Taranto: al via il processo d’appello sul disastro ambientale causato da ex Ilva

Al via domani, nell’aula bunker della vecchia sede della Corte d’Appello di Taranto, il processo d’appello originato dall’inchiesta passata alle cronache come “Ambiente svenduto”: con la sentenza di primo grado, emessa il 31 maggio 2021, furono comminare 26 condanne nei confronti dirigenti della fabbrica, manager e politici (un totale di ben270 anni di carcere) per il disastro ambientale causato dall’ex Ilva durante la gestione della famiglia Riva nel periodo 1995-2012.
La Corte d’Assise stabilì sia la confisca degli impianti dell’area a caldo che la confisca per equivalente dell’illecito profitto nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva forni elettrici, per una somma di 2,1 miliardi.
In tutto sono imputate 39 persone e tre società.
Per espressa richiesta della Procura Generale, le ragioni dell’accusa saranno sostenute dagli stessi pubblici ministeri del primo grado: Remo Epifani, Raffaele Graziano, Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile, ora in servizio a Lecce.
La Corte d’Assise d’Appello sarà presieduta dal giudice Antonio Del Coco (a latere Ugo Bassi).
Tra i condannati, figurano Fabio e Nicola Riva (rispettivamente 22 anni e 20 anni di reclusione), ex proprietari e amministratori dell’Ilva che rispondevano di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Furono inflitti 21 anni e 6 mesi all’ex responsabile delle relazioni istituzionali Girolamo Archinà, 21 anni all’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, pene comprese tra i 18 anni e mezzo e i 17 anni e 6 mesi di carcere a cinque ex fiduciari aziendali. A tre anni e mezzo di reclusione (di 5 anni la richiesta dell’accusa) fu condannato l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola a cui viene contestata la concussione aggravata in concorso. Fu assolto l’ex sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, a cui era contestata l’omissione in atti d’ufficio.
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