
È il momento delle biopic musicali. Dopo il grande successo di Bohemian Rapsody, film sulla vita di Freddy Mercury, che si è aggiudicato ben quattro statuette d’oro – fra cui una come miglior attore -, l’industria ha pensato che la vita delle grandi rockstar potesse essere un’ottima strada da seguire.
Stavolta è Elton John il protagonista del film Rocketman, diretto da Dexter Fletcher che non è altro che colui a cui è stata assegnata la conclusione delle riprese del film sui Queen in seguito al licenziamento del regista Bryan Singer.
Dopo questa informazione risulta subito chiaro lo spontaneo accostamento con Bohemian Rapsody, anche se con le dovute differenze.
Il film si apre con Elton in rehab che inizia a raccontare la sua storia a posteriori, dopo una vita di successi e di eccessi. Grazie al genere della biopic abbiamo imparato che i grandi artisti sono principalmente tormentati, spesso con problemi familiari alla base e che l’industria discografica inizialmente li ha rifiutati. Vediamo molto di frequente anche la figura del manager, che (chissà perché) è quasi sempre malvagio, una figura che fa da antagonista che però porta l’artista a ribellarsi scatenando una sorta di redenzione. Quest’ultima arriva anche dopo un periodo di forte dipendenza dalle droghe che – per chi ce la fa – porta al voler ritrovare la via smarrita con l’ascesa al successo.
Anche qui ritroviamo tutti questi elementi ma con un taglio più onirico e quasi psichedelico. Prima di tutto, l’elemento “musical” è più vivido e forte. Rispetto alla biografia di Mercury qui la sceneggiatura risulta più personalizzata ad un soggetto stravagante come Elton John senza paura di eccedere. Anzi, molti temi vengono affrontati con molto più coraggio e decisione. Anche qui vediamo l’omosessualità del protagonista, trattata ancor più esplicitamente attraverso scene di sesso e passione, a dispetto della mentalità dell’epoca in cui è ambientato. La carenza di amore da parte della famiglia qui fa più male e ci porta a vivere in maniera più empatica il primo grande vuoto che il protagonista si porterà dentro per tutta la vita.
Elton Hercules John è sin da piccolo un bambino prodigio, vive in un piccolo centro ed è ammesso all’accademia di musica più prestigiosa dove scopre Elvis Presley. Il rock’n’roll sarà la miccia che accenderà la sua musica, sempre più matura e ricercata, fatta di soft rock ma anche di soul e gospel.
La sua eccentricità viene proiettata nelle scene attraverso un gioco di immagini, musica ed effetti speciali. Vediamo Elton sollevarsi sulle dita sul pianoforte, quasi senza gravità, insieme al pubblico, durante il suo primo concerto al Troubadour a Las Vegas. Una serie di elementi fanno scorrere gli eventi quasi come se fossero parte di un sogno. E in effetti lo sono, fanno parte del racconto di un artista in psicanalisi, dove cerca di indagare e capire se stesso, con coraggio e autocritica, perdonandosi e perdonando gli altri.
Questo film, si è capito, non è un qualcosa di inedito, né dal punto di vista dello stile né da quello della storia, ma ha degli elementi interessanti ed è un genere che viene apprezzato sempre molto dal pubblico. È come se avessimo la necessità di storie così, di persone che ce l’hanno fatta, sono caduti, ma si sono rialzati, nonostante la difficile vita non hanno mollato, un po’ come tutti noi vorremmo essere.
Il cinema spesso, è un ottimo e più economico terapeuta.