La congiura degli inviati / I racconti di Ida de Giorgio

Andrea era in ritardo. Salì le scale di corsa ed entrò in sala riunioni. I suoi colleghi erano già tutti presenti. Eugenio gli versò un sorso di rum in un bicchiere di carta. “Il direttore?” chiese, togliendosi il giaccone. “Tarderà una mezz’ora”, rispose Anna, “È il momento giusto per un piano d’azione.” Restarono in silenzio per un po’. Andrea li fissò uno per uno: avevano deciso di far fuori il loro aguzzino un mese prima, quando li aveva obbligati a presentare i loro articoli il giorno di Natale, ignorando la richiesta di godersi le feste in santa pace. “Il giornale prima di tutto”, era il suo motto, convinto che anche il settimanale di un piccolo posto come Brindisi avesse la stessa dignità del Bild o del Sunday Times. Eugenio, con la sua consueta precisione, gli aveva fatto notare che i giornali più letti al mondo non erano tedeschi o inglesi, ma, stranamente, alcune testate giapponesi. Gli sguardi fulminanti degli altri lo avevano fatto desistere dall’approfondire la questione, per non dargli idee strane, visto che sarebbe stato capace di obbligare qualcuno di loro ad imparare la lingua del sol levante, per capirne di più.
“Deve sembrare un attacco improvviso”, continuò Anna, che era un’appassionata di gialli, “Come se un ladro entrato per caso lo avesse colpito con il primo oggetto a disposizione, vedendosi scoperto. Non possiamo usare una pistola, dove potremmo procurarcela? Ci vorrebbe un bel fermalibri di marmo o una mazza da baseball e il gioco è fatto!”
“Meglio una lama”, propose Andrea, “Ma bisogna essere sicuri di farlo fuori al primo colpo.” “Facile”, intervenne Aldo, che si occupava della rubrica di medicina, “Un colpo secco alla giugulare o alla carotide. Basta un taglierino. Invece, con un coltello o un tagliacarte, un fendente nel quinto spazio intercostale arriva dritto dritto al cuore”. “Quindi ti stai offrendo tu?” chiese Anna, scuotendo la testa, “Io so a mala pena che il cuore è a sinistra nel petto, come potrei centrare il quinto spazio bla bla bla…” “Non se ne parla”, rispose Aldo, “Eravamo d’accordo nell’estrarre il nome con un bigliettino. Io posso indicarvi il punto esatto, la linea verticale che passa dal capezzolo sinistro, si chiama mammillare, che parte da…” cominciò a indicare alcuni punti sul suo torace. Anna gli tirò addosso una gomma, per impedirgli di continuare. “Penso che il collo sia la soluzione più giusta. Bisogna solo stare attenti all’effetto splatter, con tutto il sangue che ne verrà fuori. Però vi avviso, io svengo al solo pensiero…”, rabbrividì Lara, “E continuo a dire che mi sembra una decisione esagerata, rispetto al movente.” Gli altri scossero la testa, Andrea intervenne: “Non è solo per la continua richiesta di servizi da fare nei momenti più impensati, ma anche per la direzione del giornale. Avevamo deciso di rilevarlo mettendoci in cooperativa, una volta fatto fuori lui. Ha più senso così, per te?” Lara allargò le braccia: “Va bene, ma…provare con un veleno? Tanto capita a tutti noi di portargli un caffè. Una bella polverina magica e il capo è stecchito.” Aldo non era d’accordo: “Troppe tracce da coprire. Chi lo compra e chi lo versa nella tazzina? Normale che la polizia pensi subito ad uno di noi. Dobbiamo allontanare i sospetti, non tirarceli addosso!” Lida non aveva ancora detto una parola, continuava a prendere appunti sul suo quadernetto, come fosse una detective della Omicidi. “Per gli alibi, siamo ok”, proseguì Aldo, “Ci dividiamo in gruppi di tre, tenendo i cellulari dell’autista e dell’esecutore, così, se dovessero tracciare le chiamate, nessuno risulterebbe vicino alla redazione, al momento della morte. Però, credo che l’autista debba farlo tu, Andrea: abiti qui vicino, se anche dovessero vedere la tua auto all’ora dell’omicidio, sarebbe normale. Puoi dire di aver dimenticato qualcosa a casa, prima di venire a cena da me.” Lida chiuse il taccuino: “Bene, direi che ci siamo. La storia regge. Mi occuperò io dei particolari. Ognuno di voi avrà un copione preciso. Così, restando uniti, proteggeremo il vero assassino e renderemo difficile scoprirlo. Per ora direi: Andrea autista, Lara lascerà il taglierino o il tagliacarte a portata di mano sulla scrivania, uno di noi chiamerà il cellulare di Andrea, fingendo una conversazione e si farà altrettanto con quello dell’assassino. Agiremo di mercoledì, quando resta da solo per impaginare il giornale. Ora direi di preparare i bigliettini e di estrarre chi sarà il fortunato.”
I passi del direttore si avvicinarono alla porta: “Avete cominciato la riunione senza di me? Bravi, finalmente fattivi. Allora, siamo a posto con gli articoli o siete in ritardo come al solito?” Ciascuno espose il proprio lavoro, si discusse del servizio di apertura e delle idee per il numero successivo. Il direttore sembrava soddisfatto. Lida parlò per ultima: “Questo giovedì, tanto per cambiare, ammazzo qualcuno. Anzi, sarà un lavoro di gruppo, con la collaborazione dell’intera redazione. Ho pensato di proporre il racconto in due o tre puntate, così saranno i lettori a svelare l’enigma. Il primo che scopre intrigo e assassino, vince un buono per una cena”. Il direttore annuì: “Potrebbe funzionare. Chi ci resta secco, questa volta?”. Un silenzio sibillino fu l’unica risposta.