Restano in carcere Gennaro Di Lauro, 43 anni, e Mino Carrisi, 45, i due pregiudicati brindisini arrestati sabato dalla squadra mobile con l’accusa di tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, nei confronti di un ragazzo di 19 anni che aveva ottenuto dal Comune la gestione delle bancarelle nella Festa patronale del rione Casale. Nell’interrogatorio di garanzia, svoltosi davanti al gip Giulia Proto e al pm antimafia Carmen Ruggiero, di Lauro ha cercato di giustificare le sue minacce, molte delle quali sono state registrate con intercettazioni telefoniche dalla squadra mobile. Mentre Carrisi ha negato qualsiasi coinvolgimento nella vicenda.
La presunta vittima, un giovanissimo imprenditore, aveva osato chiedere al Comune la gestione della festa in onore di Ave Maris Stella che negli anni precedenti era appannaggio esclusivo di Di Lauro.
Per questo il ragazzo e la sua famiglia per giorni erano stati minacciati pesantemente, tanto che persino i suoi genitori, gli zii e i nonni lo avevano implorato di lasciar perdere per evitare conseguenze gravi per la sua e per la loro incolumità.
Di Lauro pretendeva che il giovane abbandonasse l’organizzazione della festa o in alternativa gli pagasse 10mila euro. Dal tenore delle conversazioni intercettate emerge uno spaccato inquietante che adombra la presenza costante della criminalità organizzata brindisina nella gestione delle bancarelle di alcune feste pubbliche. Una parte del denaro incassato sarebbe infatti destinato al mantenimento dei personaggi di spicco della criminalità organizzata rinchiusi in carcere e delle loro famiglie.
A rendere più concreti gli elementi accusatori raccolti dalla squadra mobile, che ha chiuso l’indagine mentre la festa patronale stava iniziando, sono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Romano, sino a qualche anno fa a capo dell’omonimo clan.