Galateo a tavola – Racconti al balcone

Il bambino prese l’ennesimo chicco di riso pescandolo dal piatto di minestra, lo poggiò sul bordo del bicchiere di Milena, tuffò le dita unte nell’acqua e poi se le asciugò sulla tovaglia. Ammirò la sospensione che si era creata nel bicchiere, lo sollevò e lo offrì alla ragazza. Milena lo allontanò gentilmente, con un sorriso tirato. Si era pentita subito di aver accettato quell’invito a cena dalla sorella di Augusto. “Lo sai che vive negli States” l’aveva pregata, “viene una volta all’anno se ci riesce e non vedeva l’ora di conoscerti”. Milena non capiva perché. In fondo conosceva Augusto da un paio di mesi e, per quanto filassero d’amore e d’accordo, non le sembrava ancora il momento giusto per queste presentazioni ufficiali. La futura “presunta” cognata, poi, era titolare di una prestigiosa cattedra di Psicologia dell’Età Evolutiva, aveva pubblicato un paio di libri sull’argomento ed era spesso ospite di trasmissioni televisive. Niente a che vedere con la segretaria di uno studio legale, costretta a dare del lei ossequioso ai titolari e ai clienti. Anna era una donna alta ed elegante, con un tailleur impeccabile, il classico filo di perle al collo e mezzo chilo di oro intorno al polso. Milena si era vergognata dell’abitino di cotone stampato e dei cerchi da zingara alle orecchie e aveva silenziosamente odiato Augusto che le aveva garantito il carattere informale della cena.
Come facesse ad avere un’immagine così perfetta e due gemelli altrettanto immacolati con un lavoro così impegnativo era un mistero, almeno questo aveva pensato Milena incontrandola. “Sedetevi accanto alla nuova zia” aveva indicato Anna, costringendola ad accomodarsi in mezzo ai bambini. La perfezione apparente dei due angioletti si era sgretolata subito. Uno si era infilato un dito nel naso, tirando fuori il contenuto verdognolo e pulendosi lo scovolino improvvisato sull’abito di Milena, l’altro aveva cominciato a fare bolle di saliva, che terminavano con una serie di sputacchiate nella sua direzione. La ragazza aveva guardato la madre sperando in un intervento, ma Anna era troppo impegnata a raccontare le nuove proposte editoriali al fratello estasiato. Così aveva preso un fazzoletto di carta dalla borsetta e si era ripulita in silenzio.
Al momento di ordinare, i bambini avevano boicottato tutte le proposte del menù commentandole con falsi conati di vomito e urla di disapprovazione e costringendo il cameriere a richiedere eccezionalmente alla cucina due piatti di riso in brodo. Non sembrava che li avessero graditi, visto che dopo due cucchiaiate avevano cominciato a giocarci. Milena si era rattrappita sempre di più sulla sedia, per evitare di essere coinvolta dagli schizzi di brodo dispersi in tutte le direzioni. Le era venuta sete e ingoiava a vuoto di fronte alla miscela untuosa che le riempiva il bicchiere. Richiamò l’attenzione del cameriere chiedendone uno pulito. Anna interruppe il suo monologo: “Dovresti bere dal tuo” le disse con un sorriso, “così potrai dimostrare il tuo apprezzamento per il lavoro creativo del piccolo”. Confortato dalle parole della madre, il bambino le offrì di nuovo il suo capolavoro. Milena spostava lo sguardo dal bicchiere alla donna, non comprendendo appieno cosa ci fosse da lodare in quello schifo. “Le nuove teorie educazionali si basano sulla piena libertà di apprendimento dei bambini, devono poter sperimentare e avere sempre l’approvazione degli adulti nelle nuove esperienze” continuò Anna, con lo stesso tono che una maestra adotta con gli alunni di prima elementare che tardano a capire.
Si voltò verso il fratello che si limitò ad annuire con convinzione. “Mio padre mi ha insegnato a rispettare il cibo e a comportarmi educatamente a tavola” sussurrò Milena tutto d’un fiato, stupendosi del proprio coraggio. Anna rise, nascondendo le labbra con lo scintillio dei bracciali: “Questo approccio alimentare è retrogrado, da secolo scorso. Scommetto che ti obbligava a lavarti le mani prima di sederti. E a non lasciare nulla nel piatto perché non bisognava sprecare niente. Povera te, non hai mai provato la miscellanea dei sapori? Non so, salame e Nutella, per esempio. La creatività culinaria come forma d’arte. Come puoi escludere a priori che il gusto non ti piaccia o non ti disseti?”.
Milena era sempre più allibita, non avrebbe mai pensato che la psicologia infantile cozzasse persino con le regole basilari dell’igiene. La stupiva soprattutto l’inerzia di Augusto, che sembrava condividere pienamente le strampalate idee della sorella. Questo significava che avrebbe educato i loro ipotetici figli nello stesso modo? Una sensazione umida la fece sobbalzare. Il bambino aveva continuato a spingere il bicchiere verso di lei finendo con il rovesciarlo. La perdita della sua opera gli provocò un urlo isterico, al quale fece eco quello del gemello. Anna esplose: “Ecco. Cosa dovevo aspettarmi da una ragazzina. Urtare così la sensibilità di una povera creatura per una stupida prevenzione. Augusto, guarda cosa ha fatto!”. L’espressione dell’uomo era più che eloquente. Milena si alzò, non sapeva come comportarsi, poi disse: “Mi dispiace, è vero, non ho capito. Non ho mai avuto a che fare con i bambini. Scusami, ti prego, vedrò di sforzarmi di più. Aspetta, magari con un esempio mi è più chiaro”. Prese un piatto di minestra e lo svuotò sulla testa di Augusto. “Ecco” gli chiese, “come dovrei comportarmi esattamente, per dimostrare di aver apprezzato il genio infantile?”.