La XXI rassegna internazionale di musica antica prosegue lunedì 27 agosto, alle ore 21, nella appropriata cornice del Castello Dentice di Frasso di Carovigno, con il programma «La musica delle terre», un viaggio tra le note dell’ensemble «La Confraternita de’ Musici» che esplora un mondo di memorie fatto di moresche, balli municipali, ground inglesi e partite su melodie tradizionali.
Il progetto dell’ensemble nasce dalla ricerca di brani e dal successivo confronto tra la musica delle diverse aree del mondo con quella del territorio. Il repertorio non si accosta mai all’ambiente folkloristico, anzi, ne prende le distanze salvando solo la genuinità delle linee melodiche popolari e offrendo spunti che preludono al rinnovamento della cosiddetta musica colta.
Il punto d’incontro tra le esperienze “colte” e quelle “popolari” tra Seicento e Settecento sta nell’intreccio danzante delle linee melodiche cristallizzate dopo anni di trasmissione orale. All’epoca, in assoluta mancanza di qualsiasi forma di originalità della creazione artistica, chi praticava la musica “alta” colse l’opportunità offerta dalla musica più “bassa”, popolare, di utilizzare un linguaggio capace di aggirare il pericolo dell’esercizio intellettuale.
D’altro canto, la musica popolare è corsa in soccorso a quella colta in ogni epoca. È avvenuto per la polifonia medievale, per la musica strumentale che ha cominciato a muovere i primi passi riprendendo le danze in voga. Ne sono stati influenzati Mozart, Beethoven, Schubert, Chopin, Mendelssohn, Čajkovskij, Stravinskij, Debussy fino alle contaminazioni del jazz con le danze sudamericane.
C’è poi chi rifiuta ogni preconcetta distinzione. Perché in fondo tutta la musica è popolare, nel senso che non può essere trasmessa o avere significati al di fuori dei rapporti sociali. La Scuola Napoletana abbatte gli steccati, ricuce le categorie, tratta la musica come una fioritura perenne e variopinta che copre lo stesso terreno: in quanto fatto sociale, ogni musica esprime valori, significati, emozioni, idee della cultura a cui appartiene, e le culture – tutte le culture – sono diverse, ma hanno pari importanza.
E così le nostre tradizioni affondano nel portato straordinariamente policromo delle civiltà, dalle moresche, danze di origine araba importate in Europa dagli spagnoli, ai ground inglesi, dai balli municipali italiani – come i balli di Mantova, della Bergamasca e di Firenze – alle ciaccone, un tipo di danza di non chiara origine ma con elementi in comune con quella spagnola e sudamericana. Tutto va a confrontarsi con le tarantelle e con quella linea melodica che ha caratterizzato il Seicento musicale salentino: come l’«Antidotum tarantolae» recuperata dall’abate gesuita Athanasius Kircher, che nel 1630, a margine di un viaggio nel Sud Italia, trascrisse il ritmo di un’antica danza pugliese, la «pizzica», ballata dalle donne morse dalla tarantola per guarire dal veleno e dal maleficio di cui si credevano vittime.
Ensemble La Confraternita de’ Musici
Cosimo Prontera direttore al cembalo
Raffaele Tiseo violino
Nicola Zaccaria flauti a becco
Vito Stano violoncello
Maurizio Ria violone
Giuseppe Petrella tiorba e chitarra barocca
Vicenzo Galiani percussioni