Bari, processo mafia e politica: ammesse costituzioni di parte civile di Comune e Regione Puglia

Nel processo contro 109 imputati coinvolti nell’inchiesta Codice Interno della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari (che ha svelato i presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria cittadina) celebrato con rito abbreviato davanti al Giudice dell’udienza preliminare Giuseppe De Salvatore, sono state ammesse tutte le costituzioni di parte civile di enti e associazioni che ne avevano fatto richiesta: tra questi ci sono il Comune di Bari, la Regione Puglia, l’associazione antimafia Libera, i ministeri dell’Interno e della Giustizia e le aziende municipalizzate Amgas e Amtab.
Gli imputati vengono ritenuti responsabili dalla DDA, a vario titolo, oltre che di scambio elettorale politico-mafioso, anche di estorsione, porto e detenzione di armi da sparo, illecita commercializzazione di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti, frode in competizioni sportive, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Le indagini avrebbero documentato l’ingerenza elettorale di consorterie criminali di tipo mafioso nelle consultazioni amministrative baresi del 2019, con una penetrante intrusione dei boss e dei loro sodali nel tessuto sociale ed economico della città.
Nella prossima udienza, fissata per l’8 novembre, saranno ascoltati alcuni imputati che hanno chiesto di rendere spontanee dichiarazioni. In quella del 27 novembre, invece, ci sarà l’esame dell’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, del boss Savinuccio Parisi e del figlio Tommaso, cantante neomelodico, esponenti di spicco dell’omonimo clan mafioso barese del quartiere Japigia.
Nell’inchiesta sono coinvolte anche persone per le quali è stato disposto il processo con rito ordinario: tra loro ci sono l’ex consigliera comunale Maria Carmen Lorusso, tornata in libertà oggi dopo aver trascorso otto mesi ai domiciliari, e suo padre, l’oncologo in pensione Vito Lorusso.
Per il momento, nel processo in abbreviato non sono state acquisite al fascicolo di ufficio le criptochat depositate dai PM Fabio Buquicchio e Marco D’Agostino nell’udienza del 25 settembre: il Gup ha ritenuto di accogliere le eccezioni presentate dai difensori di alcuni imputati, sul presupposto che le conversazioni, acquisite nell’ambito di un altro procedimento, riguardano intercettazioni tra esponenti della criminalità organizzata coinvolti anche in questo processo che parlano tra loro utilizzando telefoni in cui era installato un software canadese, che rendeva i cellulari quasi impossibili da intercettare (tanto è vero che, per decriptarne il contenuto, gli inquirenti sono stati aiutati dalle autorità francesi e olandesi).
Marina Poci
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