Antonio Pugliese e famiglia: modello di agricoltura sostenibile

di Giovanni Membola

Un sorriso istintivo e gli occhi che si illuminano ogni volta che si parla di campagna, di vigneti e conservazione delle tradizioni. Antonio Pugliese, classe 1935, con il suo sguardo continua a trasmettere saggezza e tutta la forza per il suo lavoro, quell’universo agricolo nato già prima di suo nonno, portato avanti poi dal padre Teodoro e ora continuato dai figli e nipoti, almeno cinque generazioni di fieri agricoltori con un indelebile legame di sangue con la terra, tutti consapevoli di appartenere ad un territorio di grandi potenzialità.
‘Ntunucciu “Salata”, com’è conosciuto da tutti i coltivatori brindisini, si è fatto da sé, con tenacia e dedizione, partendo da poco. Una vita intera dedicata alle uve, Nagroamaro, Malvasia e Susumaniello su tutte, alle ortive e alle tante altre colture tipiche del brindisino. E mentre racconta i suoi quasi novant’anni di lavoro si emoziona, poggia il suo bastone e gesticola, come se davanti avesse un tralcio di vite o una di quelle tipiche e squisite angurie. Il suo amore per la terra è immenso, lo si intuisce subito, una passione che ha trasmesso con la stessa intensità ai suoi sei figli, ai nove nipoti e al pronipote, a cui non fa mancare il quotidiano sostegno e i consigli utili su come operare in campagna, presenziando inoltre i vari punti vendita diretti dove sono esposti i frutti del loro scrupoloso lavoro.
Antonio era ancora un ragazzino quando scoppiò il secondo conflitto mondiale, la sua famiglia fu costretta a lasciare la casa “sobbra all’Angili” per rifugiarsi in contrada Migliori, ai margini di quella che poi divenne la zona industriale della Montecatini. Il loro rifugio venne creato tamponando la base di una pipistrellaia, una alta torre verticale in legno realizzata per favorire la presenza di pipistrelli e limitare la presenza di zanzare, veicolo di malaria. Per lui e i suoi quattro fratelli niente scuola, pochi giochi, solo tanto lavoro, era necessario garantire un sostegno economico. “Nella mia vita ho allevato ben quattro cavalli, uno più bello dell’altro, il primo ci fu requisito dai militari durante la guerra – ricorda ancora con amarezza – sono stati animali straordinari che servivano non solo per le lavorazioni ai terreni e per il trasporto delle merci, erano anche i nostri unici mezzi per lo spostamento e venivano considerati come parte attiva della famiglia”.

Antonio Pugliese continua a rappresentare il principale modello di ispirazione per i suoi figli, e non solo: quando il padre gli lasciò in eredità pochi ettari di terreno, con il solo lavoro, la determinazione e un grande spirito di sacrificio, le superfici coltivate negli anni sono man mano aumentate, i ricavi li ha sempre voluti reinvestire acquistando nuove proprietà, terre e immobili, pensando esclusivamente al futuro dei suoi figli, tre dei quali si sono laureati brillantemente. Grazie anche all’opera magistrale della moglie Velia, scomparsa nel maggio del 2009, oggi la grande famiglia Pugliese è sempre più unita e può contare complessivamente su oltre settanta ettari in varie zone dell’agro brindisino, gestite e coltivate da tre distinte aziende agricole, riuscendo a mettere in pratica il loro fermo principio: vendere direttamente i loro prodotti nella cosiddetta filiera corta, garantendo rigorosamente qualità e genuinità. Rino, Vincenzo, Eupremio e Gianluca insieme alle loro mogli e ai figli, mantengono vive coltivazioni tradizionali con una visione chiara del loro futuro, continuano egregiamente l’opera del loro genitore innovandosi nella meccanizzazione e introducendo impianti serricoli. Si sono ben organizzati nel commercializzare i prodotti ortofrutticoli instaurando contratti anche con industrie di trasformazione, vendono le loro uve ai privati riservandosi le quantità necessaria per la vinificazione e l’imbottigliamento. Sono altresì attenti ai mercati e quindi a modificare le produzioni in funzione delle esigenze commerciali, con un occhio attento anche al turismo. “I nostri prodotti sono presenti su otto punti vendita diversi in città – chiarisce la figlia Paola, la mente organizzativa della famiglia (la sorella Rosanna vive in un’altra regione, ma partecipa attivamente alle varie iniziative) – siamo fornitori e gestori di due reparti di ortofrutta in altrettanti supermercati di Brindisi e Mesagne, ovunque poniamo particolare attenzione per evitare gli sprechi e per il recupero del cibo al fine di solidarietà sociale”. Infatti, tanti loro prodotti vengono donati alla Caritas e ai poveri, la beneficienza per loro è un dovere sacrosanto, anche per questo l’Arcivescovo di Brindisi qualche settimana fa ha voluto ringraziare di persona Antonio Pugliese, lo ha ricevuto nei suoi uffici dell’Episcopio, ora tutti si aspettano che l’anziano agricoltore venga anche ricevuto dal Santo Padre, un grande desiderio che potrebbe finalmente avverarsi. Per lui la religione ha un valore profondo, è devoto alla Madonna Addolorata e per cinquant’anni ha voluto portare a spalla il simulacro della Madre di Dio durante la processione del Venerdì Santo, partendo dalla chiesa del Cristo.

Un altro aspetto importante che merita di essere evidenziato è l’azione formativa che da qualche anno nonno Antonio svolge con regolarità. Dopo aver conseguito la licenza di scuola media a 82 anni, ha deciso di dedicare parte del suo tempo libero agli studenti, e con il figlio Vincenzo – l’agronomo di famiglia – realizza piccoli orti didattici nei cortili delle scuole, insieme spiegano ai ragazzi quali sono i lavori giusti per ogni stagione, i segreti su come preparare il terreno, seminare, irrigare senza disperdere acqua e quando raccogliere i frutti, rispettando i tempi naturali della maturazione. Ma soprattutto trovano le parole giuste per far capire alle future generazioni come amare le piante e rispettare la Madre Terra. Un impegno, quello di tramandare l’antico sapere basato sull’esperienza, riconosciuto da numerosi attestati di gratitudine ricevuti dalle scuole e dagli ordini di categoria, alcuni dei quali sono orgogliosamente esposti sulle pareti di casa.

Tra le immagini presenti nel loro vasto archivio fotografico si notano tanti meloni “Gialletti” e “Feddi-feddi”, angurie originali “Charleston gray” e rape dalle cime vigorose, varietà tipiche che risalgono all’antico passato di questo territorio, “sentiamo il dovere di custodire le colture tradizionali e trasmetterle fedelmente, raccogliamo, conserviamo e moltiplichiamo da sempre i semi originali di alcune cultivar specifiche della nostra zona. Teniamo inoltre all’agricoltura naturale, moderna e sostenibile, cerchiamo di rispettare rigorosamente un regime biologico, limitando al massimo l’uso della chimica di sintesi, è una delle principali prerogative delle nostre aziende”. Il loro punto di forza è da sempre il principio del “km 0”, il raccolto infatti è introdotto sul mercato direttamente dal produttore, garantendo sulle tavole stagionalità e genuinità. Parallelamente si pensa al futuro e alle nuove esigenze del consumatore: “stiamo investendo tanto sulla nostra Tenuta Gabellotto, una antica masseria risalente al ‘600, dove vogliamo avviare un progetto di agriturismo sociale – afferma Vincenzo – a breve apriremo un bistrot da cinquanta posti nel centro storico della città, per offrire nuovi servizi e diffondere ancora meglio le nostre produzioni”. La multifunzionalità aziendale include inoltre l’attività sperimentale per contrastare il disseccamento delle piante di olivo causato dalla Xylella, un protocollo avviato da qualche tempo in collaborazione con l’Università di Bari.

Grandi idee e tanto lavoro per nuove forme di produzione e di vita nel pieno rispetto degli antichi valori. Con loro il passato e il presente, l’amore per la terra e la consapevolezza dell’innovazione tecnologica si fondono per dare vita ad una nuova e più solida cultura agricola, da proseguire con ferma determinazione, costi quel che costi.