
di Giancarlo Sacrestano per IL7 Magazine
Tra qualche settimana, la Chiesa di San Paolo Eremita, sarà riaperta al culto e alla sua funzione di volàno spirituale, ma anche culturale della città di Brindisi. In questo percorso a tappe, questa settimana offriamo un accenno alle persone ed alle testimonianze presenti nella Chiesa. Storie, particolari, spigolature di una storia più grande di cui, la Chiesa di S. Paolo Eremita è testimonianza viva.
La chiesa fu edificata, con l’annesso convento, dai francescani entro il 1322, dove in precedenza era la Domus Margariti, divenendo forse la principale sede francescana in Terra d’Otranto. Similmente e nello stesso periodo, era stata edificata Santa Maria del Casale, altro luogo simbolo della spiritualità legata al Santo Serafico di Assisi.
La dedicazione della chiesa a San Paolo Eremita, si spiega, secondo una versione consolidata, sia con la devozione dei D’Angiò al culto di questo santo, che in Francia trovò riferimento a Cluny, sia per la traslazione delle sue reliquie da Costantinopoli in Venezia, nel 1240, nella chiesa di San Giuliano.
Al Convento francescano di San Paolo Eremita è legata la figura di San Lorenzo da Brindisi, al secolo, Giulio Cesare Russo, che proprio qui cominciò la sua educazione spirituale.
La chiesa si presenta con un’unica navata con soffitto a capriata risalente al 1505 a cui era legato un controsoffitto a cassettoni andato distrutto.
Entro nella chiesa, ancora chiusa, perché cantierizzata, martedì 25 settembre 2018, l’immagine complessiva che ne ricevo è mozzafiato. Mi accompagna nella visita il direttore ai lavori di restauro, l’architetto Luigi Dell’Atti che non riesce a trattenere l’emozione, nonostante gli anni trascorsi lì dentro e mi coinvolge in una sequenza di suggestioni, che si tumultuano frangendo contro la mia ignoranza, che a sua volta si sgretola davanti a tanta bellezza. Non ne capisco niente non ho un mancamento come Stendhal, ma sento forte vibrare dentro un sentimento che mi fa sentire tutt’uno con la più bella di tutte le chiese brindisine. In questo luogo straordinario ed ancora silenzioso, mi sento riconnesso alla mia radice brindisina. Calpesto il pavimento appena lucidato, tocco con delicata emozione la pietra, le pareti, capisco e vorrei trasmettere lo stesso sentimento di emozionata gratitudine per l’incanto che trasmette il luogo.
Lungo le pareti una teoria di altari barocchi, alcuni frammenti di affreschi del XIV e la recentissima scoperta di una bellezza ancora più forte, la “dormitio” di Maria Vergine, un affresco risalente certamente al 1300, ritrovato dietro un altare barocco. La vivacità dei colori, lo stesso ritrovamento dopo circa 400 anni dalla sua copertura, con la sovrapposizione di un altare, rendono la visione ancora più emozionante.
Entro in sagrestia dov’è visibile l’armadio a muro in legno del 1725. Nella cappella di San Francesco, oltre l’altare del SS. Sacramento, Giovanni Moricino, storico brindisino, fece realizzare il sepolcro per il giovane figlio ed egli stesso espresse la volontà di essere seppellito vicino al figlio.
Nei primi decenni del 1800 la chiesa, già pericolante, fu sottoposta a notevoli lavori di ristrutturazione, tra questi, l’arretramento di 8 metri del prospetto principale su Largo San Paolo.
Rimaneggiamenti e ritessiture stilistiche, non rappresentano una diminuzione del valore della Chiesa, ma finiscono per renderle ulteriore valore testimoniale di un tempo lungo 700 anni.
La chiesa non rappresena un unicum stilistico, anzi la sua struttura architettonica, ad aula unica e coro rientrante rettangolare, riprende il diffuso modello adottato nei primi anni del XIV secolo e gli affreschi che certamente ne ricoprivano le lunghe pareti, ne rappresentavano un corollario di sequenze artistiche legate alla narrazione biblica.
L’antico convento francescano, fu soppresso nel 1809, a seguito dell’editto Murattiano di soppressione degli ordini monastici. Oggi il chiostro, nella sua intera bellezza è restituito alla fruibilità pubblica e le aree coperte sono a disposizione di uffici pubblici.
Uscendo dalla Chiesa, l’architetto mi indica i resti di un affresco su via Dei Vavotici, piccoli tratti che in un punto danno evidenza a due occhi e ai lineamenti di un viso. Sarebbero gli occhi di San Paolo Apostolo, che certamente si accompagnava, com’era consuetudine alla presenza di San Pietro. Di quel che sarebbe stato, pochi confusi segni, ma quegli occhi spalancano un’ulteriore finestra sui tante sconosciute bellezze raccolte nella magnifica chiesa di San Paolo Eremita.
(2 – continua)