“La morte di Mirko non sia dimenticata: guida prudente e strade più sicure”

Di Marina Poci per il numero 370 de Il7 Magazine
I famigliari, giunti quando ormai i soccorritori erano andati via, l’hanno trovato steso sull’asfalto, a circa tredici metri dal punto in cui ha finito la sua corsa lo scooter T-Max a bordo del quale viaggiava per raggiungere l’ospedale Perrino, presso cui lavorava come dipendente di un’impresa di pulizie. Aveva la divisa addosso e il casco ancora allacciato, il viso era immacolato, quasi sereno malgrado il traumatismo dell’impatto: non una macchia di sangue, non un’escoriazione, nessuna lesione evidente, soltanto un leggero graffio sotto al mento, all’altezza della fascetta che tratteneva quel copricapo che, comunque, pochi minuti prima non era stato in grado di proteggerlo.
La vita di Mirko Conserva, vent’anni, brindisino di Sant’Elia, si è interrotta violentemente tra le 3:35 e le 3:45 di domenica 15 settembre a circa duecento metri dall’abitazione di famiglia, precisamente in via Caduti di Via Fani, appena dopo la rotatoria attraverso la quale si accede al centro commerciale BrinPark, in direzione della strada statale 7 per Taranto. Proprio lì, nel posto in cui Mirko ha concluso tragicamente il suo breve transito terreno impattando contro un albero, sabato 5 ottobre si dirigerà la fiaccolata regolarmente autorizzata dalla Questura di Brindisi, in partenza dalle 18 dal piazzale antistante al Tribunale. Lo scopo del corteo è duplice: da una parte sensibilizzare (soprattutto i giovani) ad una condotta di guida prudente e responsabile; dall’altra parte indurre politica e istituzioni ad una riflessione sullo stato di salute delle strade brindisine, in particolare di via Caduti di Via Fani, il cui manto scivoloso (a causa delle foglie che creano un tappeto che riduce l’aderenza dei veicoli) e irregolare (per via delle radici dei pini piantati ai due lati) viene ritenuto a tutti gli effetti dalla famiglia il killer di Mirko.
È Massimo Conserva, zio del giovane, a raccontare come è nata l’iniziativa della fiaccolata e come la tragedia di un singolo nucleo familiare si sia immediatamente trasformata nel dolore profondo di un’intera comunità e in un gesto collettivo di protesta a tutela della sicurezza della circolazione sulle strade cittadine: “Già poche ore dopo la morte di mio nipote, sia nella camera mortuaria dell’ospedale Perrino, dove è stata trasportata inizialmente la salma, che nell’abitazione in cui Mirko viveva con i genitori e i due fratelli, c’è stato un viavai sorprendente di persone, soprattutto giovani. Erano molto scossi. Venivano a farci le condoglianze, ma riflettevano anche sulla dinamica dell’incidente. E tutti, anche le persone che hanno voluto commentare la notizia sui social, hanno parlato della situazione penosa della strada su cui mio nipote ha trovato la morte. La mia battaglia, la battaglia di tutti noi che piangiamo Mirko andrà in un’unica direzione: la rimozione dei pini su via Caduti di Via Fani. La manutenzione una tantum non è sufficiente, le radici crescono troppo velocemente e quegli alberi, non curati, diventano degli ostacoli fissi che possono soltanto aggravare le conseguenze di qualsiasi incidente. Per non parlare delle foglie, che restano sull’asfalto senza che nessuno si preoccupi di rimuoverle. Dover passare da lì significa camminare sull’olio e ogni volta è un rischio: non sai mai come ne uscirai. Punteremo a fare piantare delle aiuole o delle siepi. Così com’è adesso, quella strada è una vera e propria trappola”, sbotta il signor Massimo.
Quella mattina Mirko Conserva doveva essere in ospedale un’ora prima del solito, cioè alle 4:00. La mamma, che era nell’abitazione di famiglia al mare, lo aveva svegliato e, poco dopo, alle 3:40 circa, aveva controllato, attraverso le telecamere posizionate in casa e collegate a distanza con il cellulare, che non si fosse riaddormentato. Ma Mirko era già per strada, forse era già morto, o sarebbe morto da lì a pochi istanti. Ad allertare i soccorsi sono stati alcuni ragazzi che abitano nel palazzo di fronte al punto esatto dell’impatto. Una di loro ha riconosciuto Mirko e, dopo aver telefonato al 118, ha chiamato il cugino Fabio, che nel frattempo ha avvertito i genitori.
Massimo Conserva definisce suo nipote come un ragazzo divertente, spensierato, generoso, che non aveva mai voluto pesare sul bilancio familiare: lavorava come rider per la consegna di cibo (per questo qualche mese fa aveva acquistato un nuovo scooter, facendo un piccolo prestito che gli era costato molti sacrifici) e, durante l’estate, con un contratto part-time e a tempo determinato, sostituiva i dipendenti in ferie nell’impresa di pulizie in cui lavorava anche la madre. “Si occupava dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri. Per uno stipendio ridicolo”, recrimina lo zio Massimo. “E la sera prima aveva comunque lavorato come rider, non voleva lasciare quell’occupazione perché gli dava la sicurezza di un reddito, per quanto basso, durante tutto l’anno. Il suo sogno però era quello di aprire un’officina. Era appassionato di motori e per un breve periodo era stato presso un carrozziere che, però, non era in condizioni di assumerlo. Era deluso, ma non perdeva la speranza di trovare lavoro in quell’ambito”.
Sulla morte di Mirko l’Inail ha aperto la pratica di infortunio in itinere, così come la Procura della Repubblica di Brindisi ha aperto un procedimento penale: non è stata svolta l’autopsia, ma la moto su cui viaggiava è stata posta sotto sequestro, anche se non è ancora stato deciso se sarà sottoposta ad accertamenti. La famiglia, nel frattempo, poiché intende vederci chiaro e chiamare alle proprie responsabilità quanti possano in qualche modo essere coinvolti nelle cause del sinistro, si è già rivolta ad un legale, che la assisterà anche nell’eventuale giudizio civile che dovesse rendersi necessario incardinare.
“Mio nipote non era in giro all’alba perché stava rientrando da una serata di divertimenti. Era fuori da casa a quell’ora per prendere servizio in ospedale. Faceva un lavoro onorevole ed è morto con la divisa. L’opinione pubblica ci è stata e continua ad esserci molto vicina, a differenza dei rappresentanti delle istituzioni e della politica, che invece non sono stati presenti in nessun modo. Nessuno, né dalla maggioranza né dall’opposizione, né dagli uffici pubblici tenuti alla manutenzione delle strade, ha speso una parola per un ragazzo onesto e volenteroso morto su una via che poteva e doveva essere curata meglio. La prego di scrivere queste esatte parole: ci sono delle responsabilità nella morte di mio nipote e noi lotteremo per dimostrare di chi sono. Mirko era un bravo ragazzo, lo preciso perché nessuno si permetta di dire che la causa dell’incidente che ce lo ha portato via è la velocità con cui guidava. Era attento e conosceva quella strada, sulla quale periodicamente si verificano incidenti simili. Non mi fermerò, dovesse essere l’ultima che faccio nella vita. Sono già stato in alcune scuole per invitare i ragazzi a partecipare alla fiaccolata di sabato e in questi giorni proseguiremo con l’opera di sensibilizzazione”, precisa lo zio Massimo.
La famiglia di Mirko è in contatto con persone di tutte le regioni che hanno perso famigliari e amici in modo simile al giovane brindisino: lo zio, cercando in rete, ha scoperto che l’anno scorso in tutta Italia sono stati circa 13mila gli incidenti causati da strade dissestate, buche nell’asfalto, radici sporgenti, tappeti di foglie e frutti che rendono il manto stradale sdrucciolevole. La madre di una ragazza romana morta su un’arteria della Capitale cruciale per il traffico dell’intera città ha promesso di esserci sabato 5 a ricordare Mirko, sostenere la famiglia e lottare per una migliore manutenzione delle strade. Purtroppo il ventenne brindisino morto domenica 15 settembre non è la prima vittima di via Caduti di Via Fani. Ma l’impegno della famiglia e degli amici è che sia ricordato come l’ultimo.
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