Asl, il primo intervento di cataratta disponibile? A Ceglie il 15 ottobre 2025

di Giancarlo Sacrestano

La Asl di Brindisi inanella una brutta storiaccia e non riesce a trovare neppure una modesta soluzione. I malati, non sono un patrimonio umano di primissimo piano, ma l’arguto sotterfugio dentro cui si crogiolano migliaia di euro di investimenti sanitari, non tutti propriamente necessari e dovuti. Come tantissimi altri, anche io hi bisogno delle cure sanitarie e quelle pubbliche hanno una loro rilevanza giuridica cui non assolvono pienamente le ricette della medicina a pagamento.
Un solo esempio mi pare opportuno e sufficiente. Se hai bisogno di un intervento chirurgico per la soluzione di una cataratta, un intervento non di particolare importante cura, né complessità che si sviluppa in ragione di un ricovero in day hospital, ed una operazione di alcune decine di minuti, ed una ricaduta di visite oculistiche periodiche di alcune settimane, la Puglia, la nostra amata regione fa sapere che il primo intervento possibile à a distanza di oltre un anno di distanza dalla prenotazione (Bari 21 11 2024 Ospedale Di Venere). Il 15 10 2025 a Ceglie Messaica. Il risultato è aggiornato a mercoledì 3 ottobre 2025! Se il lettore si avventurasse nella ricerca, potrebbe essere più fortunato, incocciando, magari, qualche scivolamento di appuntamenti.

Se ci si rivolge al C.U.P. e si chiede l’intervento di cataratta, intramoenia, la tempistica scende, spesso a pochissimi giorni. In una clinica privata, l’intervento è fattibile con una spesa di 1.500 – 1.800 euro!
Chi soffre di cataratta è una persona debilitata alla normale vista, sino all’impossibilità di guidare un’ auto o sviluppare la semplice scrittura al computer o guardare comodamente la tv di casa. È una situazione fortemente debilitante e che non si concentra solo alla terza età ma fa soffrire e nuove gravemente alla vita ordinaria di persone molto giovani.
La forte azione debilitante, reclama il ricorso ad importanti azioni di assistenza e di cura, cui spesso non può essere richiamato un coniuge o un figlio. -i costi, specie se l’intervento è realizzato lontano dalla propria residenza, significa il costo non semplice di chi deve assistere e chi deve tenere in cura.

Parole sterili che non aggiungono molto alla vecchia e tarda burocrazia italiana che sulla lentezza e sulla tergiversazione ha costruito migliaia e migliaia di posti garantiti, dove il sacrificio, essendo tutti garantititi, non si può chiedere a nessuno, tranne che al disgraziato che ha bisogno di cure e ancora peggio di lui, colui o colei che del malcapitato deve prendersi cura.
Due aspetti non secondari della nostra esistenza entrano in contatto e vista la portata negativa di quella sanitaria, sopperisce quella assistenziale, vissuta da donne visibilmente vissute e magari tarchiate al consumo di alcol, che ne modera durante l’assistenza la brutale levata di scudi o il ben servito lasciato lì sul tavolo di casa, annoverato di tanto di richiesta di pagamento, magari neppure lavorati.
Se questo è il bisbiglio della ricaduta familiare, non è inferiore per evidenza e per danno quella cagionata dalla ASL che ti spreme come un limone e ti fa vomitare ogni sospiro di sollievo. Inutili e farneticanti le opinioni da post di social media, postati dai politici a cui non conviene neppure rivolgere la parola per la soluzione del ritardo macabro della sanità e delle sue terapie, cataratta inclusa. Nel macabro giardino del dolore e della cura, piange solo il malato ed i suoi familiari, gli altri, ognuno senza pari, gioisce o capisce che quel malato è ulteriore entrata sanitaria sempre meno percepita dal fisco ma sempre più dal taschino del sanitario.
È da molto tempo armai che è terminato il tempo dello scialocquio e la povertà economica alza molto il limite dell’intervento illegittimo di sanitari che non registrano i loro interventi ma intascano soldi a nero dai malcapitati malati.

Da anni il nostro tanto decantato sistema sanitario ha lasciato il posto alle cure all’estero e quelle che erano le spese necessarie per una protesi dentaria si è trasformata in un tempo di vacanza e di cura a poche ore da Brindisi, la vicina Valona, dove vanno migliaia di italiani a farsi rimettere a nuovo i denti, nel mentre, in quella settimana, sono sollazzati e curati da una attenta reception che ha trasformato la città del contrabbando in una mirabile città del sorriso e del soggiorno piacevole e sorridente.
Molti nostri pensionati soggiornano in Portogallo, dove con i soldi intascati in più per le agevolazioni di vivere all’estero, fanno il baffo all’INPS e allo Stato, sottraendo somme che altrimenti avrebbero garantito le tasche di uno Stato inconcludente.
La sanità era il nostro fiore all’occhiello, ma medici ed infermieri preferiscono le cliniche private, dove il loro contributo, riprende quota, con il nuovo e più lauto stipendio.
Non sapevo dove mi avrebbe portato questo articolo, ma anche senza volerlo, viene fuori l’interminabile ed inesauribile fallanza della sanità pubblica che campa di malanni altrui, ma non sa guarire i propri né fermare di cagionarle al malato.
Qualche giorno fa il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva detto: “Il servizio sanitario nazionale è un patrimonio prezioso, da difendere e adeguare. E in questo la riflessione delle Regioni, in dialogo con il Paese e con la società, è particolarmente importante”.

Non manca la lungimiranza e la strenua difesa delle istituzioni democratiche che il presidente Mattarella non ci fa mai mancare la sua cogente lettura alla luce della Carta Costituzionale. L’inquilino del Colle, viene spesso sottolineato, ricorda spesso nei suoi discorsi gli articoli della Costituzione e parlando alle istituzioni regionali aveva sottolineato, appunto, l’importanza della sanità pubblica e della “leale collaborazione” tra istituzioni nell’ambito dell’autonomia.
Un richiamo netto ed evidente che da solo cancellerebbe il richiamo a formule sanitarie misto private a cui si ricorre sempre più per risolvere l’annosa questione delle cure e delle terapie che la Costituzione riconosce gratuite e possibili, per tutti.
E siamo ancora al nodo strutturale, la differenza tra chi cerca cura e chi deve garantirla. Il tema riapre tensioni e motivi di dissidio enormi ed inarrestabili e le risorse personali o familiari non devono né possono sopperire alle funzioni pubbliche su cui si scaricano una quantità di denaro pubblico che da solo basterebbe ed invece ci lascia disobbediti per le cure più care!

Scusate il paragone, ma troverete più facilmente un giornalista povero che in medico povero. Troverete certamente tutti bisognosi di cure ma qualcuno le cure se le paga coi nostri soldi e credo che sia una possibilità che non deve andare più avanti! È dal 2013 che i medici chiedono aiuto alla politica e la politica al governo regionale è sorda. Non tutto può essere spiegato con la mancanza di soldi. Manca una programmazione e lo diciamo da anni. Adesso ci si riduce, come dice l’assessore Palese, a consentire l’ingresso degli specializzandi al primo anno, ossia i neo laureati nelle emergenze. Come farà un laureato che studia per specializzarsi a lavorare allo stesso tempo? O non ci sarà preparazione adeguata o non avrà formazione. Questo è il futuro che ci attende? Quanti ricorsi in tribunale avremo per malasanità in Puglia? L’assessore Palese ci dice che ci sono ormai cooperative che pagano i medici a 120 euro l’ora e questo spinge molti specialisti a lavorare nel privato. E nel pubblico mandiamo allo sbaraglio i neo laureati”.
Dicano che si intende abbandonare la sanità pubblica alla deriva puntando su quella privata in modo strisciante. Un medico del 118 non ha ferie pagate, se si ammala non è pagato, se non da un’assicurazione con cui ha stipulato una sua polizza, non ha diritto alla 104, non c’è tutela della gravidanza, non ha tredicesima, i versamenti contributivi sono inferiori e questo non da oggi. Un medico ogni 80mila abitanti non garantisce più nulla perché deve fronteggiare più di un intervento per volta.
La storia delle emergenze è carica di enormi danni e costi che radicalizzano il rapporto tra servizio sanitario e cittadino malato.
Siamo ridotti a mera merce di scambio, dove il malato è lo strumento che favorisce la filiera della raccomandazione e della cura lucrosa di malattie non propriamente a rischio.
Le vie di fuga non appartengono al richiamo etico, né al ricorso poliziesco dell’attività medica presso gli ospedali. Quel che veramente conta è l’enorme bacino di utenza della buona creanza e del buon comportamento che troppo spesso non si registrano a nome e sul conto di troppi agenti sanitari.

Il buon giro, il grazie, il prego, paiono concetti elementari davanti ai quali si assisano principi sindacali, aspetti contrattuali, liste di attesa che ci allontanano umanamente e ci costringono ad esacerbare sino alla bestemmia un rapporto racchiudibile nel concetto antico di rispetto reciproco, che sorge da un cordiale buon giorno, uno scambio cordiale e molto confidenziale che azzera le distanze professionali ed alza il livello di buona disponibilità reciproca per affrontare l’esperienza ospedaliera o di visita o di terapia. Ognuna di queste azioni è un tracciato vissuto e scambievole, che ci ridisegna e offre un enorme bagaglio di umanità che segrega ed emargina gli interessi e gli interessati e la parola “sanità” ricostruisce una finalità nobile e reciproca. Riprendere questo modello, si scontrerà mille volte con l’ignavia e la resistenza umanamente reprimenda di troppi loschi figuri, ma scrolla, piano piano, più di un martello pneumatico, la forza recidiva di chi campa e si arricchisce operando con fatture false o prestazioni inique di beneficio i operatori sanitari non onesti e prontissimi a svolgere l’unico loro privilegio, trattare pratiche in assenza di controlli e verifiche. Dice il vecchio saggio, inascoltato: “Il primo requisito di un ospedale dovrebbe essere quello di non far del male ai propri pazienti”.