di Ida De Giorgio per IL7 Magazine
14 aprile 2012
È sabato, verrà a pranzo da me, per la prima volta!
Il messaggio di conferma è arrivato alle 9.00. Devo darmi da fare per trasformare un mercato delle pulci in una abitazione da brava ragazza.
Da dove comincio? Le scarpe, che vivono sotto il letto, le trasferisco nel ripostiglio.
Cambio le lenzuola e apro la finestra. Dovrei lavare i vetri, ma è più comodo tirare la tenda, non guarderà il panorama.
Collane, bracciali e orecchini sparsi sul comò finiscono in blocco in un cassetto, una passata di piumino e via.
Spolvero anche il comodino e controllo i libri, se finiamo qui, non credo che le cinquanta sfumature, accanto al letto, depongano a mio favore.
L’Everest da stirare, che si erge sulla poltrona, verrà scalato a data da destinarsi e l’armadio diventa la sua nuova sede. Scopa elettrica e passo al bagno.
L’unico posto che pulisco ogni giorno, più o meno…
Devo mimetizzare le cose da donna e mettere asciugamani puliti. Aggiungo uno spazzolino nuovo? No, troppa confidenza.
Il bivacco sul divano va smantellato: via la coperta, il cuscino, le riviste, gli avanzi di patatine. Tutto l’esubero trasloca in altra sede, non vorrà mica visitare tutte le stanze?
Completo con santo aspirapolvere: la casa sembra presentabile.
Ora il pranzo. Il primo appuntamento è stato dal Vegano.
Scelta etica: perciò niente proteine animali. La minestra di farro la scaldo e aggiungo menta e basilico, così ha detto mia sorella, che l’ha preparata. Di contorno insalata, limone e scaglie di parmigiano.
Ok. Lavo il ripiano della cucina e passo a doccia, trucco e parrucco.
E dopo si, che posso spacciarmi per la donna ideale!
13 aprile 2013
È sabato, avrebbe dovuto venire a pranzo da me.
Il messaggio è arrivato alle 9.00: “Ho bisogno di una pausa di riflessione”, che tradotto vuol dire “non ho neanche le palle per dirti in faccia che ti mando a cagare”.
Ho passato un anno ad integrarmi con il pragmatismo delle sue abitudini, trasformandomi da hippy a casalinga bon ton, senza capire che il cervello superiore che vantava era pieno di acqua. Distillata. Senza sali minerali. Senza carattere. Mi guardo intorno in questa casa asettica, diversa dal bazar incasinato nel quale vivevo prima di conoscerlo. Devo fare qualcosa per distrarmi.
Dal cassetto del comò tiro fuori la bigiotteria accantonata per il filo di perle da signora: voglio tornare ad essere un albero di Natale colorato.
Butto nella differenziata quel piombo di libro che mi ha regalato, spazio ai gialli e all’avventura.
Apro le ante dell’armadio: un mortorio. Dove avrò messo i jeans e i camicioni? Dovrò rinnovare il guardaroba.
Tiro fuori il pile con gli orsetti e lo porto sul divano, non potrà dire più che gli sembro una vecchia da casa di riposo.
Prendo un sacco nero e disinfesto il bagno da rasoi, dopobarba, bagnoschiuma, accappatoio; le sue scarpe da jogging fanno la stessa fine.
Non ho molto di lui: è stato ospite passeggero due week end al mese mentre io incentravo la mia vita sul nostro rapporto.
Mi è venuta fame, apro il frigo. Solo songino e tofu, da brava vegetariana convertita dalle “sue” scelte etiche. Più tardi vado al parco e butto tutto alle papere.
Trovo uova e parmigiano e, sepolto in fondo al congelatore, un pezzo di pancetta.
Carbonara all’amatriciana alla faccia sua.
Gli spaghetti ce li ho solo di farro, pazienza.
Mi stappo un Negramaro, si annegasse in quello schifo di vino biologico!