Fece arrestare il killer che ora ha confessato: parla la donna che vive sotto protezione

di GIANMARCO DI NAPOLI  per il7 Magazine

Lei ha sconfitto il patriarcato, l’omertà, la criminalità organizzata. Li ha spazzati via in un colpo sola. Sulla sua pelle, perché è stata costretta a lasciare il suo quartiere, la sua città, la sua vera identità e ricominciare da un’altra parte, con due figli piccoli e senza nessun aiuto. Era l’unica “femmina” del quartiere Perrino separata e senza un compagno: per questo era stata scelta da un killer per diventare il suo alibi. Ma lei non ha retto il gioco: l’ha denunciato, l’ha fatto arrestare e ora lui, in aula, ha confessato: “E’ vero, ho ammazzato io Giampiero Carvone”. Ed è tutto merito suo, anche se nessuno la potrà mai premiare, né nominare, né mostrarne il viso.
“Mio figlio mi ha chiesto: e adesso di bello cosa può succedere? Lui è convinto che ora Giuseppe Ferrarese ha confessato potremo tornare a Brindisi, a casa nostra. Ma gli ho spiegato che per il momento non possiamo rientrare, che anzi adesso sarebbe forse anche più rischioso, perché altri sono coinvolti e se quello finalmente fa i nomi dei complici la storia non è ancora conclusa”: Francesca (nome di fantasia, scelto da lei la prima volta che ci siamo incontrati) ha 36 anni e sempre quella voce molto decisa, come quando parlammo la prima volta, poco prima che diventasse “testimone di giustizia” e la trasferissero in una località segreta insieme al figlio che oggi ha 14 anni e la figlia di dieci. Era la fine di luglio dello scorso anno quando il Servizio centrale di Protezione li prelevò dalla loro casa, nel cuore del rione Perrino, per trasferirli laddove vivono ora, con un’altra identità.
Giuseppe Ferrarese, con il quale ebbe una breve relazione sentimentale, inconsapevolmente funzionale a un omicidio, ha finalmente confessato in aula, davanti alla Corte d’assise di Brindisi, di aver ammazzato il 19enne Giampiero Carvone, nel settembre 2019. A determinare il suo arresto furono proprio le coraggiose dichiarazioni spontanee di Francesca al quale il giovane aveva confidato di aver compiuto il delitto e che aveva cercato di ottenere da lei un falso alibi per la notte dell’omicidio. Alle sue dichiarazioni si sono poi aggiunte quelle di vari collaboratori di giustizia, ma che ne sono state state solo il corollario. Ferrarese è stato arrestato grazie a Francesca e in aula, dopo un anno e mezzo di carcere in cui si era sempre dichiarato innocente, ha ammesso di aver sparato.
La raggiungiamo telefonicamente poche ore dopo la notizia.
Qual è stata la prima reazione quando ha saputo che Ferrarese aveva confessato?
“Un senso di liberazione e gioia allo stesso tempo, anche per Patrizia e Piero (i genitori di Carvone, ndr)
C’è stato un momento in cui si è pentita della scelta che ha compiuto, in cui si è chiesta chi me l’ha fatta fare?
“Neanche mezza volta, assolutamente no. Non posso dire nemmeno maledetto quel giorno che l’ho conosciuto. Quando lui aveva deciso di crearsi l’alibi con me, ancora non l’avevo mai visto, aveva fatto tutto. Quella del Perrino è una piccola comunità, tutti sapevano che io ero l’unica donna a vivere da sola nel quartiere. Così quando l’ho conosciuto lui aveva già preparato il suo piano: ha fatto in modo di avere una relazione con me perché era convinto che avrebbe ottenuto quell’alibi “retroattivo”. Ovviamente tutto questo l’ho capito parecchio tempo dopo”.
E l’idea di aver avuto una relazione con chi ha compiuto un delitto così efferato come la fa stare?
“Mi sono schifata da sola, mi sono schifata proprio. Anche perché pensandoci lui cosa mi avrebbe potuto portare di buono, anche se lui non avesse fatto quello che ha fatto. Niente”.
E di Brindisi, da cui è lontana da un anno e mezzo, cosa le manca?
“Mio padre, soprattutto lui. Che per altro ancora non sa niente di questa storia. Io non lo vedo dal 28 luglio 2022. Lui pensa che io stia in Sicilia a lavorare in un supermercato di un’amica”.
Pensa che non approverebbe la scelta che ha fatto?
“Conoscendolo, perché è di vecchio stampo, non capirebbe, gli verrebbe un colpo.
Il fatto che Ferrarese abbia confessato rende la sua posizione, Francesca, meno a rischio? Pensa di avere più possibilità di rientrare a casa?
“No, sono convinta che renderà più pesante la posizione di altre persone: adesso gli toccherà fare i nomi degli altri che erano con lui quella sera”.
E secondo lei li fa?
“Secondo me sì. E conoscendo la mentalità contorta di questa gente, la mia posizione diventerebbe ancora più pesante. Loro penserebbero che se io lo avessi coperto omettendo tutto e dicendo il falso, Ferrarese non avrebbe parlato. Anche se dovesse parlare e fare quei nomi non se la prenderebbero con lui direttamente, o non del tutto. Resterei sempre io la causa iniziale, che sono la donna che non ha saputo mantenere un segreto in un quartiere in cui nessuno ha parlato. Eppure le posso assicurare che molti hanno visto”.
Quando ci sentimmo l’ultima volta lei ancora non era sotto protezione e temeva per la sua incolumità e quella dei suoi figli. E’ ancora convinta che se fosse restata a Brindisi avrebbe rischiato davvero?
“Sì, in quei giorni stavo ricevendo dispetti, arrivavano minacce ai miei amici. Sarebbero andati avanti a oltranza. Speravano di farmi cedere, o peggio”.
Secondo lei Ferrarese è pentito di quello che ha fatto?
“Assolutamente no. Lui ha confessato perché si è reso conto che non aveva altra scelta e ha bisogno di alleggerire la sua posizione processuale. Non lo ha fatto per pentimento o per sensi di colpa. Quel poco che l’ho conosciuto mi è bastato per capire chi è. A parte che me lo disse lui stesso che non si sarebbe mai pentito di quell’omicidio perché, parole testuali sue, Giampiero la morte se l’era meritata”.
Come la vede ora la sua vita futura? Un giorno vorrebbe rientrare a Brindisi, o pensa che per lei e i suoi figli sia iniziata una nuova vita nel luogo in cui si è trasferita?
“No, mi dispiace ma resto qua. Mi duole il cuore e mi mancano Brindisi, l’aria della mia città, i miei amici, ho bisogno di abbracciare mio padre che ho conosciuto solo quando avevo quindici anni e che ora sono costretta a non rivedere. Ed è molto malato. Lì ci sono cresciuta, Brindisi la conosco a memoria, ci sono i miei ricordi e i miei affetti. Ma poi non campi solo di affetti. C’è un’aria pesante”.
Nel suo quartiere, il Perrino, ci sarebbe da cambiare parecchio e sarebbe molto difficile.
“No, impossibile. Pensi che negli ultimi giorni che ero lì passavano i bambini e mi chiamavano infame. Si figuri qual è la mentalità dei loro genitori”.
E per i suoi di bambini che futuro vede?
“Spero migliore. Mi dispiace che loro sono convinti in questo momento che si sono allontanati da Brindisi a casa mia. Mio figlio quando ha saputo la notizia della confessione di Ferrarese mi ha detto: quindi domani possiamo ritornare? Tanto ormai è arrestato e ha dichiarato. Gli ho spiegato che fuori ci sono amici e parenti suoi. E sembra che abbia capito”.
Lei, quale testimone di giustizia, non ha la possibilità per ora di tornare in Puglia, ma se le concedessero un’ora per venire a Brindisi e poter fare ciò che preferisce, come impiegherebbe quel tempo?
“Andrei a trovare i miei nonni e Giampiero al cimitero, riabbracciarei la mia migliore amica, rivedrei mio padre. Mi manca quel poco di famiglia che mi ero riuscita a costruire: quando ero piccola mi svegliavo e vedevo un uomo ogni giorno diverso dentro casa mia, non sapevo neanche i loro nomi, non conoscevo il volto di mio padre”.
Lei è riuscita a compensare i suoi vuoti familiari, a sopravvivere da sola in un quartiere così difficile e a trovare il coraggio di mettere in gioco la sua stessa vita pur di dare giustizia a una famiglia che aveva perso il figlio rompendo il muro dell’omertà. Dove ha trovato queste energie?
“Conoscendomi già sapevo che l’avrei fatto e non perché temessi le conseguenze giudiziarie di eventuali menzogne, ma per un’etica morale mia. Io lì per lì non ho pensato alle conseguenze delle mie dichiarazioni, non mi sono chiesta cosa sarebbe successo a me, cosa avrei rischiato una volta che avessi accusato una persona di omicidio. Io, come ho sempre detto, la sera mi devo coricare con la testa sul cuscino con la coscienza pulita, non ho pensato neanche per mezzo secondo di dire qualcosa di diverso rispetto alla verità. Mi sono messa nei panni di Patrizia, la mamma di Giampiero. Ho pensato se un domani, malauguratamente, dovessi trovarmi nella sua situazione, vorrei che qualcuno parlasse. Di fronte a casa loro c’è gente che vi abita, che ha visto tutto dalla finestra e che non parlerà mai. Me lo hanno detto: abbiamo visto ma non possiamo dire nulla”.
Se potesse dire qualcosa a Giampiero in questo momento?
“Io ho l’abitudine di dormire sul divano la notte, anche qui dove vivo adesso. E la sera dopo la notizia della sua confessione ho sognato che dormivo su questo divano, nella casa in cui vivo adesso, che lui mi ha dato un colpo sulla spalla per svegliarmi, ho aperto gli occhi e nel sogno ho visto Giampiero che mi sorrideva. Ecco la prima cosa che mi verrebbe da dirgli è: ce l’abbiamo quasi fatta. Perché ce l’avremo fatta solo quando arriverà la sentenza, la giusta sentenza”.
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