“Grazie per il pensiero, perché oggi parlare del Trasfusionale significa rendere consapevole la gente sull’importanza della donazione”: alla notizia che il7 Magazine intende dedicare spazio alla cronica carenza di sangue, esordisce con queste poche e semplici parole la dottoressa Antonella Miccoli, direttrice del Centro Trasfusionale dell’ospedale Perrino di Brindisi, catturata al telefono tra un impegno e l’altro della sua delicata attività professionale. Ed è esattamente tra questi due cardini, la gratitudine e la sensibilizzazione, che oscilla il lavoro impegnativo (e spesso emotivamente sofferto) di chi, come responsabile di un Centro che copre un bacino di utenza di circa 400.000 potenziali pazienti, ha dovuto presto abituarsi a prevedere l’imprevedibile e a saper gestire le emergenze cercando di non far andare nel panico gli ammalati e le loro famiglie.
“Grazie per il pensiero”: come fosse, il suo passaggio sul nostro giornale, un regalo di compleanno o l’augurio di buon Natale di un paziente devoto a cui, dando una sacca di sangue, ha salvato la vita.
In questi anni abbiamo imparato a riconoscerne la voce pacata e i toni, che pur nella fermezza degli appelli, si mantengono sempre miti: nella consapevolezza che somministrare il sangue non è soltanto un atto di cura puro e semplice, ma è, piuttosto, trasferimento di vita da in soggetto ad un altro, Antonella Miccoli ha fatto dell’educare le persone alla cultura della donazione la sua missione umana e lavorativa, riuscendo a coinvolgere singoli cittadini, istituzioni e associazioni in quel delicato esercizio di solidarietà che è l’offerta del proprio sangue a chi ne ha bisogno per vivere.
Nelle ultime settimane lei ha rivolto numerosi appelli alla donazione: al momento la situazione qual è?
“Oggi, durante i giorni infrasettimanali, riusciamo ad avere qui nel centro circa una decina di donatori al giorno. Sono ancora troppo pochi: per soddisfare il fabbisogno di una provincia come quella di Brindisi, ne servirebbero tre volte di più. Ecco, il mio obiettivo è quello di arrivare a minimo trenta donatori al giorno. Nel fine settimana, grazie alla collaborazione delle associazioni di volontariato e alle raccolte esterne da loro organizzate, arriviamo a quel numero e qualche volta lo superiamo. Purtroppo, però, non possiamo permetterci di fare affidamento esclusivamente sul lavoro, comunque utilissimo, delle associazioni. Serve una partecipazione più ampia, anche perché qui abbiamo personale e mezzi per riuscire a gestire sino a cinquanta donatori in una sola mattinata”.
Sembra di capire che l’apporto delle associazioni di volontariato alla causa della donazione è imprescindibile.
“Esatto, è fondamentale, anche perché le associazioni, da statuto, possono convocare direttamente i soci per la donazione, cosa che a noi è preclusa. Il nostro compito si esaurisce nel sensibilizzare”.
Siamo in emergenza sanitaria da più o meno un anno e mezzo: il momento più difficile per il Centro Trasfusionale qual è stato?
“Abbiamo risentito in maniera minima dei periodi di lockdown più duro, perché le associazioni di volontariato si sono organizzate, su nostro suggerimento, a raccogliere il sangue all’esterno del Centro, considerato che la gente temeva di entrare in ospedale. Al contrario, durante l’estate abbiamo sofferto molto, come ogni anno. Non posso dimenticare che la scorsa estate, in particolare venerdì 14 e sabato 15 agosto, le scorte erano talmente esigue che siamo dovuti andare in giro per gli stabilimenti balneari a sensibilizzare alla donazione: ebbene, lunedì 17 agosto si sono presentati a donare in ospedale trentacinque persone. Il che significa che la gente non è indifferente: se opportunamente sollecitata, dimostra di venire incontro alle necessità di cura degli altri. Va soltanto resa più consapevole. Ecco, io spero di non dovere arrivare a tanto anche quest’anno, vorrei evitare di andare in giro a chiedere il sangue sotto gli ombrelloni. Purtroppo nel periodo estivo siamo più presi dalle nostre esigenze e forse dimentichiamo le esigenze di coloro che, per poter condurre una vita normale o almeno non troppo difficile, necessitano della sacca di sangue. Ad esempio: oltre ai microcitemici, che hanno bisogno di quattro sacche al mese, e ai cronici, le cui esigenze possono variare a seconda della patologia di cui soffrono, abbiamo le persone sottoposte ad interventi, urgenti o programmati che siano. Non possiamo restare impassibili davanti a questi bisogni”.
Ad un certo punto negli ultimi mesi si è diffusa la voce che i vaccinati contro il Covid-19 non possano donare: è vero?
“No, non è vero: i vaccinati possono tranquillamente essere accettati per la donazione già 48 ore dopo essersi sottoposti alla vaccinazione”.
In questi mesi il centro trasfusionale è sotto i riflettori non soltanto per la carenza di donazioni, ma anche per le richieste di donazioni di plasma iperimmune da parte dei pazienti Covid-19 che si sono negativizzati.
“C’è stata grande richiesta di donare perché, in piena pandemia, un bel po’ di persone ricoverate necessitavano della terapia con il plasma iperimmune e, quindi, si è scatenata la corsa alla solidarietà. Ovviamente non tutti i guariti dal Covid-19 sono donatori idonei: non per tutti i soggetti testati il titolo degli anticorpi neutralizzanti è sufficiente a funzionare dal punto di vista terapeutico. In ogni caso, attualmente le scorte di sangue iperimmune sono adeguate al fabbisogno, dal momento che i ricoverati sono di molto diminuiti e quindi le esigenze sono cambiate”.
Le persone che presentano patologie per le cui cure sono richieste frequenti trasfusioni di sangue stanno vivendo questi mesi con grande angoscia. Sarà stato difficile per voi doverli rassicurare, oltre che curare.
“Sì, ovviamente i pazienti cronici in questo periodo stanno vivendo con forte patema d’animo la carenza di donazioni. Però mi piace pensare che sappiano che io e il mio staff non molliamo in questo sogno di rendere il Trasfusionale del Perrino autosufficiente, cercando di sensibilizzare e di coinvolgere quanto più possibile tutti coloro che sono nelle condizioni di poter donare. L’obiettivo deve essere quello di avere a disposizione il numero sufficiente di sacche di sangue sia per gli ammalati cronici (soprattutto i microcitemici, che sono i pazienti più numerosi e a cui va continuamente il mio pensiero) che per gli ammalati acuti”.
Le è mai capitato che abbia dovuto dire ad un talassemico o ad un altro paziente cronico: “oggi non possiamo darti sangue, torna a casa”?
“Speravo non mi facesse questa domanda, perché per me è estremamente doloroso rispondere. Non sono arrivata a quel punto, ma è successo che abbia dovuto ridurre la quantità di sangue da somministrare a ciascun paziente. In alcuni casi ho chiamato i colleghi della Microcitemia e insieme abbiamo studiato, a seconda delle condizioni cliniche dei vari ammalati, la possibilità di dimezzare le sacche e di riprogrammare la trasfusione di lì a pochi giorni, in modo da organizzarci con le nuove scorte. Ho la pelle d’oca a ricordare quelle occasioni, che comunque sono state pochissime. Ma posso assicurarle che in quelle notti ho faticato ad addormentarmi”.
Vuol fare l’ennesimo appello, allora?
“Con piacere. Le parlo mentre sto controllando un emocromo, ho un paziente proprio davanti a me che potrebbe confermare quanto sto dicendo: vi prego di venire a donare, non ci sono rischi per chi entra nel Centro Trasfusionale dell’Ospedale Perrino. Tutto il personale è vaccinato, sanifichiamo continuamente i locali e le poltrone sulle quali i donatori si stendono per il prelievo, utilizziamo tutti i dispositivi di protezione individuale e rispettiamo rigorosamente le norme sul distanziamento previste dal DPCM in vigore attualmente. In più, cosa da non trascurare in questi giorni così caldi, abbiamo l’aria condizionata! Vi aspettiamo”.