Paparine ‘nfucate e cicurèddi stufati

Nel ‘900 i brindisini, ma un po’ tutti i meridionali, cambiarono il loro comportamento sociale, soprattutto a causa dello scoppio della Grande Guerra ed del coinvolgimento dell’Italia in essa.
Il modo di vivere delle famiglie brindisine, soprattutto di quelle contadine fu sconvolto: gli uomini partirono per la guerra e le donne presero il loro posto nei lavori e nell’impegno sociale.
Nelle famiglie contadine lavoravano tutti coloro che erano rimasti in casa. Agli anziani e ai bambini erano affidati i lavori meno pesanti: sgranare i legumi, cazzare (sbucciare e aprire) le fave secche, togliere la buccia alle mandorle, guardare il gregge. Chi non andava a lavorare in campagna era mandato a bottega per imparare un lavoro artigianale.
C’erano botteghe che accoglievano ragazzi per insegnare loro il mestiere di falegname o di fabbro, di bottaio, di muratore … “O villanu o artiggianu”, si diceva.
Le femmine imparavano il mestiere della sarta o della ricamatrice. Erano pochi i ragazzi che frequentavano la scuola, perché, soprattutto i maschi, rappresentavano l’unico introito economico in famiglia, in mancanza del padre.
In ambito sociale i cambiamenti furono veloci; nel privato, invece, le tradizioni e i valori trasmessi da generazione in generazione frenavano il processo di emancipazione della donna del sud che si trovò ad affrontare nella quotidianità problemi di sopravvivenza, non ultimo quello di tipo alimentare. Così usava ciò che la natura offriva nella stagione: cicurèddi (cicorie selvatiche), fògghi mbišcati (verdure selvatiche di vario tipo) lessati e conditi con olio e limone oppure rielaborati in vari creativi modi. Verdure selvatiche, patate e cipolle, insieme ai legumi rappresentavano il cibo quotidiano. Persino la buccia delle patate non si buttava, perché dopo essere stata ben lavata e asciugata, veniva fritta e mangiata.
Vi propongo ricette di verdure che potrete realizzare come contorno a piatti di carne o di pesce, come accompagnamento a puré di fave o come farcitura di focacce.
Se non riuscite a distinguere i vari tipi di verdure spontanee, non raccoglietele da soli; compratele direttamente.

Paparine ‘nfucate
Foglie di papavero saltate in olio d’oliva

Ingredienti: foglie di papavero rosso raccolte prima della fioritura, qualche altra erba selvatica, aglio, olio extra vergine di oliva, olive celline denocciolate, peperoncino, sale.
Preparazione: pulite e lavate bene le erbe, facendo attenzione ad eliminare ogni residuo di terra. Potete dare una veloce cottura o cucinarle direttamente, soffriggendole nell’olio e.v.o. insieme agli altri ingredienti.

Cicurèddi stufati
Cicorie selvatiche stufate

Ingredienti: cicorie selvatiche, olio extra vergine di oliva, aglio, qualche pomodorino giallo invernale (ti pèndula), sale. A piacere, formaggio pecorino grattugiato.

Preparazione: pulite le cicorie, lavate con accuratezza, lessatele in acqua salata e scolatele. Ponete sul fuoco un tegame con un po’ di olio, aggiungete l’aglio spezzettato e i pomodorini a pezzetti o spremuti. Lasciate cuocere qualche minuto fino a quando vedrete i pomodorini appassiti, quindi aggiungete le cicorie. Girate e lasciate insaporire. Aggiungete una spolverata di formaggio pecorino grattugiato e lasciate cuocere finché non si sarà asciugato un po’ il liquido.
I contadini farcivano le grandi fette di pane di semola cotto nel forno a legna per mangiarle a lavoro.