Brindisini arcivescovi, a Brindisi e altrove

Nella ormai più che bimillenaria storia della Chiesa, Brindisi è stata presente fin dai primissimi tempi, di fatto fin dalle origini. Dionigi, vescovo di Corinto nel II Secolo, racconta che l’apostolo Pietro, in viaggio dall’Oriente a Roma sotto l’impero di Claudio, quindi tra il 41 e il 54, si sarebbe imbarcato a Corinto e sarebbe approdato a Brindisi, oppure nella vicinissima Egnathia, portando il messaggio evangelico in terra salentina. «Nei primi decenni della predicazione cristiana, il nuovo messaggio per raggiungere Roma quasi certamente passò da Brindisi. Di conseguenza, la nostra città fu, se non la prima meta, almeno la prima tappa occidentale degli evangelizzatori. La sede vescovile di Brindisi può pertanto risalire a una data anteriore alla pace di Costantino ed è probabile che Brindisi sia la sede vescovile più antica dopo Roma.» [O. Giordano, 1970]
Sono stati, infatti, tantissimi – più di cento – i vescovi di Brindisi: 102, per la precisione, quelli dei quali ci è pervenuto il nome secondo la cronotassi ufficiale dell’arcidiocesi, compreso l’attuale arcivescovo Domenico Caliandro e senza computare quei tanti dei quali, probabilmente esistiti nei secoli iniziali della cristianità, non si è tramandato il nome. Eppure, solamente tre, o tutt’al più quattro, di loro sono stati ‘Brindisini’. In compenso, ci sono stati nella storia molti Brindisini vescovi di altre diocesi, e tra di loro ben cinque arcivescovi.
Se pur tradizionalmente si attribuisce a Leucio di Alessandria essere stato il primo vescovo di Brindisi, è possibile che ce ne siano stati anche altri in precedenza, quanto meno uno giacché è documentato che al concilio di Nicea del 325 abbia partecipato, unico vescovo procedente dall’Italia, Marcus Calabriensis, cioè Marco di Calabria, antico nome della regione salentina di cui a quel tempo Brindisi era la città più importante. San Leucio, invece, di cui non è comunque del tutto certa l’epoca in cui visse, dovrebbe essere stato vescovo di Brindisi iniziando il V Secolo e precedendone altri cinque: Leone, Sabino, Eusebio, Dionisio e Giuliano. I primi due, sacerdoti che si sarebbero uniti a Leucio in una delle tappe del suo viaggio a Brindisi e i due seguenti, arcidiaconi partiti con Leucio in quel suo stesso viaggio da Alessandria a Brindisi. Di Giuliano, invece, il primo del quale è formalmente documentata la sua elezione a vescovo di Brindisi in una lettera decretale del pontefice Gelasio I scritta nel 494 e indirizzata al “clero et ordini et plebi Brundusii”, non si conosce la provenienza d’origine.
Poi, per tutto il VI Secolo, la cronotassi brindisina registra una lunga vacanza che, per il 595 e il 601 è certificata da due missive del pontefice Gregorio Magno. Una vacanza che per molto tempo si immaginò essersi addirittura estesa a tutta la seconda metà del Secolo VIII, fino a quando fu vescovo – per trent’anni, dall’865 all’895 – l’oritano Teodosio preceduto da tale vescovo Paolo. Nel 1881 fu invece scoperto a Brindisi, in contrada Paradiso, un sarcofago con l’epigrafe sepolcrale del vescovo Prezioso, morto un venerdì 18 agosto, datato da R. Jurlaro al declinare del VII secolo in probabile coincidenza con la conquista longobarda di Brindisi: l’ultimo vescovo di Brindisi prima del trasferimento della sede episcopale a Oria. Inoltre, G. Carito ha recentemente considerato che i tre vescovi di Brindisi, Proculo Pelino e Ciprio, comunque anteriori a Prezioso, si siano succeduti in sequenza durante quello stesso VII Secolo. Poi, nel 1932, fu ritrovata nei pressi del castello di Oria un’epigrafe dedicatoria citando il vescovo Magelpoto quale promotore della costruzione di una chiesa mariana, attribuita da R. Jurlaro al VII secolo: probabilmente, dunque, il primo vescovo con sede in Oria e comunque il solo conosciuto prima dell’avvento di Teodosio e del suo poco noto predecessore Paolo.
Dopo la morte di Teodosio la successione dei vescovi di Brindisi presenta una lacuna di una cinquantina d’anni fino a Giovanni, che nel 952 fu nominato dal papa di Roma vescovo metropolita di Canosa e Brindisi, residente in Bari come il suo successore Paone, metropolita fino al 993. Parallelamente in Oria risiedeva, riconosciuto da Costantinopoli, il vescovo Andrea, assassinato nel 979. Quindi, da Costantinopoli si nominò Gregorio vescovo di Brindisi, Oria, Ostuni e Monopoli, il quale esercitò il suo presulato dal 987 al 996 dalle sedi di Monopoli e Ostuni. Nel 996 lo seguì Giovanni, che fu il primo ad essere elevato dal patriarca di Costantinopoli alla dignità di ‘arcivescovo’ di Oria e Brindisi, e sia lui che i suoi successori, Leonardo, Eustachio e Gregorio, continuarono a risiedere in Oria fino al quinto arcivescovo Godino, il numero 23 della cronotassi, che nel 1098, obbedendo alle reiterate intimazioni del papa Urbano II, finalmente riportò – dopo quattro secoli – la sede episcopale a Brindisi, dov’è rimasta ininterrottamente fino ad oggi, con Caliandro arcivescovo numero 102 della cronotassi.
Quali dunque, i soli quattro Brindisini ad essere stati nominati arcivescovi di Brindisi? Proculo nel VII Secolo, Bernardino Scolmafora nel 1529, Giovanni Carlo Bovio dal 1564 al 1570 e Settimio Todisco dal 1975 al 2000.
Sul primo, Proculo, causa l’antichità dell’epoca in cui visse, sono pochissime le notizie pervenute e, tra l’altro, sussiste anche qualche dubbio sulla sua effettiva origine brindisina. Ecco quanto su di lui scrive G. Carito, 2007: «Venerato come beato, secondo l’Ughelli sarebbe stato ‘romano di nazione’; diversamente, Guerrieri lo ritiene brindisino “ma di famiglia romana qui stabilitasi e che il suo nome fosse stato di A. Proculo – Aulo Proculo – ma che per incuria degli amanuensi siasi scritto Aproculo. Infatti, in una lapide sepolcrale qui esistente, tra gli altri nomi su di quella scolpiti si legge PROCULUS V. A.”. Le poche notizie che si hanno su questo vescovo si ricavano dalla biografia di San Pelino, suo immediato successore. Proculus, ‘jam aetate grandaevus’ avrebbe designato Pelino quale suo successore recandosi con lui a Roma ad ottenere conferma della nomina. Sulla via del ritorno, dopo dodici anni di episcopato, sarebbe stato colto da morte e sepolto a poca distanza da Anzio.»
Bernardino Scolmanfora, invece, non riuscì neanche ad insediarsi come arcivescovo di Brindisi – di fatto non è compreso tra i 102 della cronotassi ufficiale – giacché, quando nel 1529 il papa Clemente VII lo nominò arcivescovo di Brindisi come premio alle sue virtù e alla sua dottrina, non fece in tempo a prendere possesso della sua sede arcivescovile, perché fu colto da morte improvvisa in Castro, dov’era vescovo. Bernardino era nato nel seno di una delle famiglie brindisine più importanti dell’epoca e, intrapresa fin da giovane la carriera ecclesiastica, era stato vicario generale di Taranto e poi vescovo di Lavello, ove dimorò fino al 19 gennaio 1504 quando, appena passato il regno di Napoli sotto la Spagna del re Ferdinando il cattolico, venne trasferito dal nuovo papa Giulio II al vescovato della Chiesa di Castro e da lì, il dotto vescovo Scolmafora, intervenne al Concilio di Laterano V, indetto da Giulio II e celebrato tra il 1512 e il 1517 da Leone X.
Giovanni Carlo Bovio nacque a Brindisi il 5 gennaio 1522, figlio di Andrea, nobile bolognese e di Giulia Fornari, nobile brindisina. Fu mandato a Bologna presso i parenti paterni per frequentare l’università. Laureatosi con lode in diritto, andò a Roma dove abbracciò lo stato ecclesiastico e si dedicò allo studio della teologia e delle lingue classiche e orientali. Fu arcidiacono della cattedrale di Monopoli e nel 1557, sotto il pontificato di Paolo IV, venne nominato vescovo di Ostuni, succedendo allo zio paterno Pietro Bovio. Nel 1562 partecipò, distinguendosi non poco, ai lavori del Concilio di Trento indetto da Pio IV e il 21 giugno 1564 fu nominato arcivescovo di Brindisi e Oria dallo stesso papa. Nel 1565, arcivescovo appena insediato, visitò tutta la diocesi e quindi diede formali disposizioni, con ordinamenti e sante prescrizioni, per riformare e stabilire la morale e la disciplina – tutte cose che rilevò essere alquanto carenti – tra il clero della diocesi. Nel 1566 chiamò a Brindisi i Padri Cappuccini, che costruirono il loro convento nei pressi dell’attuale chiesa della Pietà, e nel 1568 concesse ai Minori Osservanti di San Francesco la chiesa di Santa Maria del Casale. Ebbe poi qualche disavvenenza con gli amministratori della città per motivi, in principio, futili – una questione di vino – e cominciò a prediligere con sempre più frequenza dimorare in Oria, dove edificò un nuovo palazzo vescovile a sue spese, vi trasferì la sua cattedra, e finalmente vi dimorò in permanenza. Il crescere, su sollecitazione veneziana, della produzione viti-vinicola e, successivamente, il venir meno dei mercati d’esportazione nel levante e la conseguente necessità di riversare in città le eccedenze, resero troppo zelanti nell’applicazione del privilegio i responsabili della civica amministrazione i quali ruppero nella piazza alcuni vasi di vino che l’arcivescovo fece venir da fuori per uso personale. L’arcivescovo Bovio morì ancora abbastanza giovane a Ostuni nel settembre del 1570, e per sua esplicita volontà, fu sepolto a Oria. A Brindisi non pochi coltivarono un certo rancore nei suoi confronti, e così: «Alla morte di questo benemeritissimo arcivescovo, sebbene in Brindisi, per l’insolenza e la nequizia di pochi, si fossero suonate le campane a festa, pure da tutti gli onesti cittadini e dal pubblico magistrato s’intese col massimo dolore; e gli si celebrarono solenni funerali.» [V. Guerrieri, 1846]. Certo è, comunque, che Bovio arcivescovo di Brindisi e Oria, dalla sua nuova sede in Oria, si dedicò per anni a resuscitare e sostenere alacremente le mai del tutto sopite aspirazioni del clero oritano alla supremazia sulla chiesa di Brindisi.
E dovevano trascorrere quattro lunghi secoli prima che un altro Brindisino fosse elevato alla Cattedra brindisina: Settimio Todisco, nato a Brindisi il 10 maggio 1924 – ordinato presbitero il 27 luglio 1947, ordinato vescovo titolare della spagnola Chiesa di Bigastro il 15 dicembre 1989 e vescovo di Ostuni il 15 febbraio 1970 – fu promosso dal papa Paolo VI arcivescovo di Brindisi il 24 maggio 1975 e dopo 25 anni di presulato, il 5 febbraio del 2000, per raggiunti limiti d’età, divenne emerito arcivescovo. Giovanissimo studiò nel Seminario diocesano di Ostuni ed in quello regionale di Molfetta. Fu poi docente e vicedirettore nel Seminario di Ostuni, dove insegnò religione nelle classi del ginnasio, e nell’ottobre del 1950, trasferito il Seminario nella rinnovata sede di Brindisi, con la nomina di rettore, tornò nella sua città natale. Settimio Todisco, amatissimo pastore e uomo riservatissimo, è il vescovo numero 100 della cronotassi ed è stato l’ultimo arcivescovo di Brindisi a ricevere il Sacro Pallio della diocesi metropolitana nonché, al contempo, dal 30 settembre 1986, il primo ad essere stato arcivescovo della nuova arcidiocesi di Brindisi-Ostuni.
Tocca adesso raccontare dei tanti Brindisini che nella storia della Chiesa sono stati vescovi di altre diocesi, ed in particolare di cinque di loro, che sono stati nominati arcivescovi: Bartolomeo Pignatelli, Giovanni Granafei, Alberto Capobianco, Domenico Guadalupi e Giuseppe Satriano.
(1 – Continua)