In principio fu Lerario. Poi vennero Sannicandro, Maurodinoia e i Pisicchio: il ritiro del Movimento Cinque Stelle dalla giunta regionale pugliese, con conseguente rinuncia dei grillini a tutti gli incarichi e le deleghe assegnati loro dal presidente Michele Emiliano, costringe a fare i conti con una vera e propria questione morale che sembra toccare i fedelissimi del governatore.
Il primo a saltare, perché indagato per corruzione e abuso d’ufficio (e addirittura arrestato in flagranza, il 23 dicembre 2021, mentre riceveva da un imprenditore una busta contenente una tangente di 10mila euro), è stato Mario Lerario, ex dirigente della Protezione Civile regionale: su di lui pendono due condanne in primo grado, entrambe a cinque anni e quattro mesi di reclusione, per la pratica di accettare cospicue somme di denaro da imprenditori in cambio dell’affidamento di appalti dell’importo di milioni di euro, forzando le maglie della normativa di settore e senza rispettare il principio della rotazione degli operatori economici privati nelle commesse pubbliche.
A dicembre del 2023, lo scandalo tocca Elio Sannicandro, già presidente del Coni Puglia dal 2001 al 2017 e assessore del Comune di Bari per due mandati dal 2004 al 2014, che al momento in cui viene indagato per corruzione (in relazione al pagamento di una presunta tangente di 60mila euro quale corrispettivo per garantire l’aggiudicazione di un appalto integrato relativo alla realizzazione di lavori in bacini idrografici) riveste il ruolo di direttore generale dell’ASSET (Agenzia regionale Strategica per lo Sviluppo Ecosostenibile del Territorio) e direttore generale del Comitato Organizzatore dei Giochi del Mediterraneo di Taranto 2026: Sannicandro viene interdetto dagli uffici pubblici su disposizione della magistratura barese in un’inchiesta partita da un fascicolo precedente (nel quale la sua posizione era stata archiviata). A proposito della nuova indagine, i PM della Procura di Bari Claudio Pinto e Savina Toscani hanno parlato di un “collaudato meccanismo di addomesticamento e manipolazione di procedure di gara relative a lavori eseguiti nella Città metropolitana di Bari e in diversi Comuni del Foggiano”, grazie alla compiacenza di alcuni pubblici ufficiali, “da cui si rileverebbe un quadro inquietante di collusione e mercificazioni seriali della funzione pubblica”.
Il 2024 è l’annus horribilis, e siamo appena ad aprile. Dopo l’inchiesta della DDA Codice Interno, a seguito della quale il ministro dell’Interno Piantedosi ha disposto l’insediamento di una commissione d’inchiesta al fine di valutare l’ipotesi dello scioglimento del consiglio comunale di Bari, un nuovo terremoto giudiziario minaccia i palazzi del potere del capoluogo, coinvolgendo, questa volta, la Regione: a poche ore dall’arresto del marito Alessandro (detto Sandrino) Cataldo, avvenuto alle prime luci del mattino del 4 aprile, l’assessora regionale ai Trasporti, Anita Maurodinoia, indagata per voto di scambio, si dimette dal suo ruolo e anche dal Partito Democratico, lista in cui era stata eletta in occasione della scorsa competizione, risultando la più suffragata in provincia di Bari (da cui il soprannome di “lady preferenze”). Le dimissioni sono chieste direttamente dal governatore Emiliano, che pure aveva pubblicamente difeso Maurodinoia qualche settimana prima, quando era venuta fuori la notizia che l’assessora risultava iscritta nel registro degli indagati proprio nel fascicolo facente capo a Codice Interno. A differenza di quest’ultimo fascicolo, aperto dalla DDA, l’inchiesta che ha visto coinvolta Maurodinoia sino a determinarne le dimissioni è curato dalla Procura ordinaria e riguarda una presunta compravendita di voti per le elezioni comunali di Grumo Appula del 2020 e di Triggiano del 2021.
Gli ultimi a finire nel mirino della magistratura sono i fratelli Alfonso ed Enzo Pisicchio, coinvolti in un’inchiesta, anche questa della Procura ordinaria di Bari, insieme ad altre tredici persone accusate a vario titolo di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, truffa, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità materiale, turbata libertà degli incanti. Si tratta di fatti verificatisi nel periodo che va dal 2016 al 2020: arco temporale nel quale Alfonso Pisicchio era assessore regionale della Puglia e coordinatore del partito Iniziativa Democratica, che ha sostenuto Michele Emiliano, mentre il fratello Enzo ne era presidente. Con un tempismo a molti apparso sospetto, Alfonso Pisicchio si è dimesso dall’ARTI, l’Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione di cui era a capo, circa tre ore prima dell’esecuzione della misura cautelare di arresti domiciliari da parte della Guardia di Finanza.
Che sia rimpasto di giunta (o meno), che Emiliano sia intenzionato (o meno) ad attuare un rinnovamento secondo le indicazioni della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, e per quanto il governatore continui a difendere l’operato della squadra (è di oggi, 16 aprile, una dichiarazione a margine dell’inaugurazione dei nuovi locali della Guardia Medica in ASL Foggia, che va nel senso di escludere responsabilità collettive della giunta, sostenendo che tutte le vicende riguardano responsabilità personali dei soggetti coinvolti), non si può negare che l’immagine complessiva dell’operato dei fedelissimi e dell’azione amministrativa della giunta risulti fortemente appannata dalle condanne e dalle inchieste ancora in corso. Nel pomeriggio di oggi, intanto, è in programma a Bari una riunione di maggioranza per cercare la convergenza sui nuovi nomi: sembra scontata la rimozione dell’assessore alla Salute Rocco Palese (forse in favore del ritorno del francavillese Pier Luigi Lopalco) e di Gianni Stea (assessore al Personale), due delle figure politiche che Schlein ha definito “transfughi del centro-destra”, per i quali, sempre secondo la segretaria, “non può esserci posto in una giunta di centro-sinistra”.
Marina Poci
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