Se qualcuno si aspettava una confessione piena da parte di Giuseppe Ferrarese, magari con l’indicazioni di possibili complici che non sono stati mai individuati, ha dovuto ricredersi: il giovane di 27 anni che nella scorsa udienza aveva ammesso di aver sparato contro Giampiero Carvone, uccidendolo sotto la sua abitazione al rione Perrino di Brindisi, ha confermato la confessione ma ha attribuito l’omicidio a una sorta di difesa nei confronti di Carvone perché era stato quest’ultimo, secondo Ferrarese, a salire a prendere la pistola e a scendere armato, dopo una discussione con lui.
Il giovane brindisino, unico imputato per l’omicidio del diciannovenne, ha raccontato la sua ricostruzione del delitto davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Brindisi, rispondendo alle domande del pm Carmen Ruggiero.
Ferrarese ha raccontato che quella notte del 9 settembre 2019 era con Carvone che gli avrebbe chiesto di rubare con lui un’auto
per smontarla e utilizzare i pezzi di ricambio per riparare la famosa Lancia Dedra rubata alle persone sbagliate e poi danneggiata in un incidente.
Al rifiuto di Ferrarese, secondo il racconto dell’imputato, Carvone salì in casa e scese con una pistola. Ne nacque una colluttazione durante la quale sarebbe riuscito a impossessarsi dell’arma e a fare fuoco, ma solo puntando alla caviglia. Carvone invece fu colpito alla nuca e morì pochi minuti dopo.
Ferrarese ha negato di aver avuto complici sostenendo di essere fuggito a piedi sino all’abitazione della madre, in via Cappuccini. Il giovane imputato ha confermato di avere avuto una relazione con la donna diventata poi la sua principale accusatrice, ma ha smentito di averle mai rivelato di aver ucciso Carvone. Così come ha negato di averlo raccontato ad altri detenuti che nelle scorse udienze avevano dichiarato di come Ferrarese si fosse quasi vantato di aver commesso quell’omicidio.
Il padre di Carvone, Piero, ha assistito impassibile all’esame di quello che un tempo era uno dei migliori amici del figlio e che poi lo ha ammazzato. Se volontariamente o per sbaglio, come sostiene l’imputato, saranno i giudici a stabilirlo.
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