di Elena Giuliano per IL7 Magazine
È uno degli artisti più controversi del secolo scorso Egon Schiele (interpretato da Noah Saavedra), artista viennese di illustre fama, caro amico di Gustav Klimt e come tutti i grandi artisti, un donnaiolo.
Siamo alle porte della Grande Guerra e la corrente dell’Espressionismo vede la sua maggior espressione proprio in questo giovane artista, provocatorio e molto introspettivo. Con la sua pittura riesce a tirar fuori l’essenza dei soggetti che ritrae molto spesso a corpo nudo, senza veli né maschere, solo in pose naturali e sensuali.
Il film del regista Dieter Berner, sembra raccontare più dei trascorsi che vi sono dietro alla sua arte, cioè la vera vita vissuta dello Schiele più persona e meno artista. Mostra infatti, tutti i suoi punti più deboli, l’amore per il genere femminile e le figure delle donne che più lo hanno ispirato e protetto che sono in particolare due: sua sorella Gerti – che dipingerà nuda anch’essa – e il suo unico, vero amore Wally, ex modella di Klimt che diventa per tanto tempo la sua musa ispiratrice.
Tutte le storie dei grandi artisti sono tutt’altro che banali, per via della loro sregolatezza e genio innato e anche questa non è da meno: sullo sfondo di una città come Vienna dove il divertimento e lo svago sembrano quasi essere l’unico filo conduttore nella vita dei suoi abitanti, vive anche una fitta rete di artisti e pensatori che si mischiano tra la gente comune cercando ispirazione. Uno di questi è proprio Schiele, che addirittura verrà arrestato e accusato di pedofilia per aver ritratto una bambina senza veli.
Su un secondo livello della pellicola, si svolge però la lenta morte dell’artista, assistito dall’amorevole e sempre presente sorella nella casa di quella che sarebbe diventata sua moglie. Egon Schiele muore a 28 anni, un’età sicuramente troppo giovane ma già piena di capolavori. Egli infatti ci lascia 300 dipinti a olio e 2000 disegni, tutt’oggi esposti nei grandi musei in giro per il mondo.
Il film ha una struttura semplice, anche se narrata su due diversi archi temporali, di genere biografico, non di certo ricca di colpi di scena ma di tanti episodi del quotidiano, attinenti il più possibile alla realtà, senza però sbilanciarsi troppo sui suoi drammi interiori e le sue inquietudini, restando sempre dalla parte di chi guarda, in qualche modo distante. Un personaggio sì, maledetto e provocatore, ma anche minuzioso e attento ai dettagli quando si tratta di arte, che farebbe di tutto per salvare la dignità e lo scopo per cui essa è stata creata, senza paura. Ci immedesimiamo quasi più in Wally (Valery Pachner) poco più che diciassettenne, ragazza innamorata e disposta a seguire il suo uomo in tutto e per tutto.
Un racconto fedele e completo e sicuramente minuzioso quello di Berer che, nonostante prenda le dovute distanze dal protagonista, ci fa affezionare a lui come se l’avessimo sempre conosciuto.