di GIANMARCO DI NAPOLI
L’arresto del governatore di centrodestra della Liguria Giovanni Toti, con accuse gravissime tra cui la corruzione, ha innescato commenti caustici sul fronte opposto, quello del centrosinistra, soprattutto quello pugliese. In molti hanno messo a confronto questa vicenda con le polemiche che accompagnano da settimane l’operato del governatore Michele Emiliano, il quale tra qualche giorno dovrà comparire davanti alla Commissione parlamentare antimafia (a guida centrodestra) sulla vicenda delle presunte infiltrazioni criminali nella pubblica amministrazione barese.
Un governatore in manette in Liguria e per giunta del centrodestra ha ridato fiato a chi nel centrosinistra considera strumentali le accuse contro Emiliano e contro il suo sistema di governo regionale.
Ma le due vicende hanno un altro sottilissimo filo che le lega, ovviamente totalmente casuale, ma innegabilmente pieno di fascino: ad arrestare il governatore della Liguria è stato il procuratore di Genova, Nicola Piacente. Ora, pochi lo ricorderanno, ma Piacente, originario di Terlizzi e divenuto uno dei migliori magistrati italiani, ha iniziato la sua carriera proprio a Brindisi, nel piccolo pool antimafia della procura (la Dda non era stata ancora creata). L’altro componente di quel pool era Michele Emiliano. I due in quegli anni affrontarono i più importanti processi di mafia, contribuendo a un primo sostanziale smantellamento della Sacra corona unita. Entrambi già all’epoca erano sotto scorta. Piacente ha proseguito nella sua brillante carriera, diventando anche procuratore al tribunale dell’Aja, Emiliano si è buttato in politica.
Ecco, ovviamente in maniera – sia chiaro – inconsapevole e casuale, a distanza di trent’anni, un’indagine di Piacente sembra indirettamente tornare utile al suo vecchio amico ed ex collega Emiliano, proprio nelle ore in cui quest’ultimo tenta di riconquistare la fiducia in un’aula, non di giustizia ma per fortuna solo del Consiglio regionale. La storia in fondo è sempre circolare.