Spesso l’ho sentito nei film americani. Preparare una lista di cose da fare prima di… sposarsi, operarsi, cambiare vita, andare in pensione, defungere. Io ho pensato di stilare un elenco senza stabilire il dopo. Tanto, finché non passa questo periodo, siamo piuttosto condizionati nel programmare il tempo di realizzazione dei desideri. Di solito, non so perché, una delle voci sempre presenti è lanciarsi con il paracadute. Sarebbe piaciuto anche a me, in altri tempi. Ora non so. Non è solo per la difficoltà di trovare un paracadute abbastanza resistente da reggere il mio peso, ma perché l’atterraggio non è proprio una passeggiata e finirei certamente per rompermi una gamba, se non tutte e due. Anche scomodando i Vigili del Fuoco con quegli enormi materassi pieni di aria per attutire la caduta, dovrei avere garanzia di centrarli. Troppe variabili. Così ho pensato di ovviare con una, diciamo così, formula casalinga. Trovo uno di quei filmati girati da qualche spericolato con videocamera piazzata in fronte, che mostra l’avvicinarsi in velocità dell’incontro con il suolo. Mi piazzo il ventilatore sparato in faccia e, con il cellulare fra le mani, posso provare l’ebbrezza del volo stando comodamente distesa a pancia in giù sul letto. E il primo c’è. Alterno lo sport con qualcosa di culturale. Vorrei finalmente riuscire a leggere l’Ulisse di Joyce.
Quando l’ho comprato, moltissimi anni fa, aveva una parafrasi in allegato. Avrebbe dovuto allertarmi il fatto che il testo di spiegazioni fosse più voluminoso del romanzo stesso, ma, allora, l’amore per la lettura aveva prevalso. Non sono mai riuscita ad andare oltre le due pagine. Per fortuna, su internet posso trovare una sintesi stringata e vantarmi di aver adempiuto alla missione. Conoscere Brad Pitt. Certo, avrei voluto fare molto di più che limitarmi ad una stretta di mano. Ma questo sarebbe stato inverosimile persino ad una più verde età e con forme meno abbondanti. Ora che si è fatto stagionato anche lui, un Photoshop che ci vede casualmente vicini in una trafficata strada newyorkese è fattibile. Il tempo di un selfie, che nessun vip nega mai a nessuno. Lo sanno tutti che ho viaggiato tanto. E se qualcuno dovesse dubitare, potrei sempre dire che ho dimenticato di informarlo del fantastico fine settimana trascorso negli States, quando si potrà fare di nuovo. E, col viaggio, anche se inventato, siamo a quattro. Una prima alla scala. Per fortuna ci ha pensato la Rai, causa covid. Seduta in prima fila e gratis. Senza abito lungo e tacchi. Pantofole e sandwich. Avrei preferito patatine fritte e popcorn, ma troppo rumore di mandibole avrebbe disturbato gli altri spettatori, se pur immaginari. Voilà. Il tuffo di Capodanno alla conca.
Non è colpa mia se proprio quest’anno, dopo essermi allenata per mesi lanciandomi a coffa sul letto, l’evento è stato annullato. Lo smarco uguale. Trascorrere la miglior Vigilia di Natale di sempre. Solo io, Dan Aykroyd, Jamee Lee Curtis e Eddie Murphy. La poltrona, però, l’ho tenuta solo per me. Potrei aggiungere far fuori un panettone da sola. Ma è un desiderio troppo facile da realizzare. Avrebbe più senso costringermi a “non” farlo. Purtroppo, le dieci cose non prevedono sacrifici, solo soddisfazioni. Sono arrivata a sette e sono già in difficoltà. Perché l’elenco deve comprendere cose fattibili, non utopie come vincere un sacco di soldi alla lotteria. O riuscire a fare il giro dell’isolato di corsa, cosa che, per me, avrebbe la stessa valenza di un miracolo di San Gennaro. Forse dovrei decidermi a scrivere qualcosa di più corposo di un racconto. Ma, come ho letto da qualche parte, ogni scrittore ironico ha voglia di cimentarsi in un mattone strappalacrime e io non sfuggo a questa regola. E se una tragedia deludesse chi ha la pazienza di leggere le mie stupidate? Del resto, il desiderio è mio, non di altri. Una volta racchiuso in copertina il prossimo “Via col Vento” o “Dottor Zivago” o “Il nome della rosa”, mi sono sempre piaciuti i gialli, non mi resterebbe che scegliere l’ospitata televisiva. Un programma culturale in linea con i miei interessi o una pacchianata nazional popolare? Bel dilemma. “Quante storie” di Giorgio Zanchini o la Barbara D’Urso? Sarei curiosa di sapere se le luminarie di Santa Mediaset riuscirebbero a trasformare anche me in una strafiga senza tempo. Magari con qualche chilo di meno. Li metto entrambi, tanto valgono come unica voce.
Mi resta l’ultimo. Potrei imparare a suonare il violino. Ma ho troppo affetto per i miei vicini e solo a vedere la curva del collo sullo strumento mi scricchiola la cervicale. Guidare una Ferrari. Non mi interessa. Conoscere qualche asso dello sport. Meno che meno. Pace nel mondo e lotta alla fame lo lascio ad altri. Provo a fare un rapido riassunto della mia vita per essere sicura di fare la scelta giusta. Ho una famiglia strampalata, ma poteva andarmi peggio. Nipoti di sangue e di affetto. Una caterva di persone che continuano a garantirmi la loro amicizia nonostante me. Una casa da accumulatrice seriale, un balcone sul mare. Ho perso un lavoro che mi piaceva per sceglierne uno che mi soddisfa molto di più. Un iPad e una buona connessione. Un lettone tutto per me. La tessera della biblioteca. Fantasia e qualche piacevole ricordo d’amore. Ho sciato e veleggiato. Cavalcato nel deserto su un cammello.
Fatto snorkeling con i barracuda. Ho visto vari pezzi di mondo. Rimpianti? Nessuno. Non è che non ci siano cose che mi piacerebbe cambiare, ma ritengo che non valga la pena pensare a ciò che poteva essere, meglio concentrarsi su quanto ci può accadere oggi. Ho deciso.
Il punto dieci lo lascio vuoto. Mi riservo di riempirlo con un desiderio di domani. Oppure no, esagero. Se il prezzo dei biglietti scende, prenoto un viaggio nello spazio. E se non facessi in tempo a salire su una Ryanair intergalattica, una versione in 3D di Startreck andrebbe bene lo stesso.