Ieri pomeriggio, 27 giugno, a Roma, presso l’Associazione Stampa Estera sita a Palazzo Grazioli, nell’ambito della quarta edizione del workshop “Puglia a Way of Life”, in cui si sponsorizza il modello di successo turistico-culturale della regione raccontando sinergie, progetti e risultati raggiunti, il presidente della rete di imprese pugliesi Micexperience Pierangelo Argentieri ha presentato “G7 – Sette secoli di arte italiana”, fino al 30 novembre al Castello Normanno Svevo di Mesagne.
L’evento è stato molto seguito sia in presenza (gremita era la sala conferenze) che online (moltissime sono state le persone connesse in diretta streaming).
La mostra mesagnese, curata del professor Pierluigi Carofano e organizzata, nell’ambito del Protocollo d’Intesa Puglia Walking Art, dalla rete di imprese Micexperience, con enti promotori il Comune di Mesagne e la Regione Puglia in collaborazione con il Ministero della Cultura, consta di un corpus di cinquantuno opere di pregio spalmate su un arco temporale che va dal XIV al XX secolo, prese in prestito da collezioni private, così come da autentici templi dell’esposizione, ad esempio la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, il Museo di Trento e Rovereto, le Gallerie Nazionali di Perugia e Bologna, la Pinacoteca Metropolitana di Bari, l’Opera del Duomo di Siena, la Pinacoteca Nazionale Senese e l’Accademia di Belle Arti di Carrara.
Nel corso del suo intervento, Pierangelo Argentieri ha sottolineato come l’aver portato a Mesagne capolavori pittorici e scultorei di tale caratura sia il risultato della sinergia tra il lavoro delle istituzioni pubbliche, a livello territoriale, regionale e centrale, e l’iniziativa privata, capace di intercettare investimenti e di mettere a sistema strutture e capitale umano di valore.
“G7 – Sette secoli di arte italiana” è viaggio tra i secoli descritto per aree cronologiche che finiscono necessariamente per diventare tematiche: “Gli albori dell’arte italiana”, “Il primo Rinascimento”, “Verso la maniera moderna”, “Il Seicento: Naturalismo Classicismo e Barocco”, “Il Neoclassicismo e il gusto per l’antico”, “L’Ottocento. Citazioni letterarie e rappresentazioni del vero” e, infine, “Il Novecento, un secolo di sperimentazioni”, in cui è collocata l’unica opera di artista vivente esposta nella mostra, “Il bacio” di Roberto Ferri, il pittore tarantino le cui opere, pervase di una chiara aura caravaggesca, già erano presenti nell’allestimento dello scorso anno, dedicato per l’appunto al genio lombardo del Seicento e ai suoi contemporanei.
Degni di nota appaiono, tra i tanti capolavori, “L’angelo annunciante” di Pietro Perugino (maestro di Raffaello), proveniente dallo splendido Polittico di Sant’Agostino custodito nella Galleria Nazionale dell’Umbria; la versione Cheramy de “La Vergine delle rocce”, una delle tre versioni dell’opera, dipinta da Leonardo insieme a un suo collaboratore, probabilmente Giovanni Antonio Boltraffio o Marco d’Oggiono (le altre due sono custodite al Musée du Louvre di Parigi e alla National Gallery di Londra); “Il miracolo degli impiccati”, unanimemente attribuito ad un Raffaello appena diciannovenne, ritenuto parte della predella della pala dell’”Incoronazione di San Nicola da Tolentino”, composta da tre tavole che dovevano raffigurare scene della vita del santo; “L’ingresso del Canal Grande con la veduta della chiesa della Salute”, di Giovanni Antonio Canal (detto il Canaletto), per la prima volta in mostra grazie alla magnanimità del proprietario Roberto Parenza Angeli; il “Ritratto dell’Infanta Eulalia di Spagna”, di Giovanni Boldini, che arriva direttamente dal museo ferrarese che porta il nome del celebre ritrattista della Belle Époque.
E poi Ludovico Carracci, Lorenzo Lotto, Pino Pascali, Giovanni Fattori, Alberto Burri, e ancora opere attribuite a Mattia Preti, Guido Reni, Salvator Rosa, Francesco Fracanzano, Artemisia Gentileschi.
Marina Poci
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