nei suoi propositi di fare grande il Brindisi, di riportarlo in serie B. Gli era stato a fianco, aveva governato le truppe e sostenuto in ogni modo la squadra. Poi Salucci aveva fatto la valigia ed era scappato, la società fallita un’altra volta e lui, Dario, aveva deciso di mollare tutto. Presidenza del club, abbonamento in curva. Basta.

Si era messo a lavorare, mettendo su una piccola impresa nella quale ha in qualche modo capitalizzato la sua esperienza da capo tifoso. Una sua squadra di ragazzi da governare per distribuire volantini, incollare manifesti, guidare camion-vela. Fatturati anche importanti, su e giù per la Puglia. Ha messo su famiglia, bella compagna, bimbo. Un pensiero sempre con il cuore in gola al papà volato in cielo troppo presto.

Qualche anno fa si era riaffacciato allo stadio, niente più gradi di presidente, ma un tifo appassionato, quello sempre. Dopo il Daspo si era rifugiato nella sua seconda passione, la pallacanestro, che aveva seguito sin da piccolissimo quando sul parquet c’erano Malagoli e Howard.

Dario è uno dal cuore grande. Lo sanno bene i ragazzi di Oltre l’orizzonte, la cooperativa che assiste giovani disabili, e tutti gli amici che ha aiutato in questi anni, offrendogli un lavoro, anche in tempo di crisi, anche quando non ce n’era neanche per lui.

Così, pur non entrando nella vicenda giudiziaria, un po’ tutti sperano che stavolta i magistrati abbiano preso un abbaglio. E stavolta non sarebbe solo la Curva Sud a esultare.