Di Marina Poci per il numero 405 de Il7 Magazine
Cambiano i criteri di analisi, redazione e pubblicazione, ma la Relazione della Direzione Investigativa Antimafia per il 2024, quantomeno con riferimento alla provincia di Brindisi, conferma sostanzialmente la geografia criminale già ampiamente assestata, giacché nella cartina che individua i clan e i pertinenti territori di influenza continuano a risuonare i nomi che da almeno tre decenni sono protagonisti dei fenomeni mafiosi della zona.
Ed ecco che lo storico sodalizio Vitale-Pasimeni, detto dei “Mesagnesi”, radicato nel comune di Mesagne ma presente pressoché in tutti i comuni della provincia in regime di pacifica convivenza con altre consorterie, continuerebbe a operare nel settore del narcotraffico e delle estorsioni, mentre i comuni della fascia meridionale del Brindisino, dominati dall’influenza del clan Buccarella-Campana (i cosiddetti “Tuturanesi”, tradizionalmente rimasti vicini al fondatore Pino Rogoli), sembrerebbero in affari con i gruppi imperanti nella fascia settentrionale della provincia di Lecce, con i quali farebbero affari soprattutto nel traffico di stupefacenti (dei quali si approvvigionerebbero anche in Albania, Calabria e Campania).
Per quanto riguarda il capoluogo, oltre ai Mesagnesi e ai Tuturanesi, a Brindisi residuerebbe una discreta presenza del clan Brandi-Morleo, mentre sarebbe ormai ininfluente, tanto da non essere nemmeno citato nella Relazione, il sodalizio dei Romano-Coffa, decimato dalla pervasiva azione di contrasto di forze dell’ordine e magistratura, che sembrano avere trovato significative brecce nella consorteria grazie all’importante contributo dei collaboratori di giustizia (mentre non dice, la Relazione, in che modo gli appartenenti al clan Romano-Coffa si siano eventualmente ricollocati).
Del tutto peculiare appare la situazione di Torre Santa Susanna, feudo dei Bruno, che opererebbero in autonomia grazie al persistente forte legame con i capi storici della SCU e dominerebbero nella gestione del mercato della droga anche a Erchie e, in parte, a Oria (dove comunque sarebbero presenti anche i Mesagnesi e i Tuturanesi). Nella parte settentrionale della provincia si registrerebbero segnali di influenza della criminalità barese e foggiana, non soltanto per quanto riguarda i reati legati agli stupefacenti, ma anche per ciò che attiene i reati predatori (furti, rapine ed estorsioni). Al di fuori da particolari dinamiche, infine, sarebbero i comuni di Cisternino, San Pancrazio Salentino, San Michele Salentino e Carovigno, non menzionati dalla DIA.
Niente di particolarmente inedito, dunque, visto che anche il territorio brindisino risente delle dinamiche criminali che caratterizzano la regione Puglia e l’intero Paese.
Le evidenze investigative, infatti, focalizzano essenzialmente due aspetti, il primo dei quali riguarda quello che viene definito, “grazie alla sua elevata redditività”, “core business” del crimine pugliese, ovvero il settore del traffico di stupefacenti: anche nel corso del 2024 i gruppi mafiosi pugliesi, inclusi i brindisini, hanno continuato a perseguire la loro strategia di controllo del territorio e di autosostentamento nell’ambito del narcotraffico avvalendosi della collaborazione di sodalizi radicati in altre zone d’Italia, per esempio la Calabria, e stranieri (spagnoli, ma soprattutto albanesi, ormai da decenni radicati nel Brindisino anche per effetto della collocazione geografica della Regione, che – si legge nella Relazione – “funge da naturale testa di ponte tra l’Italia e le grandi rotte balcaniche”. Proprio con riferimento al controllo del territorio, cruciale per l’esistenza stessa delle organizzazioni criminali, nel report della DIA si accenna ad “accordi consolidati sulle modalità di acquisto e vendita dello stupefacente nonché sul ricorso all’attività estorsiva”, con ciò ribadendo la volontà dei diversi clan di non essersi di intralcio a vicenda (“I clan operano in un clima di sostanziale convivenza reciproca, ma nello stesso tempo precaria, come testimoniano i fatti delittuosi verificatisi nel periodo a riprova di costanti fibrillazioni interne”, si legge testualmente).
Il secondo aspetto attiene a “la tendenza a orientarsi verso una criminalità di tipo economico-finanziario”, con il chiaro fine, da parte dei clan, di reimpiegare il denaro illecitamente accumulato in attività commerciali operanti nei più svariati settori, modalità che determina il conseguente inquinamento dell’economia legale e la distorsione della libera concorrenza.
È, questa, una visione sistematica del fenomeno mafioso che la Direzione Investigativa Antimafia è in grado di offrire su tutto il territorio nazionale (non soltanto con riferimento alla Puglia, dunque) e che emerge dalla circostanza che, per la prima volta, la DIA ha condensato in un unico documento i dati e le informazioni relativi sia al primo che al secondo semestre del 2024: sino allo scorso anno, infatti, il rapporto veniva pubblicato con un ritardo di almeno un anno, spesso anche di più, e si basava su dati riferiti ad un solo semestre. Questa riduzione del lasso temporale tra gli eventi segnalati e la pubblicazione del documento consente di avere un quadro più aggiornato e più razionale delle organizzazioni mafiose e di analizzare meglio l’evoluzione delle attività e dei risultati nel tempo, offrendo così un resoconto più ravvicinato e significativo.
Tornando al Brindisino, le operazioni di polizia giudiziaria segnalate nel rapporto della DIA sono cinque.
La prima a cui si fa riferimento (operazione “Reise”), si è svolta nel territorio di Francavilla Fontana, dove i Carabinieri, il 17 gennaio, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di nove soggetti (di cui due di nazionalità albanese) accusati di traffico, detenzione e spaccio di stupefacenti (eroina, cocaina, hashish e marijuana) approvvigionati dalla Lombardia e dall’Abruzzo e smerciati in provincia di Bari e Brindisi.
La Relazione prosegue poi con il menzionare il luglio di fuoco di Mesagne e San Pietro Vernotico: nella città messapica, l’11 luglio, nell’ambito dell’operazione “Piazza Pulita”, che ha consentito di svelare una ramificata rete dedita allo spaccio di varie tipologie di droga, la Polizia di Stato ha eseguito misure cautelari nei confronti di diciassette soggetti ritenuti responsabili di detenzione e spaccio di hashish, marijuana e cocaina nel cuore della movida (fece scalpore, a tal proposito, la sospensione della licenza ad un noto ristorante del centro storico, ritenuto luogo di acquisto, consumo e cessione di stupefacenti, anche e soprattutto in orario notturno e di chiusura al pubblico). Pochi giorni dopo, Il 22 luglio, a San Pietro Vernotico i Carabinieri hanno tratto in arresto quattro pregiudicati ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, tentata estorsione, porto e detenzione di armi da fuoco, lesioni personali, danneggiamenti con esplosivi e a seguito di incendio. Si tratta dell’operazione che ha portato, anche, alla notifica di una nuova ordinanza di custodia cautelare a carico di Cristian Tarantino (vicino al clan Buccarella-Campana e già detenuto perché condannato dalla Corte d’Appello di Lecce nel 2018 per associazione di tipo mafioso), che per la Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, malgrado ristretto ex art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario presso il carcere Bacchiddu di Sassari, sarebbe stato il promotore del gruppo, ai cui appartenenti riusciva a impartire direttive e ordini riguardo attività illecite (tra cui atti intimidatori e danneggiamenti, anche all’indirizzo dei famigliari della sua ex moglie), controllo del territorio, gestione della cassa comune, mantenimento dei partecipi e delle loro famiglie. La statura criminale di Tarantino, peraltro, è confermata nell’ordinanza emessa dalla Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce Giulia Proto su richiesta della PM della Direzione Distrettuale Antimafia salentina Carmen Ruggiero, eseguita lo scorso 22 aprile a carico di dieci soggetti. Ordinanza che, per la capillare ricostruzione dei rapporti di forza sul territorio di San Pietro Vernotico, appare plausibile che possa avere piena cittadinanza nella Relazione DIA del prossimo anno. Vi è poi un cenno all’operazione dei Carabinieri di Brindisi del 17 settembre, con la quale è stata smantellato un sodalizio criminale dedito ai furti d’auto (i cinque arrestati, in quel caso, rispondevano di associazione per delinquere, furto aggravato, ricettazione e riciclaggio) e all’operazione di Polizia dell’11 ottobre e del 7 novembre, con la quale sono stati attinti dalla misura cautelare sei pregiudicati ritenuti organici al clan dei Mesagnesi (Vitale-Pasimeni) e responsabili del reato di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni del titolare di una impresa che effettua lavori stradali nel Brindisino.
Questa, dunque, la fotografia della mafia nella provincia, con due indicazioni di massima da considerare e monitorare attentamente nel futuro: l’autorevolezza riconosciuta alle figure apicali delle organizzazioni criminali storiche della SCU, che non appare minimamente scalfita dallo stato di detenzione di alcuni boss, e la recrudescenza, dopo un lungo periodo di cosiddetta “pax mafiosa”, di attentati incendiari e danneggiamenti, anche in danno di soggetti incensurati e titolari di cariche pubbliche, da interpretare, secondo la DIA, come un chiaro sintomo di fenomeni estorsivi e intimidatori che richiamano alle vecchie modalità di espressione dei clan.