Enrico Colucci, 62 anni, è uno che ha tagliato trasversalmente tutta la storia della malavita brindisina, da quando negli anni Ottanta il contrabbando era solo un reato fiscale, sino a che i tentacoli della Sacra corona unita non lo imbastardirono sino a farlo diventare la fonte di guadagno principale di malavitosi sanguinari. Colucci è sempre un po’ rimasto ai margini della criminalità organizzata, forse per questo è uno dei pochi sopravvissuti della sua generazione, quasi tutta seppellita a colpi di lupara o kalashnikov e la restante passatra
Oggi pomeriggio ha preso un’altra scarica di pallottole nelle gambe, come era accaduto già tre anni fa in campagna. Stavolta davanti alla sua abitazione, in via Europa, al rione Bozzano. Trent’anni fa, alla fine degli anni Ottanta, lo chiamavano “Zio Papillon” e aveva due squadre: una contrabbandiera che scaricava sigarette provenienti dall’Est, un’altra di calcio che giocava nei campionati dilettantistici e aveva una maglietta sponsorizzata “Marlboro”. Storie di altri tempi.
Sette colpi di pistola calibro 7,65 indirizzati alle gambe, mica pochi. Poteva andargli peggio. Era già accaduto nel 2013 e nel frattempo aveva collezionato un po’ di arresti per il suo vizio di farsi pescare in compagnia di altri pregiudicati, lui che è stato condannato a 10 anni per aver fatto della banda dei fratelli Brandi.
Ovviamente non ci sono testimoni né lui è in grado di spiegare il movente dell’agguato. In ospedale ci è arrivato accompagnato dalla moglie. Poi il solito rito dei rilievi della polizia scientifica e del fascicolo aperto dalla Squadra mobile. Il pm che indaga è Daniela Chimienti.