Sono convinto che il deficit di cultura sia alla base del forte squilibrio sociale ed economico in cui versa la società italiana. La mancanza di lavoro, il forte ricorso a strategie sempre più “eversive” (leggi: illegali) per sbarcare il lunario, trovano la loro matrice nella paurosa macchina da guerra dell’ignoranza che, attraverso la dittatura del presentismo, ci ha trasformati in semplici followers. Ritengo che aggredire l’ignoranza, con l’utilizzo massivo di campagne “militari” sia battaglia persa in partenza. Per mia parte mi sono convinto di mordicchiarla, clandestinamente, quasi solleticandola, nel tentativo, spero non vano di metterle qualche bastoncino tra i cingoli.
Al piccolo club di lettori mi accingo pertanto di offrire spunti e modesti contributi per una guerriglia all’ignoranza. Il contributo. Nel dibattito sul ruolo assegnato al museo, di funzione sociale ed educativa, si inserisce la domanda di fruizione da parte di sempre più varie e composite categorie di persone. Ci si interroga, in buona sostanza, sulla necessità di aprirsi a nuovi pubblici e di dotarsi di personale e strutture adeguate per permettere ai visitatori di padroneggiare gli strumenti di comprensione e di scoperta dell’opera d’arte. Lasciata volutamente a margine di questa riflessione la lunga e dolorosa giaculatoria per l’incapacità cronica di esporre e promuovere il vastissimo patrimonio di memorie culturali, mi soffermo su una questione apparentemente secondaria, quella della fruibilità, ovvero del consumo da parte di visitatori studiosi, appassionati e turisti di un patrimonio, che è la vera fonte di energia per ogni sviluppo economico che un territorio intenda intraprendere. La comprensione delle dinamiche della domanda di cultura è infatti uno degli aspetti peculiari, per meglio e più degnamente promuovere il movimento della economia dalla cultura.
In questo blog mi sono già soffermato sulla insignificanza politica che per decenni ha avuto per l’amministrazione statale la gestione del vastissimo patrimonio culturale nazionale (cfr.: https://www.senzacolonnenews.it/loclandestino-il-blog-di-giancarlo-sacrestano/item/149-si-fa-presto-a-dire-cultura.html) e di come, da quando se ne occupa (male) non ha fatto nulla per rendere almeno percepibile il legame virtuoso che la cultura crea con l’economia. Nel mentre si assiste alla morte (annunciata) della cultura italiana, che di quella economico finanziaria le esequie sono già state eseguite con tanto di dispensa dalle visite, da anni chi si occupa con passione e professionalità di cultura, cerca e trova nuove metodiche, innovazioni tecnologiche e persino il mondo digitale è divenuto vero campo di evoluzione illimitata per la produzione, la promozione e la fruizione di cultura.
Tra le tantissime sensibilità che il settore culturale alimenta c’è certamente la ricerca costante di rendere vera ed attuata la definizione che ho posto in testa a questo “post”, “l’arte deve essere accessibile e fruibile da tutti”. Ci si interroga, per intenderci, come rendere accessibile e fruibile a tutti – per esempio – lo spazio museale, dove trovano ospitalità opere, la cui comprensione passa quasi esclusivamente dalla loro osservazione visiva. Su 1200 centri museali censiti in Italia, 20 musei artistici, 33 musei archeologici, 11 musei etnografici, 3 musei tecnico-scientifici, 8 musei storici e di documentazione, 1 Museo territoriale, 14 musei specializzati (unici dati statistici che ho trovato, peraltro arretrati al 2003, forse confermati per il 2008) si sono dotati di – udite, udite! – metodi e tecniche per rendere possibile anche ai ciechi e agli ipovedenti l’accesso e la fruizione del bene artistico. Guide in alfabeto Braille del museo, mappe tattili che riproducono gli oggetti significativi della esposizione, visite guidate e documenti sonori, sono i sussidi capaci di offrire anche a chi non ci vede nulla o poco, la possibilità reale di conoscere, apprezzare e accrescere la propria dotazione culturale, primo presupposto per una vita sociale partecipata. Non ci vuole domineddio per riconoscere in questi sussidi un’arma contro l’ignoranza, non tanto dei ciechi – per loro sono soltanto sussidi – ma per chi, normodotato, non deve superare alcuna barriera per vedere ed apprezzare un quadro, una statua, un monumento, e nonostante tutto, è stato capace di non vedere, manco percepirla, la via virtuosa che dalla conoscenza giunge dritta dritta al progresso economico.
A Brindisi, il MAP (Museo Mediterraneo dell’Arte Presente, istituito da CRACC srl Spin off dell’Università del Salento) presenta sabato 5 ottobre 2013 il progetto “Touch me, feel me, map me: contemporaneamente accessibile”. (al sofisticato palato dei lettori di questo blog non sarà sfuggita l’eco che il titolo del progetto rimanda all’album “Tommy” degli WHO, datato 1969 – http://it.m.wikipedia.org/wiki/Tommy_%28album%29 – e da cui Ken Russell ha tratto l’omonimo film nel 1975 – http://it.m.wikipedia.org/wiki/Tommy_%28film%29 -) Toccami, percepiscimi, elaborami sono i tre concetti sviluppati dal protagonista della storia che dopo aver subìto violenze, si è auto inflitto il riparo nel mutismo, nella sordità, nella cecità. Ai cultori della musica degli WHO suggerisco la visione e l’ascolto del brano See Me, Feel Me all’indirizzo – http://www.youtube.com/watch?v=PHUjOwn660c&desktop_uri=%2Fwatch%3Fv%3DPHUjOwn660c&app=desktop -. La similitudine con la condizione assai diffusa della clandestinità di fin troppe identità è più che ampiamente servita. Toccare, percepire, elaborare, tre azioni dal gusto e dal significato intimo che sprofondano nell’identità della persona, nel suo vissuto da cui si partono i recettori dei significati. Dal variegato, sorprendete personalissimo percorso di digestione culturale, riemergono alla superficie delle relazioni trans personali, il complesso sistema di contributi sensoriali propedeutici ad ogni progresso, umano, sociale, culturale, economico. Il progetto, che si inserisce a pieno titolo fra le primissime iniziative nel suo genere “potenzia la fruibilità e accessibilità all’arte contemporanea – sottolinea in una nota il gruppo di lavoro del MAP, guidato dal direttore scientifico, prof. Massimo Guastella – dotando la collezione permanente del “Simposio della Scultura”, composta da una quarantine di opere a conformazione tridimensionale del Map, di didascalie elaborate in braille”. L’idea nasce da Vincenzo Luperto, non vedente, laureando in storia dell’arte e da Antonietta Argentiero tutor dell’allievo per i servizi integrativi di accessibilità allo studio dell’UNISALENTO.
Il progetto si è sviluppato grazie alla collaborazione degli educatori e degli esperti dell’Univoc e dell’Uici, dell’Istituto per ciechi “Anna Antonacci” di Lecce, e dei responsabili delle aree per il diritto alla studio e per la didattica, per la disabilità e l’integrazione dell’ateneo salentino. Si avvia in tal modo la realizzazione di un percorso tattile per non vedenti e ipovedenti nel contenitore storico ed architettonico della chiesa di San Michele Arcangelo delle Scuole Pie in Brindisi alla via Giovanni Tarantini, 37, ma procede anche il percorso già avviato dalla medesima struttura di traguardare, attraverso l’arte presente, lo sviluppo di una disciplina ancorchè affascinante, poco praticata: la riflessione meditata. Sfida che si può cogliere nella iniziativa già avviata lo scorso 12 luglio, denominata “Pale d’Altare” che vede installate opere visive contemporanee dall’impatto emotivo assai alto. Inaugurata dal pittore-architetto leccese Fulvio Tornese, prosegue ora con Mimmo Epicoco, artista di Ceglie Messapica che insegna ed opera a Roma, di cui mi piace sottolineare il sapiente uso di un velo placentare rosso ematico che al tempo stesso pare custodire, ma anche esaltare il significato dei soggetti ritratti, che si manifestano all’osservatore al pari di un feto che pare decidere autonomamente di mostrarsi in una ecografia. Percepiti, ma non pienamente evidenti. Leggibili ad uno spettro cromatico della cognitività ancor di più di quello riservato alla vista. Così nel progetto di fruizione museale ai ciechi ed ipovedenti, sono le opere che decidono di farsi percepire, ora dal tatto, ora dal suono esaltando ai sensi dell’osservatore la loro potenza espressiva, quella stessa che si riduce, fino ad abbagliarsi in chi le opere le guarda soltanto. Giancarlo Sacrestano [email protected]
Giancarlo Sacrestano