Covid: al Perrino situazione sotto controllo, ma ancora a rischio i pazienti fragili

Di Marina Poci per Il7 Magazine
Li avevamo lasciati con il sudore alla fronte nelle prime drammatiche settimane della pandemia da Covid-19, quando la diffusione del virus SARS-CoV-2, sino ad allora sconosciuto, appariva inarrestabile e la prospettiva di poterne governare complicazioni ed esiti sembrava remota. In quei giorni durissimi ci apparirono stanchi, preoccupati, qualche volta frustrati, timorosi di perdere più vite di quante sarebbero riusciti a salvarne. Ora che, a distanza di quasi quattro anni, quei momenti di angoscia appaiono fortunatamente lontani, li ritroviamo con uno stato d’animo completamente diverso, alle prese con una malattia che, salvo le note eccezioni che riguardano pazienti molto anziani o affetti da altre patologie, è essenzialmente curabile, pur lasciando in qualche caso conseguenze da non sottovalutare.
Sono Massimo Calò (U.O.C. Anestesia e Rianimazione), Salvatore Minniti (U.O.C. Malattie Infettive) e Eugenio Sabato (U.O.C. Pneumologia), i primari dei tre reparti dell’ospedale Perrino di Brindisi più coinvolti nell’emergenza pandemica, che ancora una volta ci aprono idealmente le porte delle rispettive unità operative e accettano di rispondere alle nostre domande.
Qual è l’attuale situazione dei vostri reparti?
CALÒ: “Per quello che riguarda la Terapia Intensiva, sono felice di poter dire che la situazione è abbastanza tranquilla. Abbiamo avuto dei pazienti Covid nelle scorse settimane, ma attualmente tutti sono stati dimessi. Si tratta essenzialmente di pazienti anziani o, spesso, con altre comorbilità che hanno determinato la necessità del ricovero. Non appena si sono negativizzati, li abbiamo trasferiti e al momento li stiamo trattando nella zona no Covid, insieme a tutti gli altri pazienti che necessitano di cure intensive”.
MINNITI: “In questo momento abbiamo in reparto tre pazienti con polmonite da Covid-19. Come da linee guida, li trattiamo con cortisone e con antivirali specifici per la SARS-CoV-2. Può capitare che, nonostante i farmaci, queste persone peggiorino e allora interveniamo con un supporto respiratorio, normalmente la maschera di Venturi, qualche volta la ventilazione non invasiva”.
SABATO: “Devo dire con molta onestà che noi non abbiamo mai chiuso quella zona del reparto riservata ai pazienti Covid: è stata ampliata o ridotta a seconda delle fasi della pandemia ma, anche nei periodi più tranquilli, i pazienti più gravi, che in genere sono quelli affetti da insufficienza respiratoria acuta da polmonite interstiziale SARS-CoV-2, purtroppo non sono mancati. Siamo arrivati ad avere anche trenta posti letto destinati a questi pazienti. Adesso ne abbiamo otto, quattro dei quali attualmente occupati”.
Qual è la tipologia di pazienti che necessita di ospedalizzazione?
MINNITI: “Si tratta prevalentemente dei cosiddetti “grandi anziani”, cioè dagli ottant’anni in poi. Nel caso dei più giovani, hanno gravi comorbilità, sono cioè pazienti dializzati e con patologie oncologiche o ematologiche. Il diabete, se ben compensato, non rientra nelle classi di maggiori fragilità. Ma certamente un paziente in età avanzata, che soffre di diabete e magari è anche grande obeso, presenta rischi altissimi”.
SABATO: “La nostra Pneumologia Covid è di fatto un reparto semintensivo: sono pazienti che hanno un’età media tra i settanta e i settantacinque anni e li trattiamo soprattutto con il casco. In genere li teniamo nella zona Covid per il tempo necessario alla negativizzazione, dopodiché li spostiamo nella zona “pulita” del reparto, perché in moltissimi casi, anche quando non sono più positivi, continuano ad avere bisogno di assistenza respiratoria. Sfortunatamente, soprattutto nei più anziani, capita spesso che a seguito della patologia da Covid si sviluppino complicanze molto serie a carico del sistema cardiocircolatorio e dei reni, complicanze che possono condurre all’exitus”.
Cos’è cambiato in questi anni nel trattamento della malattia?
CALÒ: “Dal punto di vista intensivo, non molto: sappiamo che l’insufficienza respiratoria da Covid-19 è una ARDS (sindrome da distress respiratorio acuto) e continuiamo ad applicare le linee guida che da anni utilizziamo per curare questi gravi quadri, che possono essere causati da molte condizioni diverse. La differenza con quanto accadeva prima la registriamo nel numero: prima ne vedevamo poche all’anno, mentre durante il picco della pandemia abbiamo dovuto trattarne molte contemporaneamente e, ovviamente, in quei momenti, questo ha moltiplicato le difficoltà”.
MINNITI: “La situazione è totalmente mutata: della malattia causata dal virus SARS-CoV-2 all’inizio sapevamo poco e niente. In assenza di linee guida, abbiamo dovuto imparare a curarla sul campo. Attualmente disponiamo di un paio di presidii medici di provata efficacia. Mi riferisco agli antivirali che, se somministrati nelle tempistiche giuste, riducono notevolmente la progressione della malattia: il paxlovid, la cui assunzione, essendo domiciliare, è di pertinenza del medico di medicina generale, e il remdesivir, farmaco ospedaliero da somministrare per via endovenosa, che utilizziamo sia nella prevenzione, per i pazienti fragili ricoverati per altre cause, sia per la cura della polmonite nei pazienti già positivi”.
La precocità delle cure antivirali, anche domiciliari, e le vaccinazioni hanno sollevato molto i reparti di Terapia Intensiva.
CALÒ: “Non soltanto i reparti intensivi, ma gli ospedali nel complesso: a tutte le unità operative è stata data la possibilità di occuparsi delle altre patologie e, nella situazione di cronica carenza di personale che quotidianamente viviamo, questo è stato un bene per tutti”.
SABATO: “Vaccini e farmaci antivirali continuano a darci una grossa mano. Personalmente, ritengo che la battaglia nella quale al momento dobbiamo impegnarci di più sia proprio quella per la vaccinazione: abbiamo visto come i vaccini aggiornati siano in grado di proteggere dalla malattia grave, anche se non sempre dal contagio. Dobbiamo fare leva sul senso di responsabilità dei pazienti più giovani, degli operatori sanitari e delle persone sane, per proteggere i più fragili e gli anziani; anche se possiamo curarli meglio di quanto riuscivamo a fare nelle prime fasi, purtroppo continuiamo a perderli”.
È cambiata la percezione della malattia: dall’iniziale terrore del contagio si è passati piano a piano a una certa indifferenza o, peggio, sottovalutazione.
MINNITI: “Mi accorgo che tra la gente c’è una grande stanchezza, nessuno vuole più sentire parlare di Covid-19 e questo è un grandissimo errore: mi assumo la responsabilità di dire che la maggior parte dei ricoveri, e forse anche dei decessi, si sarebbero potuti evitare con una maggiore consapevolezza della propria condizione di pazienti fragili. Consapevolezza che avrebbe portato queste persone a vaccinarsi e ad evitare situazioni di rischio. Stiamo vivendo una sorta di effetto rimbalzo: siccome per anni se n’è parlato in maniera abnorme, anche chi dovrebbe tutelarsi con le vaccinazioni rinuncia a farlo. Questo è ciò che più ci intristisce”.
I vostri pazienti più gravi non sono vaccinati?
MINNITI: “Quasi tutti hanno le tre dosi raccomandate nel periodo dell’emergenza, ma praticamente nessuno ha fatto il vaccino studiato per la variante Omicron che, con le sue sottovarianti, è quella attualmente circolante”.
Dalla quarta dose in poi c’è quindi stato un calo della risposta da parte dei cittadini.
MINNITI: “Lo definirei più un crollo verticale…”.
A cosa lo si deve ascrivere?
MINNITI: “Da un lato, come dicevo prima, alla stanchezza dovuta all’averne sentito parlare moltissimo. Da un altro, alle false notizie che tendono ad attribuire ai vaccini tutte le patologie di questo mondo e, soprattutto, i malori improvvisi. Poi sicuramente c’è una diffusa sfiducia nella scienza”.
Sono lontani i tempi in cui voi operatori sanitari, dai medici agli infermieri, dagli oss ai tecnici, eravate definiti eroi per il sacrificio personale e professionale patito a servizio dei pazienti.
MINNITI: “Né io né i miei colleghi siamo mai andati alla ricerca di medaglie, ma sì, quei tempi sono lontani”.
Per quanto riguarda l’influenza, i reparti come sono messi?
CALÒ: “Al momento non abbiamo casi di pazienti con sindromi influenzali tanto gravi da richiedere la necessità di ventilazione meccanica, che è il presupposto per il ricovero nel reparto di Terapia Intensiva. Tuttavia, quest’anno il virus influenzale è piuttosto aggressivo e mi sento di raccomandare la stessa attenzione che generalmente si tende a riservare al Covid-19, inclusa la necessità della vaccinazione, per l’uno come per l’altra”.
SABATO: “Non appena i pazienti entrano in reparto, noi facciamo i tamponi per escludere sia il Covid che l’influenza. E in effetti ci sono capitate persone con insufficienza respiratoria da polmonite dovuta a sindrome influenzale. Perciò non sottovalutiamola”.
A qualche anno dallo studio osservazionale sui postumi della malattia da SARS-CoV-2, rispetto ai quali il Perrino fu uno dei primi ospedali in Italia a lavorare, cosa possiamo aggiungere sul post Covid o sul long Covid?
SABATO: “È così, siamo stati antesignani. Avevamo notato nei nostri pazienti che tornavano in reparto per i controlli, anche a parecchie settimane dalla negativizzazione, una serie di sintomi abbastanza impattanti sulla vita quotidiana, soprattutto l’affanno (inteso come la dispnea da sforzo), ma anche l’astenia e la nebbia mentale (con difficoltà di concentrazione e di memoria). La Regione ha istituito dei day-service per il monitoraggio di questo tipo di sintomi, dimostrando che quello che noi avevamo riscontrato ha un solido fondamento scientifico. Uno di questi day-service è attivo nel nostro ospedale”.
L’OMS ha dichiarato la fine della pandemia: che tipo di virus è il SARS-CoV-2: endemico? stagionale?
SABATO: “Per adesso non possiamo parlare di virus stagionale, perché, nonostante i picchi all’inizio delle attività scolastiche e nei mesi più freddi, è sempre presente, quindi endemico. Per cui, se mi sta chiedendo se ha una stagionalità simile a quella del virus influenzale, devo risponderle di no. Speriamo che, con il tempo, possa comportarsi acquisire questa caratteristica”.
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