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San Pietro Vernotico: parti civili non pervenute, quando è più semplice girarsi dall’altra parte

Di Gianmarco Di Napoli per il numero 409 de Il7 Magazine
Il processo contro il più violento e spregiudicato clan della Sacra Corona Unita degli ultimi vent’anni si svolgerà senza alcuna parte civile: nell’udienza preliminare nei confronti di venti imputati, tra cui il presunto boss di San Pietro Vernotico, Cristian Tarantino, svoltasi davanti al gup del Tribunale di Lecce, la pubblica accusa, rappresentata dal pm della DDA Carmen Ruggiero, non è stata supportata dai legali di nessuna delle “vittime”, dirette o indirette, di un’organizzazione di stampo mafioso che per anni ha messo a ferro e fuoco San Pietro Vernotico, terrorizzando i commercianti con eclatanti attentati, distruggendo auto, picchiando sulla pubblica via chi doveva essere punito.
Non si è costituito parte civile il Comune di San Pietro Vernotico e non ha fiatato neanche l’opposizione, finora, sempre pronta alla critica, segno che a parti politiche invertite la decisione sarebbe stata la stessa. Eppure il processo contro il clan Tarantino non è la “solita” indagine antimafia che colpisce una delle organizzazioni che si spartiscono territorialmente le attività illecite. In questo caso i reati non sono stati commessi sotto traccia, ma sulla pubblica via: le bombe, i colpi di pistola, gli incendi hanno terrorizzato per anni i cittadini, le famiglie, gettando un’ombra funesta sull’intero paese.
A tal punto che, nel mese di ottobre dello scorso anno, l’Amministrazione comunale sentì l’esigenza di organizzare una fiaccolata per le vie del paese nella quale vennero coinvolte le massime autorità istituzionali della provincia e cui parteciparono tanti sindaci dei comuni vicini.
A tal punto che, con forza e legittimamente, l’Amministrazione comunale ha chiesto (e ottenuto) l’apertura di un commissariato di Polizia che si affiancherà alla stazione dei carabinieri e alla tenenza della Guardia di Finanza. Un trittico di cui, in provincia di Brindisi, gode finora soltanto Ostuni.
La costituzione di parte civile, soprattutto quella degli enti, non è finalizzata a un risarcimento puramente economico. La criminalità organizzata non danneggia i singoli cittadini, ma l’intero tessuto sociale. Costituendosi parte civile, un ente chiede il riconoscimento di un danno morale e di immagine. Con una valenza anche simbolica e pedagogica: la volontà delle istituzioni di prendere posizione contro la mafia, rafforzando l’alleanza con i cittadini e le forze dell’ordine.
Nella mancata costituzione di parte civile c’è anche l’associazione antiracket, che proprio a San Pietro Vernotico ha una propria sezione. Ora è lecito domandarsi quale funzione abbia esattamente l’associazione antiracket, se non almeno quella di affermare la propria presenza al fianco dei commercianti vittime di estorsioni.
Mai come nel caso di San Pietro Vernotico, negli ultimi anni, è stata colpita un’organizzazione che ha devastato attività commerciali con attentati di tutte le tipologie: l’estorsione con il metodo mafioso è uno dei capi d’imputazione principali del processo. L’assenza delle vittime, che hanno scelto di non costituirsi parte civile per motivi facilmente comprensibili, è probabilmente legata anche al fatto che l’associazione antiracket avrebbe dovuto affiancarle, se non proprio assumersi essa stessa la titolarità di rappresentarle tutte, costituendosi parte civile nel processo accanto alla Procura.
Non si è costituita parte civile neppure “Libera”, sempre presente con i propri drappi in ogni iniziativa di commemorazione e il cui articolo 3 dello statuto dispone esplicitamente che, per il perseguimento dei suoi fini istituzionali (contrasto al fenomeno mafioso, tutela delle vittime, promozione della cultura della legalità), l’associazione può costituirsi parte civile nei processi penali per reati di mafia. Secondo le finalità statutarie di Libera, l’associazione, in quanto soggetto senza scopo di lucro impegnato nella lotta contro le mafie, riconosce nei processi una sede naturale per tutelare i propri interessi statutari, agisce per rappresentare le vittime di reati mafiosi, esercitando la protezione dei loro diritti e della dignità. Inoltre, sempre secondo lo statuto, la presenza in aula sostiene la cultura della legalità, rafforza la fiducia nelle istituzioni e funge da deterrente. Ma Libera ha scelto di non affiancare la Procura antimafia. Comparirà poi magari per ottenere l’affidamento di uno dei beni eventualmente confiscati.
Tutte queste assenze sono ancora più inquietanti alla luce del fatto che nessuna delle vittime del clan Tarantino ha scelto di costituirsi parte civile, facendo comprendere che a San Pietro Vernotico esiste ancora un clima di paura. Ed è proprio in questi casi che il supporto delle istituzioni e delle associazioni è fondamentale.
La pubblica accusa nel processo è rappresentata dalla pm della DDA di Lecce, Carmen Ruggiero, magistrato sotto scorta rafforzata da più di due anni per minacce concrete rivolte nei suoi confronti proprio da esponenti della Sacra Corona Unita brindisina. Affiancarla in un procedimento giudiziario messo in piedi a tutela di un’intera comunità sotto assedio per anni sarebbe stato un segno di coerenza e di collaborazione istituzionale. Invece, i banchi dietro di lei, quelli in cui “fisicamente” le parti civili fanno sentire il proprio supporto, sono rimasti vuoti.
Le istituzioni e le associazioni delegano la responsabilità di tutelarle esclusivamente agli inquirenti e agli investigatori. Nell’inchiesta di San Pietro Vernotico decisivo è stato il lavoro svolto dai carabinieri, che hanno effettuato indagini serrate, intercettazioni telefoniche e ambientali, redatto rapporti precisi all’autorità giudiziaria. Grazie a loro, un’organizzazione che teneva sotto scacco con arroganza il paese è stata sgominata.
Anche a loro istituzioni e associazioni sembrano aver delegato il compito esclusivo di tutelarle, cosa che ha un senso, ma solo nella fase investigativa. Non è invece comprensibile quale significato abbia non dare un seguito, un supporto, una presenza quando quelle indagini approdano nella loro fase processuale, dopo aver liberato il paese da una grandissima pressione.
Ecco perché poi, quando ammazzano un carabiniere mentre sta svolgendo il suo lavoro proteggendo tutti gli altri, sembra davvero banale e fuori luogo la teatrale vicinanza delle istituzioni, delle associazioni. E suonano stucchevoli molti discorsi di circostanza tenuti dai politici davanti alle telecamere. Una società civile deve affiancare chi la tutela, non lasciarlo da solo a combattere, nascondendosi dietro fiaccolate, bandiere e lacrime di coccodrillo.