Regalo a sorpresa: il racconto di Ida de Giorgio

Giada non sopportava il Natale. Da quando aveva divorziato, era costretta a trascorrere le feste in famiglia. Solo che la sua, di famiglia, si limitava a due genitori e un fratello musicista che, guarda caso, era pieno di impegni lavorativi proprio nei giorni più santificati dell’anno. Il copione era sempre lo stesso: i suoi litigavano per qualsiasi cosa e lei cercava di ignorarli vedendo film romantici in televisione, immergendosi in un roseo mondo parallelo. Ad aumentare il suo malumore per le feste imminenti, c’era anche la nefanda usanza del Babbo Natale segreto, introdotta in azienda dal nuovo direttore marketing, dopo un corso negli USA.
Una settimana prima del 25, ogni dipendente doveva estrarre il nome di un collega e provvedere a comprargli un dono, che sarebbe poi stato consegnato al destinatario in forma anonima, prima delle vacanze natalizie. Giada era convinta che i suoi colleghi la odiassero e che avessero trovato il modo di manifestarle la loro repulsione con la scusa di farle dei regali di buon auspicio per una sua futura relazione, dopo la conclusione del suo matrimonio. Altrimenti, non ci sarebbero state sufficienti ragioni per spiegare quanto collezionato negli anni precedenti: un mouse a forma di pene, immediatamente distrutto a martellate e correttamente smaltito, uno tanga rosso con reggicalze coordinato e un cd di canzoni d’amore di Gigi D’Alessio, con probabile riferimento alle origini partenopee della sua famiglia, anche se lei era nata a Milano e non era mai stata in Campania.
Anche quel giorno, dopo il melenso ed ipocrita scambio di auguri fra persone che si sarebbero accoltellate alle spalle per i restanti 364 giorni dell’anno, era arrivato il momento della consegna delle strenne. Fra i gridolini di stupore e la finta gioia di individui che aprivano i loro pacchettini come se aspettassero l’apparizione del genio di Aladino, si ritrovò con un sacchetto colorato insolitamente leggero. Giada pensò a uno scherzo e sbirciò cautamente alla ricerca del contenuto. C’era un cartoncino di invito per la cena di Capodanno, organizzata dall’Associazione Santo Stefano, con accompagnamento musicale di piano e voce soprano.
Sicuramente riciclato, ma meno peggio di ciò che si aspettava. La musica lirica le piaceva e, soprattutto, avrebbe avuto una scusa per evitare una serata familiare di noia mortale. Davanti all’armadio, si chiese cosa indossare di adatto, poi decise per un abbigliamento da prima della Scala, abito lungo e giacca di visone. Si sentì in colpa per la pelliccia, ma era un capo tramandato dalla nonna, in epoca in cui gli animalisti non esistevano ancora e per una sera avrebbe fatto un’eccezione. Decise di chiamare un taxi: voleva fare un ingresso elegante, come la Cher di Stregata dalla Luna, senza strapazzarsi nella ricerca di un parcheggio in pieno centro per poi saltellare fino al locale, sulle punte dei piedi come i ballerini classici vista l’altezza dei tacchi dei suoi sandali. Un cameriere la accompagnò al suo tavolo, indicato sul cartoncino di invito. Accanto al suo posto era seduto un giovane uomo che sembrava un fotomodello, elegantissimo nel suo frac con farfallino. Si alzò per scostarle la sedia, con galanteria d’altri tempi, sfoderando una fila di denti così scintillante da fare concorrenza ai lampadari di cristallo della sala e si presentò con tanto di inchino e baciamano. Uno stile retrò ma in sintonia con l’età media dei partecipanti.
Gli altri commensali erano due coppie di pensionati, che si dimostrarono conversatori brillanti e melomani appassionati. La conversazione partì dal programma del concerto e il più anziano dei quattro cominciò a snocciolare aneddoti divertenti sui compositori in elenco. Giada si rilassò, pensando che la serata sarebbe stata meno formale del previsto, anche perché il suo vicino continuava a far brillare la splendida dentatura nella sua direzione, mentre interveniva a completare con dovizia di particolari i racconti ridanciani dei compagni di tavolo. Un uomo colto e interessante, senza mai sembrare saccente o barboso. La musica interruppe la conversazione che riprese durante la cena.
Qualche minuto prima della mezzanotte, il pianista intonò un valzer, invitando tutti a ballare. Il bell’Antonio accompagnò Giada al centro della pista, proprio sotto uno dei mazzetti di vischio pendenti dal soffitto e le sfiorò le labbra con il bacio augurale canonico. Quando gli ospiti cominciarono ad andare via, si offrì di accompagnarla, come ogni cavaliere che si rispetti. Giada cominciò ad agitarsi, augurandosi una degna conclusione della serata e sperando che la sua casa fosse miracolosamente meno in disordine del solito. Lui le aprì lo sportello del taxi e la scortò fino al portone.
“Vuoi salire?” chiese Giada, con un sussurro timido. Lui sembrò titubante poi le disse: “Sono stato pagato solo come accompagnatore per la cena, ma se desideri altro, possiamo metterci d’accordo.” Giada sperò di non aver capito bene, ma l’ammiccante brillio d’avorio lasciava pochi dubbi interpretativi. Maledisse fra sé il divorzio, le feste, il suo capo pseudo-americano e la mente perversa che aveva organizzato quell’incontro come regalo per lei. C’era cascata in pieno. Lui continuava a sorridere, aspettando una risposta. Elegante e bello come il Richard Gere di American gigolò. Chissà se era altrettanto discreto, pensò Giada, poi chiese: “Accetteresti un assegno?