The Mule, la retorica che forse non abbiamo capito

Clint Eastwood, che fa parte della sacra confraternita degli dei del Cinema, alla soglia dei suoi 89 anni suonati è Earl Stone, è un fioricoltore dell’Ilinois, pluri-premiato lavoratore ma padre e marito del tutto assente.
Il nuovo film del regista e attore più professionalmente prolifico della storia del cinema ci presenta “The Mule – il corriere” film che forse la vecchiaia se la porta dietro tutta.
Il protagonista è un 90 enne che senza più alcun risparmio ma sulle spalle i chilometri percorsi nel suo pick up per 41 stati americani – senza mai una multa –, decide di prestarsi ai servigi del cartello della droga messicano, trasportando in continuazione chili di cocaina da una parte all’altra della regione senza fare troppe domande.
Earl è l’uomo perfetto per i trafficanti, anziano e insospettabile e con la fedina penale più che pulita, del tutto anonimo alle forze dell’ordine e alla DEA che tenta di mettersi sulle sue tracce invano.
Ecco dicevamo una buona base, una trama interessante che si sarebbe potuta sviluppare in mille modi data la regia e dato il budget che tale regia naturalmente permette.
Il risultato è forse un po’ deludente con una trattazione debole che forse volutamente, smorza qualsiasi tentativo di pathos persino nelle scene tradizionalmente più toccanti dove sembra che tutto venga preso un po’ troppo alla leggera. Difatti si esce dalla sala senza alcun tipo di sentimento, se non una velata simpatia per il vecchio repubblicano un po’ sessista e un po’ razzista che si prende gioco di qualsiasi situazione anche di sè stesso, anziano arzillo ma con qualche acciacco che ama ballare la polka di domenica ma che nel tempo libero trasporta cocaina per i messicani, una famiglia che lo odia e pieno di sensi di colpa.
Parlando comunque di una persona che di Oscar ne ha vinti 5, sulla regia e la scelta della colonna sonora niente da dire. Lo stesso si può dire della fotografia, ampia e colorata con viste dall’alto di paesaggi naturali mozzafiato come si addice a una pellicola in pieno stile on the road. Lo stesso cast è una formazione del tutto vincente – a parte qualche personaggio assolutamente apatico e mono espressivo – con un Bradley Cooper nei panni dell’agente speciale della DEA, Andy Garcia come boss del cartello e Laurence Fishburne in un ruolo secondario che tuttavia non riescono ad innalzare a dovere il tono del racconto che risulta sempre piatto ed eccessivamente liscio.
Con un doppiaggio italiano a dir poco ridicolo degno delle migliori telenovelas argentine e dialoghi ripetitivi allo spettatore non riesce ad arrivare niente e anzi forse un pizzico di noia e malcontento. Che questa sia una provocazione per chi come Clint sente ormai di potersi permettere tutto? Possibile, avrebbe potuto solo farlo meglio.