Haggis scarcerato, ma tutt’altro che scagionato

Editoriale di Gianmarco Di Napoli per il7 Magazine

Occorre fare chiarezza sull’ordinanza con la quale il gip di Brindisi, Vilma Gilli, ha disposto la scarcerazione del regista Paul Haggis, accusato di aver stuprato una ragazza inglese di 28 anni, perché alcune valutazioni del giudice preliminare potrebbero essere interpretate (e qualcuno in realtà lo ha già fatto) come un affievolimento della credibilità delle accuse formalizzate dalla presunta vittima, nel corso dell’incidente probatorio. Non è così e vediamo perché.
In particolare il passaggio che risulta essere “ambiguo” è il seguente: “Le modalità di incontro tra indagato e persona offesa, la spontanea permanenza» della donna «presso la residenza dell’indagato anche successivamente agli abusi, i momenti di convivialità tra loro durante le giornate o l’ordinaria messaggistica dei propri impegni/spostamenti, le modalità di commiato adottate dalla persona offesa, sono espressione di una complessità di interazioni tra le parti che, anche laddove meritevole di approfondimento, allo stato affievolisce il giudizio negativo della personalità di Haggis quale soggetto incline a esercitare violenza, fisica o psichica, in danno di terzi».
In sostanza il giudice riconosce che Haggis non ha costretto la sua giovane ospite a rimanere nel b&b contro la sua volontà nei tre giorni in cui sarebbero avvenute le violenze. Una circostanza questa che la donna del resto non ha mai minimamente sostenuto, anzi sottolineando più volte di essere rientrata spontaneamente in quell’albergo. La sua speranza, aveva dichiarato in fase di interrogatorio, era che tra lei e il regista nascesse una relazione sentimentale.

Questa indagine verte sin dal primo momento su un’ipotesi di una violenza “meno violenta”, ma non meno subdola: quella perpetrata nei confronti di una donna che in quel momento non desidera (o non può) avere un rapporto sessuale e che viene costretta a subirlo. Secondo una sentenza della Corte di Cassazione (datata 2019) non esiste un diritto all’amplesso, neanche tra coniugi, nel momento in cui uno dei due non ne ha voglia. La violenza non deve essere necessariamente sopraffazione fisica, ma può anche essere psicologica e morale.
La sentenza della Corte di Cassazione in parte riempie un vuoto normativo per il quale, in Italia, dal nostro codice penale, la violenza sessuale viene considerata un reato solo nel caso in cui è accompagnata da costrizione, minacce o violenza fisica. Nel nostro Paese, in particolare, permane spesso il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita.

A supportare il riconoscimento dello stupro nel caso di sesso non consensuale c’era già la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, lo stupro è un “rapporto sessuale senza consenso“. L’articolo 36, paragrafo 2, della Convenzione specifica che il consenso “deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto“.
La giovane donna inglese, scaricata in aeroporto all’alba, come una valigia, da Haggis e soccorsa dal personale dello scalo brindisino, prima di essere affidata alla polizia, in quei giorni aveva il ciclo e non si sentiva nelle condizioni (fisiche e mentali) di avere rapporti sessuali. Una circostanza che, secondo la sua denuncia, il regista non ha accettato e rispettato, aggredendola sessualmente per tre volte e facendola ricorrere per due volte in tre giorni alle cure dei sanitari.

La circostanza che la presunta vittima non sia fuggita del resto non può essere assunta come prova al contrario, nonostante il retaggio culturale spinga più di qualcuno a sottolineare proprio l’apparente contraddizione per essere rimasta accanto all’uomo che accusa di averla stuprata. Le statistiche dei casi di violenza sessuale avvenuti in casa, ad opera del compagno, sfociati spesso anche in violenze fisiche e non raramente in femminicidi, ci ricordano che un gran numero di donne ha deciso di restare, spesso non avendo la possibilità di andare via, molto frequentemente persino nella convinzione che l’atteggiamento violento del compagno potesse prima o poi cambiare.

Posta la presunzione di innocenza alla quale Paul Haggis ha pieno diritto e che la legge italiana è nelle condizioni di garantirgli, l’eventuale processo si giocherà proprio su questa barriera sottile: una donna ha diritto di dire no quando non ne ha voglia? O se accetta di essere ospite di un uomo automaticamente gli attribuisce il diritto di fare di lei ciò che vuole? Sullo stupro subìto per tre volte, a fronte del suo no, sono fondate le accuse sulle quali la giovane inglese, in otto ore di interrogatorio, non ha fatto alcun passo indietro. E che l’ordinanza del gip non ha minimamente scalfito, checché se ne dica, o si interpreti.