
Hanno testimoniato, in qualità di persone offese costituite parti civili, nel procedimento penale che deciderà sul presunto giro di prostituzione minorile attivo nella Bari “bene” tra il 2021 e il 2022 e hanno ammesso candidamente di non essere mai state costrette al sesso a pagamento, ma di averlo fatto per divertirsi e potersi permettere “la bella vita”: è questo l’esito dell’udienza celebrata lo scorso venerdì davanti al Tribunale adriatico, in cui tre delle presunte vittime, all’epoca dei fatti minorenni, sono comparse per rispondere alle domande di PM e avvocati. La quarta ragazzina coinvolta ha revocato la costituzione di parte civile, in quanto già risarcita con la somma di 13mila euro.
Tra gli imputati, ci sono tre delle quattro “squad girls” (così amavano farsi chiamare), ovvero Marilena Lopez, Federica Devito ed Elisabetta Manzari, accusate di aver indotto, favorito, sfruttato e gestito la prostituzione delle minorenni, traendo un vantaggio economico dalla ripartizione degli ingenti guadagni derivati dalle prestazioni sessuali offerte a pagamento ad una pluralità di clienti. La quarta donna, Antonella Albanese, ha patteggiato la pena a tre anni e un mese di reclusione, così come ha patteggiato, a tre anni e quattro mesi, Nicola Basile, condannato anche per aver avuto rapporti sessuali a pagamento con due delle minori minori.
I fatti per cui è processo si sono consumati in alcune strutture ricettive, anche di lusso, delle province di Bari e BAT, a partire dal mese di ottobre del 2021.
Le minorenni, all’epoca 16enni, erano state adescate ed introdotte nel mondo della prostituzione con la promessa, riscontrata, di facili guadagni, ove si consideri che alcuni clienti avrebbero pagato anche centinaia di euro per singole prestazioni sessuali. Il danaro guadagnato con la prostituzione veniva utilizzato dalle ragazze per acquistare abiti e borse firmati e cenare in ristoranti costosi, adottando le cautele utili a non far scoprire ai propri parenti le cospicue disponibilità economiche e gli acquisti eseguiti.
Per la gestione dell’attività, venivano utilizzate utenze telefoniche dedicate, inserite in appositi annunci on line; vi era chi provvedeva alla prenotazione delle strutture ricettive, chi accompagnava le ragazze nelle camere e chi riceveva le telefonate dei clienti, fissando gli appuntamenti.
Le maggiorenni tratte in arresto attendevano in stanze attigue che le minorenni terminassero le loro prestazioni, per ricevere personalmente il danaro dai clienti e corrispondere alla ragazze la quota loro spettante, corrispondente al 50% della somma ricevuta.
A far partire le indagini è stata la coraggiosa denuncia della madre di una delle minori coinvolte.
Marina Poci