Le scarpette rosse sacrificate al red carpet / EDITORIALE

Editoriale di Gianmarco Di Napoli

Mercoledì mattina, mentre a Ostuni le stelle di Hollywood sfilavano trionfalmente nel misterioso Festival organizzato nella Città bianca, in quegli stessi minuti uno dei fondatori del medesimo “Allora Fest” percorreva una passerella molto meno gloriosa, davanti a decine di giornalisti che lo attendevano davanti al Palazzo di giustizia dove andava a rispondere a una giudice delle accuse di violenza sessuale nei confronti di una giovane donna per le quali è stato fermato.
Ci sono due riflessioni da fare.
La prima riguarda le famose campagne contro la violenza sulle donne. Esse sono un tema di cui dibattere amabilmente in soporiferi convegni, da celebrare con l’inaugurazione di colorate panchine, sfilate di scarpette rosse e discorsi pieni di retorica.
Tutte inutili cazzate.
Nel concreto una donna violentata merita appena la “piena solidarietà”, le frasi di circostanza inumidite di lacrime di coccodrillo, di “piena fiducia nella magistratura”, ma poi bisogna andare avanti, mica ci si può fermare per così poco.
Imbarazzante il prologo dell’Allora Fest (le cui organizzatrici per altro sono due donne), nel quale è stato delegato un uomo a spiegare per quale motivo, nonostante una ragazza abbia denunciato di essere stata violentata da chi di quel festival era fondatore, testimonial, conduttore e personaggio principale e questi sia stato fermato dalla polizia, si svolgerà regolarmente “perché quello è un fatto privato e noi abbiamo fiducia nella magistratura”.
E dunque, nelle stesse ore in cui il regista presunto stupratore Paul Haggis compariva davanti ai giudici, in cui la ragazza presunta stuprata (che lo aveva raggiunto nell’illusione di lavorare con lui nell’Allora Fest) sarà chiamata per l’ennesima volta a raccontare il suo incubo nell’incidente probatorio, il Festival del quale stanno ristampando in fretta e furia i manifesti perché in tutti c’era la foto e l’autografo di Haggis, andrà avanti regolarmente perfetta silloge della finzione.
E’ stata imbarazzante la conferenza stampa con la quale si è cercato di dribblare il problema, perché “siamo qui a parlare di cinema”.
Ma c’è un altro aspetto che certifica come davvero ci siano poche speranze che qualcosa possa cambiare: gli organizzatori hanno spiegato che il festival si fa anche perché tutti i grandi divi invitati, nonostante negli Stati Uniti la notizia del caso Haggis sia su tutte le testate più importanti da giorni, hanno deciso ugualmente di prendere i loro jet e venire a sfilare come se nulla fosse accaduto.
Aivoglia a sgolarvi, amiche del Me Too: volete mettere le scarpette rosse con il red carpet?
La seconda riflessione riguarda la spietatezza del mondo dello spettacolo. Paul Haggis, insieme a Silvia Bizio, Sol Costales Doulton e Giovanni De Blasio ha fondato l’associazione culturale “Allora Fest” che ha poi originato la rassegna di star del cinema, profumatamente finanziata dalla Regione Puglia, in corso di svolgimento a Ostuni. Ora per noi gente comune sarebbe probabilmente impossibile pensare che nel momento in cui uno di noi, uno dei nostri amici, il nostro amico più importante, il divo, il testimonial, il mito che abbiamo finora osannato incappa in una così drammatica vicenda giudiziaria, poter mai fare finta di niente. Cancellare in fretta il suo nome dalle locandine, rifarci il trucco e andare avanti come se nulla fosse accaduto, parlando di glamour e vip.
Siamo contenti di essere diversi, noi a cui ancora si contorce lo stomaco quando una donna subisce violenza, noi che comunque non passiamo sul cadavere di un amico ma soffriamo con lui, anche e soprattutto, se ha sbagliato.