Teatro, al Verdi i sogni da bambino di Luca Argentero

Si avvicina l’inaugurazione della stagione 2019-20 del Teatro Verdi di Brindisi: la prima è affidata all’attore Luca Argentero che sul palco brindisino racconterà la storia di tre grandi sportivi italiani che hanno fatto epoca. “Luisin” Malabrocca, Walter Bonatti e Alberto Tomba, tre campioni dello sport che hanno attraversato realtà diverse del nostro Paese. Appuntamento domenica 20 ottobre alle ore 20.30.

“Luisin” Malabrocca, Walter Bonatti, Alberto Tomba: tre storie da raccontare. A farlo è Luca Argentero nello spettacolo, fuori abbonamento, «È questa la vita che sognavo da bambino?», domenica 20 ottobre alle ore 20.30 sul palcoscenico del Nuovo Teatro Verdi di Brindisi, regia di Edoardo Leo. Per il primo appuntamento della stagione 2019-20, Argentero racconta la storia di tre grandi personaggi, un ciclista, uno scalatore e uno sciatore, che hanno inciso profondamente nella società, nella storia oltre che nel loro sport. Tre sportivi italiani che hanno fatto sognare, hanno incollato l’Italia intera davanti alla tv, hanno fatto ridere e commuovere.

I prezzi. Intero: € 25 (primo settore), € 22 (secondo settore), € 18 (galleria). Ridotto per under 25, over 65, dipendenti di aziende ed enti convenzionati, associazioni per gruppi di minimo 15 persone: € 22 (primo settore), € 20 (secondo settore), € 16 (galleria). Studenti fino a 25 anni: € 10 in tutti i settori. Ragazzi fino a 12 anni e gruppi scolastici di minimo 15 studenti: € 6 in tutti i settori.

“Luisin” Malabrocca, “l’inventore” della maglia nera, il ciclista che nel primo Giro d’Italia dopo la guerra si accorse per caso che arrivare ultimo, in una Italia devastata come quella del 1946, faceva molta simpatia alla gente: riceveva salami, formaggi e olio come regali di solidarietà. Automaticamente attirò anche l’attenzione di alcuni sponsor, al punto che arrivare ultimo divenne presto una opportunità appetibile anche dal punto di vista dei guadagni. In poco tempo arrivò anche la popolarità. In lui le persone riconoscevano l’anti-eroe che è nel cuore di ogni italiano, ma, insieme alla popolarità, emersero nuovi sfidanti in una incredibile corsa a chi arrivava ultimo. «Mi sono imbattuto in Malabrocca per caso – ha detto Argentero – leggendo un trafiletto sulla Gazzetta dello Sport che ne commemorava un anniversario. Ho approfondito e ho scoperto una vicenda incredibile: fu il primo a essere l’ultimo. Lui ribaltò la classifica, rivoluzionò il ciclismo, sublimò la lentezza, esaltò il ritardo, celebrò il distacco. La Maglia Nera non era un disonore allora. In un’Italia devastata come quella del ‘46, Malabrocca, detto anche il Cinese per i suoi occhi a mandorla, era l’anti-eroe della sopravvivenza».

Walter Bonatti, l’alpinista che dopo aver superato incredibili sfide con la roccia, il clima e la montagna, arrivato a oltre ottomila metri d’altezza, quasi sulla cima di una delle montagne più difficili da scalare del mondo, il K2, scoprì a sue spese che la minaccia più grande per l’uomo è l’uomo stesso; eppure, la grande delusione del K2 lo spinse ancora più in là a mettersi alla prova in nuove sfide in solitaria, nuove scalate impossibili e infine a viaggiare in tutto il mondo. Tutto ciò per trovare la cosa più importante della vita: se stesso. «Bonatti è stato un eroe contemporaneo – ha continuato Argentero -. Non esiste una vera motivazione per raggiungere la cima di una montagna, ma soltanto la consapevolezza che ci sarà molto da faticare. La montagna è una metafora della vita, ti insegna a seguire il tuo ritmo, il tuo respiro, il tuo passo. L’obiettivo di Bonatti era rendere possibile l’impossibile».

Alberto Tomba, lo sciatore che ha fatto sognare l’Italia intera, quello che, nonostante il suo carattere e la sua propensione a creare “casini”, è il simbolo sportivo italiano per eccellenza degli anni Ottanta e Novanta. Leggerezza nella vita e determinazione, tenacia e aggressività sulla pista: questo è stato Tomba, uno dei più grandi campioni olimpici italiani, uno dei personaggi della storia dello sci capace di concentrare su di sé l’attenzione di un intero Paese durante le sue gare, che fosse a scuola, al lavoro o durante la kermesse più famosa d’Italia: il Festival di Sanremo. «Io sono nato in una famiglia di sciatori e alpinisti – ha concluso l’attore torinese -. Da ragazzino mi addormentavo ascoltando racconti di montagna e avevo il poster di Tomba nella mia stanza, per me un idolo, un creatore di emozioni, un uomo del popolo che stupiva tutti con la sua semplicità, la gioia, il sorriso».

Tre storie completamente diverse l’una dall’altra, tre personaggi accomunati da una sola caratteristica: essere diventati, ognuno a modo proprio, degli eroi.