Riunione dei terronisti in un bosco. È di montagna la Brindisi che fa sperare

È stato redatto il piano relativo al CIS (Contratto Istituzionale per lo Sviluppo) di Brindisi, per un ammontare di 340 milioni di euro. Nella presentazione del programma si legge tra l’altro: “Nella definizione degli interventi, l’Amministrazione ha definito Brindisi una “città in transizione”, poiché il modello di sviluppo economico risalente alla fine degli anni Cinquanta, inserito in quello più ampio dell’industrializzazione del Mezzogiorno, mostra “i suoi limiti”. Ci sono debolezze non solo sul piano economico, essendo evidenti quelle sociali e ambientali. (…) Il territorio venne costretto a unno sviluppo imposto dall’alto per adeguarlo alla sfida della grande industria”. Oggi la “comunità locale si confronta con una questione ecologica di matrice industriale di rilievo nazionale (Sito d’interesse nazionale)” e con “piccole e medie imprese dipendenti dalle grandi committenze in contrazione, che chiudono i cicli produttivi, facendo lievitare i dati sulla disoccupazione che colpisce circa un terzo della popolazione attiva”. Anche il “porto accusa i colpi della crisi”: negli ultimi due anni ha subito la perdita netta di circa un quarto del traffico merci.
“A Brindisi è marcatamente presente il fenomeno della povertà che coinvolge circa un quarto della popolazione residente”. Gli ultimi dati Istat disponibili, quelli relativi al 2018, indicano la città come la terza in Italia per povertà. Le maggiori criticità sociali si registrano nelle periferie, con rischio devianza giovanile esposta alla criminalità attiva nella droga, nel racket delle estorsioni e nel gioco d’azzardo. In questo quadro a tinte grigie e nere, una pennellata di colore arriva dal turismo che, negli ultimi anni, è “aumentato grazie alla collocazione geografica di Brindisi”, essendo la porta del Salento e alla “rivalutazione di importanti identità storiche”.
Il documento di programma si sostanzia di schede relative alla rigenerazione e riaulificazione di immobili ed aree che nel breve volgere di un triennio consentirebbero il riallineamento della città a standars di vivibilità più accettabili.
Nel mentre però il libro dei desideri viene redatto in bella copia per essere consegnato ai tavoli della politica romana, il più grande sistema sociale in cui la città è inserita, il meridione si muove e segue sollecitazioni, tante, le più disparate. Qui mi piace presentare per capitoli quella vissuta e realizzata a Brindisi di Montagna, il paese in provincia di potenza, dove si sono dati convegno i “terronisti” sorta di partigiani resistenti che intendono opporsi al dilagare dei temi che separano e discriminano, che fomentano odio e alzano muri.
Contro i diritti differenziati e per l’equità per tutti, lo scorso 24 agosto alla Grancia (l’area boschiva ricadente nel piccolo paese lucano omonimo del capoluogo messapico), per formare una alternativa per le prossime elezioni, sbarrare la strada a Salvini e capovolgere il sistema che ha retto finora questo Paese: sottrarre a una parte, accusandola pure di essere mantenuta, per mantenere e arricchire l’altra.
Stando ad ascoltare le loro tesi, Salvini e la Lega sono solo l’ultima e peggiore manifestazione della bulimia di risorse pubbliche che dota il Nord e il Centro di infrastrutture decenti o persino all’avanguardia, treni ad alta velocità, autostrade, anche inutili e dannose, come la Brebemi o le pedemontane lombardo-venete, istituti di ricerca pagati da tutti ma rigorosamente padani, eccetera; mentre in circa metà del Paese è quasi o del tutto impossibile raggiungere un posto in treno o con una strada che non sia dissestata, piena di buche, mezzo franata. E se il tempo è un costo fra i maggiori, questo uccide l’economia del Sud.
Se la questione meridionale è frutto di scelte politiche razziste e imposta con le armi un secolo e mezzo fa, la vicenda dell’Autonomia differenziata per togliere altri soldi al Sud ne è la prova più recente, disegna un Paese a diritti calanti per latitudine, geograficamente, e pretendere risorse crescenti con la ricchezza dei territori. In tal modo, si innesca un meccanismo che si auto-alimenta, leva sempre più ai poveri e dà sempre più ai ricchi (tali, in gran parte, per aver preso di più dalla cassa comune, a spese di altri: basti guardare la differenza di infrastrutture pubbliche, che vuol dire pagate da tutti e godute da pochi).
Non è, come pure potrebbe sembrare, una rivendicazione meridionalista: un Paese che non riconosce a tutti i suoi cittadini uguali diritti non è un Paese, ma un sistema malato. In tal senso, l’Italia non è mai stata unita, ma divisa.
Nel più vasto panorama che vede il meridione e Brindisi di Montagna piccolissimo borgo arroccato di poche centinaia di anime, ma che negli anni ha costruito la propria fortuna sulla sola risorsa disponibile, la Grancia e la rievocazione storica del brigantaggio post-unitario con uno spettacolo mozzafiato ed oggi si attesta a capitale del nuovo meridionalismo incazzato duro e puro, Brindisi, la nostra tanto cara Brindisi, cantata da Orazio, vissuta da Cicerone, da Virgilio, addirittura Capitale, cantata dall’avattar di Battisti, che ancora si accontenta di scrivere i pensierini per un programma CIS di cui ha già perso i primi appuntamenti, quando si sveglia? Quando si assumerà la responsabilità di capire che sta perdendo tempo e che tutto si è tradotto nel tradimento delle giovani generazioni, che sempre più scelgono di scappare?