di Luca Di Napoli per IL7 Magazine
Daniele Stampacchia, ragazzo neodiplomato presso il Liceo scientifico Fermi Monticelli (classe 1999), presenterà nella giornata di sabato 15 settembre alle ore 20, presso la parrocchia di San Lorenzo di Brindisi in viale Caravaggio, il suo primo romanzo dal titolo “Senza senso” edito da Edizioni Esperidi.
Daniele conserva sue poesie o semplici scritti composti sin da piccolissimo durante il tempo libero. Si è poi rivelato un vero e proprio talento, al punto che don Paolo Zofra ha voluto fortemente valorizzarlo e presentare in pubblico il primo libro di Stampacchia, giovane parrocchiano cresciuto nella sua Comunità.
Come ti è balenata l’idea di scrivere e pubblicare un romanzo durante il tuo percorso scolastico?
“Avevo un quadernetto in cui scrivevo ciò che mi passava per la mente. Un giorno lo sottoposi alla professoressa Teresa Nacci, vicepreside della mia scuola, la quale rimase sorpresa piacevolmente. Fu suo il consiglio di dare una svolta a questa mia passione e pubblicare un libro presentandolo alla gente. L’impronta del romanzo è di tipo autobiografico, nonostante questo ho deciso di ambientare il racconto in un periodo storico differente. Il mio obiettivo era quello di richiamare sani valori del passato e proporli o meglio adattarli al presente. Perciò ero concentrato nel lasciare un messaggio al lettore, in particolare su come un ragazzo si possa barcamenare in un mondo difficile, in continua evoluzione; quest’ultima è la stessa che fa perdere di vista all’uomo modi e valori, più accentuati in altri periodi storici”.
E’ una trama complessa per i ragazzi della tua età. Racconta qualche particolare.
“Ho inserito il compromesso storico tra i due poli principali, quello di Enrico Berlinguer (iscritto al Partito Comunista) e quello di Aldo Moro (la Democrazia Cristiana). Questo dualismo rappresenta i due principali cardini del mondo durante la Guerra Fredda nel secolo scorso. Ci tenevo a sottolineare che, seppur opposti, queste due correnti ideologiche dialogavano nonostante entrambe ci tenessero ad essere ferme sulle loro posizioni. Il dialogo è infatti una dote e un valore dell’uomo, che purtroppo nei giorni d’oggi si utilizza solo per attaccare l’oppositore senza il fine di migliorarsi, esclusivamente per prevaricarlo”.
Perché decidi di presentare il tuo libro in un contesto religioso?
“L’ambito del mio romanzo è sicuramente di tipo politico-sociale. In realtà, oltre a questo, ne potremmo trovare molti altri: uno di questi è quello religioso, non quello che mi appartiene prevalentemente, ma importantissimo per molte persone in Italia e nel mondo”.
Hai trovato difficoltà nella scrittura del libro considerato che eri concentrato anche a conseguire la maturità scientifica?
“Sapevo già che il quinto anno del Liceo sarebbe stato molto complicato. Per cui, nelle notti dell’estate del 2017, anticipai molte pagine, con l’aiuto dei professori De Rosa e Canuto. Dovevo stare attento ai piccoli dettagli perché si trattava di un’epoca in cui ovviamente non ho vissuto. Una volta iniziata la scuola sono cominciati i vari impegni e sono stato coinvolto anche nella scorsa campagna elettorale; per cui con parecchie occupazioni sono riuscito a presentare il mio libro presso Palazzo Nervegna lo scorso 4 luglio e devo dire che è stato un successo. In questi giorni presenterò “Senza senso” a Lecce, al Circolo Arci Miele, e sabato sarò a Brindisi presso la mia parrocchia San Lorenzo”.
Questa tua passione andrà avanti?
“A me piace soprattutto scrivere poesie, l’idea del romanzo è venuta dopo. Ho il sogno di pubblicarle un giorno tutte assieme e mostrarle alla gente. Vedremo cosa mi riserverà il futuro. Ho scelto la facoltà di Giurisprudenza a Torino, dove vive mia sorella, dopo di che vorrei tornare a Brindisi per lavorare”.
Di seguito la trama del romanzo “Senza senso” di Daniele Stampacchia.
“Il mondo dell’adolescente Giuseppe è fatto di interessanti lezioni di filosofia, polverose partitelle di calcio e timidi approcci con le ragazze. Quando torna a casa, Giuseppe trova sempre un padre arrabbiato per i sui ritardi, una mamma e due sorelle consolatrici. E, proprio in casa, tra furibondi litigi e lunghe riflessioni sul balcone, ammirando la sua amata Roma, che il giovane sente forte il richiamo alla lotta per la libertà. Giuseppe si unisce al dibattito politico in corso, in prima persona, partecipando a incontri, e scontri, con i suoi nuovi amici, le “zecche rosse”: così i comunisti vengono chiamati dai fascisti. Alla soglia dei diciotto anni, Giuseppe pensa di essere ormai pronto a tutto, di aver costruito una “nuova” coscienza, di aver trovato il senso delle cose, ma gli eventi funesti della primavera del ’78 rimetteranno tutto in discussione”.