Capitale della Cultura 2027: il dossier Brindisi non passa

Di Alessandro Caiulo per il numero 394 de Il7 Magazine
Brindisi deve mestamente riporre nel cassetto i sogni di gloria coltivati per qualche mese: il verdetto reso, addirittura all’unanimità, dalla giuria, reso noto in diretta streaming dal Ministro della Cultura, che raccomanda come capitale italiana della cultura 2027 Pordenone, non lascia spazio ad equivoci di sorta, per cui onore alla città vincitrice che con il suo progetto “Città che sorprende”, ha davvero sorpreso un po’ tutti, aggiudicandosi l’ambito titolo che anche nelle casse del comune vincitore porta appena un milione di euro, comporta un ritorno di immagine non indifferente, da spendere anche in chiave di attrattività turistica.
Obiettivamente ci si era un po’ tutti illusi che il nostro passato, a tratti glorioso, sicuramente più importante di quello di Pordenone e di altre città concorrenti, i nostri castelli, le nostre chiese, i nostri monumenti, segni inequivocabili di una grandezza antica, potessero essere sufficienti, uniti alla destrezza di un abile direttore artistico come Chris Torch, a far pendere dalla nostra parte la bilancia e, invece, non solo nessuno dei giurati ha optato per il progetto “Navigando il Futuro”, ma leggendo la rassegna stampa degli organi di stampa friulani veniamo a scoprire che gli addetti ai lavori ritenevano che solamente Reggio Calabria, Pompei e La Spezia, erano considerati validi concorrenti e, a dirla tutta, nessuno, al di fuori dell’ambito regionale, ha preso seriamente in considerazione la candidatura di Brindisi.
Oltre alla delegazione brindisina, guidata dal sindaco Pino Marchionna, anche le altre due realtà pugliesi finaliste, cioè Alberobello con il progetto “Pietramadre”, che aveva coinvolto anche i comuni di Castellana Grotte, Noci e Polignano a mare, e Gallipoli con il progetto “la bella tra terra e mare”, tornano da Roma con le pive nel sacco.
Tornando a noi, si è trattato di un bel bagno di umiltà per tutti, anche perché sulla grandezza del passato non ci sono dubbi, come è dimostrato da tremila anni di storia, che non può riassumersi solo nella luce riflessa dell’antica Roma o nel terminale della via Appia o nel luogo dove Publio Virgilio Marone, resuscitato dall’Intelligenza Artificiale, ha tirato le cuoia, ma è stata ben altro e ben di più, per cui il problema sta probabilmente nella pochezza del presente e nella fumosità del futuro: una nebbia che, evidentemente, non si è riusciti a far diradare per far breccia sulla giuria.
Anche se non sarà mai possibile scoprirlo, magari, se ci fosse stata una maggiore azione di coinvolgimento e di ascolto di chi non solo in città ci vive, ma anche che la città la vive nella sua quotidianità, il tutto condito da una più approfondita conoscenza del territorio, si sarebbe potuto dare un respiro più ampio al progetto, più in linea con quella che è l’anima della città, i suoi sogni e le sue aspirazioni che non possono essere certamente i pannelli fotovoltaici sulla diga e le pale eoliche ad ogni piè sospinto, mentre, ad esempio, una monumento identitario, quale è il faro di Punta Riso, sull’Isola di Sant’Andrea, preso addirittura come immagine simbolo nella cartellonistica della candidatura, si trova ad essere semidiroccato, invaso di spazzatura e, addirittura, con grossi pezzi staccatisi agli inizi degli anni novanta, nel corso dei lavori per la costruzione della diga foranea, che giacciono ancora per terra ai suoi piedi, nell’indifferenza più totale di chi dovrebbe prendersi cura di esso.
Ecco, forse è solo da questo punto di vista che il Faro “dirupato” di Punta Riso può assurgere a simbolo, ma non di Brindisi capitale della cultura, bensì dell’incuria, dell’accidia e del torpore.
Non si può non pensare, in questo frangente, anche a come è caduto nel dimenticatoio il famoso Museo del Mare che doveva sorgere nella Batteria Menga, nel pieno del Parco del Serrone e per cui si sono spesi un bel po’ di soldi pubblici e di cui non si sa più nulla se non che il cantiere è abbandonato senza che i lavori siano mai finiti e per cui il Comune paga anche la guardiania.
È evidente che, stante la situazione di estremo degrado che chiunque può andare a constatare di persona, non si può guardare con ottimismo, nemmeno alla riqualificazione del Collegio Navale Tommaseo e dell’Isola di Sant’Andrea, per cui le famose interlocuzioni con le realtà locali, a caccia di idee realizzabili, affidate ad una società piemontese che poco o niente conosce del nostro territorio, sembra proprio che non abbiano colto nel segno, proprio per mancanza di effettivo coinvolgimento di chi la città la ama, la conosce e la vive.
“Cati Piru ca ti mangiu”, recitava trenta e più anni fa il compianto Ennio Masiello, uomo di grande cultura, già Sindaco di Brindisi e Senatore della Repubblica, che della città è stato anche un acuto osservatore, ed è tale poesia, che ho avuto la fortuna di sentire piò volte dalla voce dell’autore, che mi risuona nella testa ogni volta che mi vengo a scontrare con il muro di indifferenza e levantina apatia, in salsa fatalista, di chi potrebbe far qualcosa di buono ed utile per la collettività, ma non la fa o per scelta o per pigrizia.
Certamente il milione di euro messo in palio il Ministero e che verrà erogato alla Città vincitrice, sarebbero stati meno di una goccia nell’oceano per le necessità di Brindisi, ma il titolo di Capitale della Cultura 2027, oltre al citato ritorno di immagine che ne sarebbe derivato ed ai riflettori accesi sulle bellezze monumentali e paesaggistiche del nostro territorio avrebbe rappresentato anche un motivo di sano orgoglio campanilistico.
Che dire ancora? Onore al merito a Pordenone, una cittadina di cinquantamila abitanti di cui, sinceramente, conosciamo ancora davvero poco, ma il cui dossier, a sentire le motivazioni della sua scelta da parte della giuria presieduta da Davide Maria Desario è stato convincente sotto tutti i punti di vita ed ha proposto un modello di valorizzazione culturale innovativo e inclusivo capace di coniugare tradizione e contemporaneità, con un approccio strategico che ha mirato a rafforzare l’identità del territorio attraverso progetti che intrecciano patrimonio storico, arti visive e partecipazione attiva della comunità ma soprattutto, valutando il dato economico-finanziario in coerenza al bando, la strategia di investimento si è dimostrata solida e coerente con gli obiettivi, per cui il giudizio è stato, all’unanimità, eccellente.