Bruciata viva in una villetta, fermato per omicidio il figlio violento

di GIANMARCO DI NAPOLI per il7 Magazine

Aveva pena di quel figlio così difficile, nonostante l’avesse picchiata mille volte, facendola finire in ospedale, rompendole i denti, spezzandole un braccio. E così anche martedì sera era andata a trovarlo nella villetta dalla quale lui non si era mai mosso, in contrada Augelluzzi, nelle campagne di San Michele Salentino, sulla via per Latiano. Cosima D’Amato, 71 anni, è morta in modo orribile, divorata dalle fiamme nel cucinino della casa. I carabinieri sono convinti che sia stato il figlio Alberto Villani, 47 anni, a ucciderla e mercoledì sera l’hanno portato in carcere con l’accusa di omicidio volontario.
La villetta teatro del delitto è poco più di un casolare di campagna allungato davanti da una veranda coperta e completata da altre opere improvvisate sul retro, con una grande stufa e un climatizzatore proprio sopra l’ingresso.
Qui l’uomo trascorreva da solo gran parte delle giornate, spostandosi esclusivamente in bicicletta: la patente pare gli fosse stata revocata dopo un incidente in auto avvenuto mentre, una delle tante volte che gli è capitato, era agli arresti domiciliari.

Villani si è sposato presto, ha avuto tre figli, due maschi e una femmina, e anche dei nipotini. E ha divorziato altrettanto presto, perché la moglie è stata forse la prima a rendersi conto che con lui non era possibile vivere. Troppo violento. Una furia quando perdeva le staffe, soprattutto se aveva bevuto o si sera fatto, o entrambe le cose.
Periodicamente in quella casa comparivano giovani donne che però restavano lì poco tempo. Si racconta di una ragazza di colore corsa fuori a piedi per strada, mezza nuda, in lacrime per le botte prese. Su ogni donna scaricava la sua furia.
Solo la madre non lo mollava. Nonostante lo avesse fatto arrestare e condannare per l’ennesima aggressione anni fa, e malgrado continuasse sistematicamente a picchiarla, tornava in quella casa. Lei viveva in paese, a San Michele, e ci arrivava chiedendo un passaggio. Martedì forse gli aveva persino portato la pizza: un contenitore di cartone e una bevanda sono rimasti nel cestino dei rifiuti davanti al cancello.
Una donna forte Cosima, così la descrivono in paese. La sua famiglia è di Latiano, l’aveva aiutata a crescere quel bambino che aveva messo al mondo giovanissima tirandolo su da sola. Gli aveva dato anche un patrigno, un uomo affetto da una grave disabilità che poi è morto lasciandoli nuovamente in balia di loro stessi.
Cosima si faceva rispettare da tutti, in paese la temevano persino, per quel carattere così irruento. Ma con il figlio no. Non riusciva proprio a cancellarlo dalla sua vita: neanche ora che dopo l’ultima aggressione violenta, lui aveva il divieto di avvicinarla.

Non sarà molto importante capire cosa, questa volta, l’ultima, abbia scatenato la furia di Villani, forse una lite acuita dal consumo di droga e alcol. Magari un mix che gli ha annebbiato ulteriormente la testa, facendo esplodere la peggiore violenza.
Non si può misurare questo delitto (se tale è stato) su un singolo episodio, su quello che è avvenuto martedì ma è il risultato della storia di una vita, anzi di due.
Quello che si sa è che intorno a mezzanotte lui ha suonato a casa dei vicini: “Chiamate i pompieri, casa mia sta andando a fuoco”. Quelli, pur chiedendosi come mai non lo avesse fatto lui visto che possedeva un cellulare, hanno telefonato al 115. A quanto pare, in quel momento di concitazione, non ha fatto alcun cenno alla presenza della madre nella casa che stava andando a fuoco. Quando sono arrivati dal vicino distaccamento di Francavilla Fontana, i pompieri hanno spento l’incendio in pochi minuti, ma poi hanno scoperto il corpo della donna orrendamente carbonizzato in cucina. E hanno chiamato i carabinieri.

Poco dopo è stato portato nella caserma dei carabinieri di San Vito dei Normanni: qui Villani è rimasto impassibile. Non ha versato una lacrima e non ha parlato. Neanche con il pm Alfredo Manca che è arrivato da Brindisi per interrogarlo e gli ha comunicato che era formalmente indagato.
Le condizioni del corpo della donna non hanno consentito al medico legale, durante la prima ispezione cadaverica, di stabilire in che modo sia stata uccisa. Né se quando, come si ipotizza, il suo corpo è stato dato alle fiamme fosse già morta. Questo lo stabilirà l’esame autoptico che verrà effettuato nei prossimi giorni. Mercoledì sera Villani è stato portato in carcere con le accuse di omicidio volontario e di distruzione di cadavere.

Sulla sua pagina Facebook alla voce attività svolta scriveva provocatoriamente “magistrato”: era stato condannato un’infinità di volte. In realtà aveva anche lavorato davvero, per l’azienda di nettezza urbana, rimanendo coinvolto in un incidente stradale e riuscendo – pare – ad ottenere un cospicuo risarcimento. Ma non era servito a cambiare il suo modo di interpretare la vita. Sui social ci sono le sue foto insieme ai nipotini, forse gli unici che riusciva ad amare davvero e che il figlio maggiore ogni tanto accompagnava in quella villetta. Poi frasi che sembrano descriverne bene la personalità: “La gente quando mi vede si fa il segno della croce ma resto umile”.
E le foto dei suo cani. Ne ha tre e ora sono rimasti da soli in quella villetta: uno in una gabbia, l’altro incatenato a un albero d’ulivo, il terzo libero. In questa storia tragica, almeno loro meritano di essere salvati.