Racconti al balcone: “Il fratellastro dello specchio magico”

di Ida de Giorgio per IL7 Magazine

Tutti conoscono lo specchio della fiaba di Biancaneve, quello che rispondeva all’invocazione della matrigna, confermandone la bellezza.
Non è noto il motivo per cui i Fratelli Grimm abbiano sorvolato sull’esistenza di un fratellastro dello specchio magico, anche se si suppone che la sua storia fosse poco adatta ai costumi morali dell’epoca.
Il fratellastro dello specchio magico era nato da una scappatella del padre, che, appeso alla parete del salone da ballo, passava la vita a sbirciare nelle scollature delle dame.
Proprio durante una delle sue scorribande visive si imbatté in una specchiettina da borsetta, tutta ricami e fronzoli, che gli mandò uno scintillio malizioso facendogli perdere la testa per una intera notte.
Il frutto di quell’incontro aveva la ricca cornice del padre e le dimensioni minute della madre.
Naturalmente questa nascita non fu accolta bene dalla famiglia ufficiale: la moglie, un tondo specchio da toeletta, che viveva nella camera della regina, rifiutò persino di vederlo ed impose al padre di tenerlo lontano dal suo figliolo adorato, che doveva studiare e non poteva essere traumatizzato da quelle storie.
Non avendo un ovale maestoso e luccicante né potenzialità magiche, come il figlio legittimo, il reietto fu relegato sulla parete della stanzetta di una sguattera, brutta come la morte.
Il poveretto passava la giornata a riflettere una camera povera e buia, e, avendo ereditato la frivolezza della madre, si adattava poco a quella situazione. Così, il giorno in cui la sguattera preparò in un sacco le sue povere cose per andare in sposa ad un contadino, il fratellastro decise di andare via con lei per vedere un po’ di mondo.
La ragazza ne approfittò per trarne beneficio e lo vendette, per pochi soldi, ad un rigattiere. Quello fu un periodo felice per lo specchio, girava di mercato in mercato, rifletteva facce e luoghi sempre nuovi e il rigattiere si prendeva cura di lui tenendolo pulito e lucido.
Un giorno, però, finì incartato sotto una ascella puzzolente e poi appeso in una stanza scura, di fronte ad un letto con un baldacchino di velluto rosso. La dama che lo aveva comprato era una vecchia matrona imbellettata e lo specchio fu colto dalla disperazione, vedendo la fine della sua avventura.
Tuttavia, gli bastarono un paio d’ore per cambiare idea: era finito in una casa di piacere ed il letto di fronte non ospitava la vecchiaccia malefica ma una serie di disinibite fanciulle, che ne facevano di tutti i colori con ospiti paganti. Emerse in lui la lussuria paterna e il fratellastro dello specchio magico se la spassò alla grande, tenendo graduatorie delle prestazioni e della valenza di chi ne usufruiva.
Dopo anni di quella vita, una notte, una retata della polizia mise fine a quell’andirivieni e lo specchio finì solo ed impolverato con l’unica compagnia del letto a baldacchino.
Trascorrevano le ore a ricordare i bei tempi e a chiedersi se sarebbero morti lì finché, un giorno, un gruppo di nerboruti operai prese a smontare l’intera casa. Il fratellastro dello specchio magico fu separato dal letto e, dopo aver trascorso un lungo periodo chiuso in una cassa, finì esposto nella vetrina di un antiquario.
Si trovò di fronte ad un mondo caotico e variopinto, con carrozze rombanti ed enormi vascelli pieni di gente, che si fermavano proprio di fronte a lui ad intervalli regolari e scaricavano una massa di persone di età varie, abbigliate con abiti che non aveva mai visto.
Una sedia rococò, che era lì da molto tempo, gli spiegò che era l’anno duemila, che non c’erano più favole né castelli e neanche case chiuse e che l’unico loro destino era di essere acquistati da un qualche collezionista, che li avrebbe chiusi in una stanza blindata.
Allo specchio tutto questo importava poco, gli bastava essere lì e guardare fuori dal negozio, per essere felice.
Ma anche quel periodo eccitante era destinato a finire, fu di nuovo imballato e sballottato e infine rivide la luce nel sottoscala di un grande edificio, che gli sembrò vagamente familiare. Fu appeso sulla parete di un salone, insieme ad altri specchi, e si trovò circondato da facce curiose che lo accecarono con lampi luminosi. Si era appena ripreso, quando un colpo di tosse richiamò la sua attenzione e, voltandosi, riconobbe il padre, ormai opaco e rigato, con la cornice scrostata in più punti.
Il fratellastro dello specchio magico fu felice di rivederlo, con gli anni aveva dimenticato il rancore per essere stato considerato di serie B e poi la sua vita non aveva avuto proprio niente da invidiare a quella del fratello.
Il padre gli disse che era proprio ritornato al castello, ora trasformato in un museo e frequentato da gente proveniente da tutto il mondo.
Il fratellastro dello specchio magico si sentiva in paradiso: era tornato a casa e avrebbe avuto una vecchiaia serena, accudito, ammirato e con tante storie da ascoltare e raccontare.
L’unico cruccio era non aver conosciuto il fratello, venduto oltreoceano e destinato a ripetere all’infinito: “sei la più bella del reame”, ad una incartapecorita diva di Hollywood.