
Di Alessandro Caiulo per il numero 371 de Il7 Magazine
Come è ormai noto, c’è anche Brindisi fra le 17 località che, dando seguito alla dichiarazione di intenti manifestata prima dell’estate, hanno effettivamente presentato la proposta progettuale, ufficializzando anche dal punto di vista formale la propria candidatura a Capitale italiana della Cultura 2027, tre, invece, sono quelle che hanno abbandonato la competizione per strada (Fiesole, Loreto Aprutino e Massa)
Si tratta di una iniziativa che fu istituita, una tantum, dal Ministero della Cultura nel 2014 per premiare ex equo le cinque città “eliminate” nel corso dell’iter che portò alla designazione di Matera come Capitale Europea della Cultura 2019: una sorta di contentino per valorizzare l’impegno, la creatività e la qualità dei dossier presentati anche dalla altre nostre località finaliste. Fu così che furono proclamate capitali italiane della cultura per l’anno 2015 Cagliari, Perugia, Ravenna, Siena e Lecce a cui, ricordiamo, Brindisi, fra non poche polemiche, cedette il passo ritirando la candidatura per appoggiare quella del capoluogo salentino.
Il Ministro della Cultura dell’epoca, Dario Franceschini, forte del consenso anche mediatico ottenuto, decise di istituzionalizzare e regolamentare, sulla falsa riga della competizione continentale, anche quella nazionale, con candidature autonome del tutto indipendenti rispetto a quelle europee, e fu così che fu assegnato il titolo italiano per il 2016 a Mantova, a Pistoia per il 2017, a Palermo per il 2018, nel 2019 il titolo nazionale non fu assegnato in quanto vi era già Matera come Capitale Europea della Cultura, fu Parma ad essere designata nel 2020 mentre, a causa dell’emergenza Covid, il titolo restò vacante, per il 2022 la vittoria andò a Procida, per il 2023 all’accoppiata lombarda Bergamo-Brescia, per il corrente anno la capitale è Pesaro (che ha battuto in finale, fra l’altro, la concorrenza di Mesagne, poi nominata Capitale Regionale della Cultura della Puglia), mentre nel 2025 il titolo sarà di Agrigento e nel 2026 de L’Aquila.
Va detto che Brindisi, con il suo motto “navigare il futuro”, non l’unica località pugliese in lizza per il 2027, ma vi sono anche Gallipoli “La bella tra terra e mare” e Alberobello che, con il nome “Pietramadre”, abbandonando in quest’occasione la Valle d’Itria, si pone come capofila di un territorio, tutto barese, completato dai comuni di Polignano a Mare, Castellana Grotte e Noci.
Oltre a quello messapico, vi sono altri capoluoghi di provincia a competere per l’ambizioso titolo: La Spezia con “Una cultura come il mare”, Reggio Calabria con “Cuore del Mediterraneo”, Savona con “nuove rotte per la cultura” e Pordenone con “Città che sorprende”.
Curiosamente tutte le altre candidate sono tutte cittadine meridionali, alcune sconosciute, altre di grande richiamo, e non vi è alcuna candidatura proveniente dal Centro Italia. Le riportiamo in ordine alfabetico, accompagnate dai loro motti: Acerra (NA) “I Segreti di Pulcinella”, Aiello Calabro (CS) “Ajello terra antica et grossa et nobile et civile…”, Aliano (MT) “Terra dell’altrove”, Caiazzo (CE) “La bellezza delle piccole cose”, Mazzarino (CL) “Mazaris, il grano e le identità plurali”, Morano Calabro (CS) “Le Quattro Porte del Sapere. Un Viaggio tra Cultura, Scienza, Natura e Spiritualità”, Pompei (NA) “Pompei Continuum”, Sant’Andrea di Conza (AV) “Incontro tempo”, Santa Maria Capua Vetere (CE) “Cultura Regina Viarum – Spartacus Resurgit” e Taverna (CZ) “Bellezza interiore”.
Obiettivo della manifestazione è quello di promuovere progetti e attività di valorizzazione del patrimonio culturale italiano, sia materiale che immateriale, attraverso una forma di confronto e di competizione tra le diverse realtà territoriali, incentivando così la crescita del turismo e dei relativi investimenti. Nei prossimi due mesi sarà una giuria composta da sette esperti indipendenti a valutare i dossier delle 17 candidate, esaminando il progetto culturale della durata di un anno, comprensivo di un dettagliato crono-programma e con la specificazione puntuale delle varie attività previste e che giudicherà anche la sostenibilità economico-finanziaria delle proposte, nonché gli obiettivi perseguiti, in termini qualitativi e quantitativi, e gli indicatori che verranno utilizzati per la misurazione del loro conseguimento: seguirà, entro il 12 dicembre una scrematura che porterà a dieci il numero dei progetti finalisti.
Solo allora saranno calendarizzate le audizioni pubbliche dei responsabili della elaborazione dei progetti, da svolgersi entro il 12 marzo 2025 nel corso delle quali ogni singola località candidata avrà a disposizione trenta minuti per presentare il proprio progetto e per altri trenta minuti sarà sottoposta al fuoco di fila delle domande di approfondimento della giuria che, al termine delle audizioni, indicherà al Ministro della Cultura, in via riservata e con opportuna ed adeguata motivazione il progetto più idoneo e, nei giorni successivi, su proposta del Ministro, il Consiglio dei Ministri, con propria delibera, assegnerà alla città prescelta, il titolo di Capitale italiana della Cultura per l’anno 2027.
La città vincitrice oltre all’ambito titolo di cui potrà fregiarsi, di sicuro richiamo anche dal punto di vista turistico e del ritorno di immagine, anche un contributo da parte dello Stato di un milione di euro che potrà essere di aiuto per la realizzazione degli obiettivi indicati nel progetto di candidatura e trasformare quello che nel dossier era teoria, un programma di azione per mettere in mostra, nel periodo di un anno, la propria ricchezza culturale e attuare le possibilità di sviluppo offerte dalla nomina.
Detto questo ed aspettando con fiducia le successive tappe del percorso che porta alla proclamazione della città vincitrice, cerchiamo di capire su cosa il responsabile del progetto, vale a dire il direttore artistico di origine statunitense, trapiantato in Italia, Chris Torch – il quale è un esperto culturale indipendente, progettista e consulente politico, con una vasta esperienza pratica in materia di coinvolgimento del pubblico, curatela artistica e politica interculturale – ed il suo staff stanno puntando per perorare la causa della candidatura di Brindisi Capitale della Cultura 2027 .
Un indizio chiaro già lo diede lui stesso nelle dichiarazioni rese al momento dell’accettazione dell’incarico: “La sfida per Brindisi non si limita a reinventarsi culturalmente, è un’occasione per ripensare la città nel cuore di una piattaforma innovativa. Da qui è passata tanta storia, le pietre ne conservano la memoria, ma Brindisi ha enormi potenzialità e uno spazio aperto grande quanto il suo porto nel quale far circolare idee e valori positivi. Il mare non è solo un luogo o un orizzonte che abbraccia la città. Il mare è un punto di vista perché ce l’abbiamo dentro. Siamo a un punto della storia nel quale bisogna ispirare il futuro, alimentarlo, accennarlo. L’incrocio tra tecnologia, ambiente e comunità è il design del futuro. La tecnologia non serve solo a digitalizzare l’esperienza culturale, ma deve renderla accessibile trasformando così il modo in cui i cittadini e i visitatori interagiscono con arte e cultura. L’ambiente è altrettanto cruciale: vogliamo che Brindisi sia un laboratorio a cielo aperto per le pratiche sostenibili, nel quale ogni attività dimostri il nostro impegno verso la tutela del patrimonio naturale e la promozione di un futuro ecologico. Infine, la comunità è il fulcro di questo progetto. Ascolteremo attentamente le voci dei cittadini di Brindisi integrando le loro idee e aspirazioni nella visione di futuro sulla quale vogliamo lavorare, quella diretta alla creazione di un ecosistema culturale inclusivo e accessibile, che faccia di Brindisi un modello in scala di una storia che supera i confini della città”.
Da questa visione quasi immaginifica di una città ricca di storia, ma deturpata e vituperata come nessun’altra e che cerca faticosamente di uscire dalla pesante eredità dell’era post industriale per ricoprire un nuovo ruolo consono al suo glorioso passato che era sul mare come sul mare si dovrà costruire il suo futuro, vien fuori l’interpretazione che può essere dato al motto riassuntivo prescelto ed indicato in dossier, vale a dire “navigare il futuro”, ed il suo marchio, vale a dire un faro che nelle fattezze ricorda quello appena restaurato delle Pedagne e, nei colori, richiama il suggestivo bicromatismo geometrico della facciata della chiesa di Santa Maria del Casale, realizzato da PxC (Progetti per Comunicare) di Ceglie Messapica, una società di professionisti che da anni collabora con la Fondazione Nuovo Teatro Verdi, che è specializzata nel campo della progettazione grafica e della realizzazione di prodotti e servizi per la comunicazione dei beni culturali e del paesaggio.
Il tutto è stato presentato pubblicamente nel corso di un incontro alla presenza del Sindaco Marchionna, tenutosi nella mattinata del 9 ottobre presso il tempietto di San Giovanni al Sepolcro, uno dei luoghi simbolo della città in cui spiritualità e cultura, storia ed arte si coniugano alla perfezione, in cui, a sorpresa, ha preso parte anche Luca Word, presidente della Fondazione Nuovo Teatro Verdi che mancava dalla città da oltre un anno, tanto che si era pensato ad un suo disinteresse a continuare a rivestire il prestigioso incarico. La vetrina, giustamente, è stata tutta per Chris Torch che, dopo la dichiarazione di amore per la città e la breve presentazione del dossier inviato al Ministero della Cultura per perfezionale la candidatura di Brindisi con il suo “Navigare il Futuro” a Capitale Italiana della Cultura, ci ha tenuto a ringraziare uno ad uno i membri del gruppo di lavoro che lo hanno coadiuvato nella corsa contro il tempo per rispettare i tempi imposti dal bando ministeriale.
Il faro, scelto come simbolo, ha spiegato, serve a far luce, da tutti i punti di vista, verso il futuro e anche se personalmente avrei preferito la raffigurazione del profilo del Castello Alfonsino, luogo emblematico che la comunità sente come vera fonte di luce, magari, per rimanere in tema, col vecchio faro issato in cima che ancora lo caratterizza nelle cartoline d’epoca, ma se un mago della promozione territoriale come Chris Torch ha optato per un faro stilizzato, anche alla luce della linea logica e poetica che ha seguito per sviluppare l’intero progetto, che ancora nel dettaglio non è dato conoscere, sono certo che ha avuto le sue buone ragioni.
Per il sindaco Marchionna si tratta soprattutto di un’opportunità di uscire dall’era post industriale che per troppo tempo ha caratterizzato la città, pronta a ricoprire un nuovo ruolo ed è per questo che l’elemento cardine della narrazione del territorio, dalle sue bellezze culturali e del paesaggio alla storia fino alla creatività contemporanea, è il mare che confina con un orizzonte più sostenibile, diverso dai profili dell’industria di massa.
Sostenitore convinto della candidatura si era già mostrato, fin da subito, anche Toni Matarrelli, il quale anni fa, con la sua Mesagne, accarezzo a lungo lo stesso sogno e che, a margine di un incontro tenutosi a luglio scorso con Chris Torch e due dei suoi più stretti collaboratori nel progetto – vale a dire Carmelo Grassi, direttore artistico della Fondazione Nuovo Teatro Verdi e Roberto Romeo, responsabile della comunicazione e della promozione dello stessa Fondazione, che assieme a Davide Di Muri, Alessandra Nimis e lo stesso sindaco Pino Marchionna, hanno fatto parte del gruppo di lavoro impegnato nella redazione del dossier – affermò che tale candidatura rappresenta l’ambizione di un intero territorio per cui va sostenuta con l’impegno di ciascuna città della provincia e dello stesso Ente da lui presieduto.
A questo punto, tornando a quanto emerso nel corso della conferenza stampa in ordine alla grave emergenza ambientale e sociale – derivante da decenni e decenni di chimica e carbone – che sta attraversando Brindisi e da cui la città cerca di riemergere, non si può fare a meno di pensare a quello che era ed avrebbe potuto essere ancora la nostra città senza la furia distruttrice e cementificatrice che ha dilaniato e cancellato nella seconda metà del secolo scorso una gran parte del patrimonio monumentale, storico e artistico, frutto del lavoro e dell’ingegno di cento generazioni di concittadini nati e vissuti prima di noi. Mi viene in mente, a questo proposito, il titolo dell’autobiografia che, nel 1981, quando era ancora nel pieno della sua carriera artistica, scrisse il grande Vittorio Gassman, un grande avvenire dietro le spalle” e che ben si addice a quella che da molti viene a torto considerata la Cenerentola di Puglia, per cui proprio navigando il futuro, nell’accezione in cui è suggerito dal motto della candidatura, possiamo riuscire anche riappropriarci della nostra identità smarrita, ritrovare il perduto orgoglio, superare una volta per tutte questa sorta di “sindrome di Calimero” che ci opprime da trent’anni a questa parte fino a soffocare i nostri sogni ed incamminarci, o navigare che dir si voglia, senza zavorre e preconcetti, verso un futuro che è ancora tutto da scrivere e, ancor più, da vivere.
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