“Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope”, recita l’iscrizione funeraria incisa sulla tomba napoletana di Publio Virgilio Marone e, pare, da lui stesso dettata poco prima di morire.
Eppure mancano i calabri (cioè i salentini, cioè gli attuali brindisini) nel Manifesto di Mantova, il documento che riunisce le città virgiliane con lo scopo di esaltare, nel solco della Rotta di Enea, il genio poetico del grande autore di Eneide, Bucoliche e Georgiche. Ci sono, nel Manifesto, Mantova (naturalmente!), città che a Virgilio ha dato i natali, Cremona, Erice, Centola-Palinuro, mentre alla rete virtuosa dei luoghi virgiliani hanno aderito anche Quarto, Roma e Pozzuoli. Pare che il telefono, al Comune di Brindisi, abbia squillato a vuoto per un bel po’ di giorni, prima che una “gentile segretaria” (così la definisce Giovanni Cafiero, presidente dell’associazione “La Rotta di Enea”) rispondesse, assicurando che avrebbe informato il sindaco. Inutile dire che Cafiero non è stato mai contattato e che, a Mantova, è mancato il sindaco della città nella quale Virgilio arrivò dopo il viaggio in Grecia (dove si era recato, pare, per una revisione stilistica dell’Eneide). La città nella quale, forse, sono stati scritti gli ultimi versi di quello che diventò il manifesto poetico-politico dell’Impero romano. La città nella quale il genio morì, forse dopo un colpo di sole, forse in un’abitazione posta di fronte alle Colonne Romane.
“Calabri rapuere”, o forse no…
Marina Poci
P.S.: nell’immagine, “Virgilio in cattedra tra due Muse”, mosaico pavimentale, Anonimo.