Il finanziere “infiltrato” tra i narcotrafficanti ora rischia: lui vuole restare a Brindisi. E lo Stato lo deve tutelare

Ha agito da vero e proprio infiltrato: il maresciallo della guardia di finanza in servizio presso il Gruppo di Brindisi che ha finto di accettare dai trafficanti di droga 100 mila euro per far transitare un carico di cocaina dal porto e che invece aveva informato i suoi superiori, si era guadagnato la fiducia dell’organizzazione. Grazie al suo lavoro, svolto per tre anni a rischio della propria vita, la procura antimafia di Lecce e le Fiamme gialle sono state costantemente informate dei movimenti della banda attorno alla quale si sono strette infine le maglie della giustizia.
Ma ora ci si pone il problema di garantirne l’incolumità, anche perché i due principali personaggi coinvolti nell’inchiesta, i fratelli Pellegrino (quelli che tenevano i contatti con il finanziere) sono entrambi latitanti.
Il ruolo dell’infiltrato nelle logiche della malavita non viene equiparato a quello del normale investigatore: contro quest’ultimo non ci potrebbero essere mai propositi di vendetta, ma chi si è conquistato la fiducia, al punto da farsi raccontare i segreti della banda, può essere equiparato a un “traditore”.
Per questo la posizione dell’eroico militare della guardia di finanza di Brindisi sarà al vaglio del Comitato per l’ordine e la sicurezza. Finora era tutelato dai suoi stessi compagni, ma adesso che il gioco è stato scoperto è chiaro che sarà opportuno fornirgli maggiori garanzie di sicurezza.
Il finanziere vorrebbe restare in servizio a Brindisi e continuare qui la sua carriera. E lo Stato che ha servito così valorosamente dovrebbe garantirglielo.
Era stato avvicinato il 7 novembre 2012 da uno dei Pellegrino: gli propose 100 mila euro per far transitare un carico di cocaina dal porto a bordo di un furgone che non doveva essere controllato.
Il finanziere finse di accettare ma informò i suoi superiori e la procura antimafia lo autorizzò a continuare ad avere contatti con i trafficanti. Incontri avvenuti quasi sempre presso una stazione di servizio sulla Brindisi-Lecce. E poi tante telefonate e informazioni che hanno consentito alla Dda di ricostruire il puzzle dell’organizzazione.
In una occasione gli fu addirittura chiesto di “arruolare” un suo collega nel porto di Genova dove erano previsti alcuni passaggi di grossi quantitativi di cocaina.
Ora che il ruolo d’infiltrato è stato “bruciato” e l’organizzazione è stata in parte sgominata, per il maresciallo delle Fiamme Gialle inizia una nuova vita. Nella quale non solo merita di essere premiato ma soprattutto che gli venga restituita una normale (e sicura) esistenza.