di Elena Giuliano per IL7 Magazine
In questi tre giorni senza telefono ho perso 30 milioni, però stanotte ho dormito da Dio”. Sembra la perfetta sintesi della impeccabile storiella di redenzione dopo una punizione esemplare. Tutto molto bello (e banale) fino a che scopriamo che non sarà affatto così.
Il nuovo film di Daniele Luchetti, “Io sono tempesta” prende infatti spunto dalla condanna inflitta a Silvio Berlusconi che avrebbe dovuto praticare un anno di servizi sociali. Numa Tempesta, in questo caso, interpretato da Marco Giallini, è però un anonimo uomo d’affari, un finanziere dal fiuto e dalle spiccate capacità di convincimento, che molto spesso coinvolgono ingenti premi in denaro, capace di costruire una città intera in pochi giorni e nel bel mezzo della chiusura di un progetto finanziario in Kazakistan. Fin qui, uno dei nostri tanti eroi contemporanei.
Unico intoppo al successo della sua ennesima fatica è una piccola, insignificante condanna per frode fiscale che, dopo una attenta analisi dei suoi 3 avvocati, dovrà essere espiata con un periodo di un anno di collaborazione in un centro di accoglienza.
Da qui in poi empatia è la parola più usata nel film, tanto da non essere esercitata nemmeno per un momento dal “povero” Numa che, anche in questo caso approfitta della eccessiva fragilità dei suoi compagni di avventura come meglio gli riesce, per avere un’assoluzione accelerata.
Il film è diviso in capitoli, diverse fasi suddivise da un titoletto che le precede, che però non sono progressive: cioè, non portano a una svolta così grande e inaspettata come si potrebbe pensare. Insomma, lo st***zo rimane st***zo, senza se e senza ma.
I suoi nuovi amici, nonché forse gli unici, sono infatti gli ospiti del centro di accoglienza, persone provenienti dalle più disparate situazioni di disagio economico e fisico che minano a loro volta quel famoso principio dell’empatia tanto decantato. Si può dire sicuramente che la ricostruzione è delle più verosimili. Numa infatti, li assolda per impegnarsi nello scrivere un rapporto finale più che positivo su di lui, attribuendogli pregi e risultati del tutto discutibili. In cambio cene a 5 stelle lusso e un tuffo nella piscina privata.
“Impara l’arte e mettila da parte” si direbbe. Infatti, la compagnia farà tesoro di tutti gli amorali precetti del loro nuovo mentore, per trasformarli in guadagno. La mente di tutto è Bruno (Elio Germano), un padre caduto in disgrazia che cerca in tutti i modi di mantenere il figlio tra scuola e la ricerca di un alloggio dignitoso dove sistemarsi. Non è un tipo stupido anzi, a dispetto della sua dubbia capacità oratoria è un furbo, è fatto della stessa pasta di Numa e ne ricaverà tutti i benefici del caso (e anche un pigiama in seta). Ma, come tutti anche il nostro eroe ha qualcosa di sopito dentro di sè e per troppo tempo celato dietro ai sorrisi finti di un ricco uomo d’affari. Ciò che non lo fa dormire la notte è infatti il pensiero di suo padre, un uomo che ha saputo solo demolirlo nella sua infanzia e per cui, dice, non prova nessun tipo di sentimento se non un profondo odio e rancore.
Alla fine del film, nessuno si sentirà più buono, casomai il contrario. Ognuno di noi avrà la sensazione di essere, in fondo tutti facilmente corruttibili e approfittatori. Alla fine della fiera siamo tutti un po’ Tempesta.