Le accuse di Gabibbo non sono sufficienti: un carabiniere sospettato di legami con la “Scu” resta in servizio

Avrebbe svenduto informazioni riservate alla Sacra corona unita in cambio di cestini natalizi contenenti fuochi d’artificio e piccole somme di denaro. Questo almeno sostiene il pentito mesagnese Francesco Gravina, detto Gabibbo. E ancor prima aveva riferito un altro collaboratore di giustizia, Ercole Penna. Ma le accuse non sono state sufficienti a far sospendere del servizio un appuntato dei carabinieri, trasferito prudenzialmente da Mesagne a Brindisi, ma tuttora in divisa.
Anche la Corte di Cassazione ha respinto la richiesta avanzata dalla procura di Brindisi, confermando la decisione presa dal Tribunale del riesame di Lecce: se non esistono riscontri oggettivi alle dichiarazioni di un pentito (anche di uno considerato affidabile come Gravina) non si può togliere la divisa a un carabiniere, hanno sentenziato gli Ermellini.
Eppure la procura antimafia di Lecce aveva allegato un dossier dettagliato che ricostruiva presunte irregolarità commesse dal carabiniere il quale, a Mesagne, avrebbe informato esponenti della Sacra corona unita del collocamento di microspie nelle auto dei sospettati e soprattutto dettagli di indagini e operazioni. I fatti sarebbero avvenuti tra il 2001 e il 2009 periodo in cui, ha sottolineato la Dda, più volte si sarebbe registrata l’improvvisa interruzione di intercettazioni ambientali.
Ma questo non basta a sospendere dal servizio il carabiniere che è stato solo prudenzialmente trasferito da Mesagne a Brindisi e che resta indagato per le accuse del pentito. Ma affronterà il processo con divisa, tesserino e arma d’ordinanza al seguito.