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Partorì nel water e tirò lo scarico: chiesto rinvio a giudizio per ballerina pugliese

Di Marina Poci per il numero 412 de Il7 Magazine
La notifica della conclusione delle indagini a suo carico, nel fascicolo in cui risponde dell’omicidio volontario pluriaggravato della sua bambina appena partorita, l’ha raggiunta, a pochi giorni dall’inizio della rovente estate pugliese, nella casa dei genitori a Cassano delle Murge, dove il sostituto procuratore della Repubblica Sergio Dini le ha consentito di trascorrere la custodia cautelare: ora, secondo quanto riferisce l’edizione padovana de Il Gazzettino, per Melissa Machado Russo, la 30enne italo-brasiliana nata a Ceglie Messapica che annegò nel water del night club di Piove di Sacco, provincia di Padova, in cui lavorava come ballerina di lap dance, la neonata che aveva dato alla luce pochi istanti prima, lo stesso magistrato ha chiesto il rinvio a giudizio ed è in attesa della fissazione dell’udienza preliminare. Il cui esito, a dirla tutta, appare piuttosto scontato, soprattutto perché, trattandosi di delitto astrattamente punibile con la pena dell’ergastolo, Machado Russo non potrà avere accesso al rito premiale dell’abbreviato (che comporta la riduzione di un terzo della pena in concreto irrogabile) e dovrà, pertanto, necessariamente difendersi nel giudizio.
Sarà in dibattimento che, dopo essersi rifiutata di rispondere alle domande del Giudice per le indagini preliminari, la lap dancer dovrà spiegare le ragioni che l’hanno motivata a compiere il delitto più turpe di cui un essere umano possa macchiarsi, l’omicidio del frutto del proprio grembo, che il PM le contesta con le aggravanti della crudeltà e dei motivi futili e abietti.
Faceva freddo, la notte tra il 28 e il 29 novembre scorsi, nel cuore della pianura padana, quando lo squillo del telefono bucò l’aria e la voce dell’allora 29enne urlò ad una collega del “Serale Club” di raggiungerla in una stanza al primo piano della foresteria del night nel quale viveva da qualche mese, da quando, cioè, aveva iniziato a lavorare in quel posto come ballerina e intrattenitrice. La ragazza si trovò davanti ad una scena da film dell’orrore: il pavimento imbrattato di sangue, un pezzo di cordone ombelicale, un paio di forbici e il cadavere di una neonata, ancora ricoperto di materiale placentare, a testa in giù nel water, con il cranio visibilmente deformato. Aveva partorito e tirato lo scarico, Melissa Russo, nella convinzione, o forse soltanto nella speranza, che quel corpicino che aveva custodito sino a pochi attimi prima nel pancione scivolasse giù senza lasciare traccia e lei fosse libera di tornare al palo della lap dance, ai clienti da allietare, al fisico perfetto che aveva prima della gravidanza. I soccorsi furono allertati dopo più di un’ora: la collega chiamata in aiuto, nell’estremo tentativo di nascondere l’accaduto, avvertì prima i gestori del locale, un uomo di nazionalità rumena e uno di nazionalità cinese, che però si chiamarono fuori, preoccupandosi più che altro di allontanare, prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, le altre donne che vivevano nel club.
“Venite subito, una mia amica ha appena partorito in bagno, ma la bambina è rimasta incastrata nel water, è sommersa d’acqua”, disse per telefono la collega di Russo all’operatore del SUAM (così si chiama in Veneto il 118, Servizio Urgenza ed Emergenza Medica) e quando i sanitari arrivarono si resero conto che non erano state un’esagerazione dettata dal panico, quelle parole.
A rianimare quella bimba tentarono a lungo, increduli e angosciati, ma invano. Qualche giorno più tardi il medico legale chiamato a svolgere l’esame autoptico riscontrò un trauma da compressione sul cranio della neonata, dovuto al fatto che la testa, spinta dalla pressione della mano materna, era rimasta incastrata nell’angusto spazio del foro del water. Però non fu quella la causa della morte, nei polmoni della bambina fu trovata acqua: Melissa Russo aveva tirato lo sciacquone, la piccola rimasta senza nome morì annegata, travolta da una decina di litri che non le lasciarono scampo.
La ballerina fu fermata quasi immediatamente, rimase piantonata in ospedale per qualche giorno, non volle vedere il corpicino della figlia nemmeno in foto, si difese dicendo che non sapeva di essere incinta. Gli inquirenti l’hanno smentita clamorosamente, e di tanto dà atto il pubblico ministero Dini nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, perché sul suo cellulare hanno trovato una serie di autoscatti che attestavano la crescita del pancione e una serie di ricerche su Google sulle varie fasi della gravidanza e sul parto. Una vita di bugie anche con la famiglia, quella di Melissa Machado Russo, che ai genitori che adesso la ospitano in attesa dell’inizio del processo aveva detto di non chiamarla di sera, perché lei, agente dei servizi segreti, la sera era sempre in missione sotto copertura. Anche chi fosse il padre di quella creatura che ha cercato di far sprofondare nell’oblio della fogna nera, la ballerina non l’ha mai detto: probabilmente uno dei tanti clienti intrattenuti prima di arrivare al “Serale Club”, considerato che era già incinta da almeno tre mesi quando iniziò a lavorare nel night di Piove di Sacco (sui cui proprietari, per inciso, pendono indagini per sfruttamento della prostituzione).
“Vampira”, si firmava nei diari ritrovati in uno degli armadietti della foresteria dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Padova: per questo, e per la reazione di – apparenti – dissociazione e negazione avuta dopo i fatti per i quali è stata indagata, la Giudice per le indagini preliminari Domenica Gambardella ha voluto appurarne la capacità di intendere e di volere. Ma i periti che hanno esaminato Melissa Machado Russo in incidente probatorio ne hanno sancito l’assoluta lucidità e la piena coscienza degli atti compiuti sia al momento del parto che nei mesi precedenti. Adesso, di questa Medea italo-brasiliana in tacchi a spillo, calze a rete e capelli blu, sarà la Corte d’Assise di Padova ad accertare le responsabilità. E non è escluso che la difesa provi nuovamente a giocarsi la carta del vizio, almeno parziale, di mente.