120 anni fa il primo sipario al Teatro Verdi: l’inaugurazione solo due anni dopo

Sono trascorsi centoventi anni dal primo concerto tenuto nel “vecchio” Teatro Verdi di Brindisi, ma i cittadini dovettero attendere ancora altri due anni prima di poterlo inaugurare ufficialmente.
La sua lunga e tormentata costruzione era stata avviata il 28 marzo del 1892, ben nove anni prima, e dopo tante polemiche, solleciti e persino la morte dell’operaio Giovanni Forcignanò, caduto dalle impalcature, finalmente i battenti del nuovo teatro comunale si aprirono il 24 marzo del 1901, in occasione del concerto organizzato per commemorare Giuseppe Verdi, lo straordinario musicista e operista italiano scomparso poche settimane prima. L’onda emotiva generata dell’enorme perdita artistica determinò la scelta di intitolare il nuovo teatro al Grande Maestro, una proposta fortemente sostenuta dal giornalista e studioso Edoardo Pedio, avanzata sulle pagine del settimanale locale “La Città di Brindisi”, in netto contrasto con l’idea dell’avvocato e studioso di storia patria Baldassarre Terribile, che invece sosteneva l’idea di omaggiare il compositore di origini sanvitesi Leonardo Leo (1694-1744), gloria locale nonché promotore della celebre scuola musicale napoletana. Tra i due vi fu un lungo e autorevole scambio di opinioni, un confronto svolto sempre con toni garbati e rispetto reciproco che appassionò i lettori del giornale locale per circa tre mesi, nonostante il 16 febbraio il Consiglio Comunale avesse già approvato, con eccezionale rapidità, la proposta della Giunta di intitolare il teatro all’immortale Genio di Busseto. Nell’occasione il Pedio scrisse “Auguro che possa il nuovo teatro Giuseppe Verdi avere la fortuna del nome che porta”, purtroppo così non è stato.
In origine l’intenzione era di dedicare l’erigenda costruzione a Dante Alighieri, infatti la cupola era stata interamente decorata, dal pittore romano Mario Spinetti, con alcuni episodi della Divina Commedia.
L’opera pubblica costata complessivamente 257mila lire, era stata progettata dall’ingegnere milanese Achille Sfondrini, poi sostituito in corso d’opera (dopo non poche controversie) dapprima dall’ ing. Corrado Pergolesi di Ancona e quindi in fase di completamento dagli ingegneri brindisini Antonio Rubini, Luigi D’Ippolito e Lorenzo Calabrese, che rivisitarono e modificarono notevolmente il progetto originale. Il teatro sorto su corso Umberto I, angolo con piazza Cairoli, si sviluppava su una superficie di 1300 metri quadri e l’intero suolo, nelle linee di confine, copriva circa 2100 mq. Si presentava maestoso “con la sua grande cupola, elegante con il suo porticato, per una sobria ma armonica architettura […] era dotato di 65 palchi, suddivisi in tre ordini, di un grande salone in grado di ospitare conferenze e balli e di diverse sale più piccole (sala caffè, sala biliardo). Era capace di 1.300 persone che potevano trovare posto in platea, nel popolare loggione o nel centralissimo e incoronato palco reale” (E. Martinelli, 2013).
Alle ore 14.30 di domenica 24 marzo 1901 ebbe inizio il primo evento in assoluto all’interno della nuova struttura ancora non del tutto completata, una manifestazione di beneficenza organizzata dal Patronato Scolastico: la cerimonia prevedeva la commemorazione del grande compositore scomparso due mesi prima con lo scopo di “trarre un beneficio per i nostri fanciulli poveri, impossibilitati a frequentare le scuole, perché devono invece col lavoro procacciarsi il proprio sostentamento, non potendo le loro famiglie mantenerli inoperosi”. I biglietti erano stati messi in vendita da alcuni giorni presso il botteghino del teatro, l’ingresso semplice costava 50 centesimi e 30 la galleria, i palchi di prima, seconda e terza fila 8 lire, 6 i palchi laterali, le poltrone e le poltroncine costavano rispettivamente 2 e 1 lira, le sedie mezza lira. Fu l’ing. Lorenzo Calabrese, presentato dal cav. Cesare Bianchi, a pronunciare il discorso commemorativo che riscosse applausi e consensi “dall’uditorio scelto e numeroso” presente in sala, tra cui l’onorevole Pietro Chimienti, il noto parlamentare locale nonché docente universitario di Diritto costituzionale. Grande successo ebbe soprattutto il “rinomatissimo Concerto” della Fanfara del 45° Reggimento Fanteria, diretto dal maestro Carmelo Preite, che eseguì diversi brani di musica verdiana.
Nonostante alcune pecche organizzative, “i soliti ed indispensabili intoppi di speciale nostra privativa”, la cerimonia riuscì ad ottenere gli elogi dalla critica, nelle cronache giornalistiche di quel tempo si leggono “lodi sincere” tributati ai musicisti e ai componenti del comitato organizzatore presieduto da Alfredo Mazari Villanova, in particolare a Guglielmo Musciacco e Alberto Monticelli per l’impegno logistico dimostrato.
L’inaugurazione ufficiale si svolse solo due anni e mezzo dopo, il 17 ottobre del 1903, con la rappresentazione dell’opera verdiana “Traviata”, in realtà il teatro era stato aperto già altre volte per ospitare conferenze, comizi e serate di cinematografo per beneficenza, come avvenne il 18 febbraio del 1903 con uno spettacolo a favore dei poveri della Congregazione della Carità, in quell’occasione l’apparecchio di proiezione fu prestato da Eugenio Dacomo, proprietario di un cinematografo ambulante chiamato “Eden”. Il Comune, in vista dell’apertura ufficiale, aveva nominato come agente teatrale Vincenzo Garzia e come impresario il giovane brindisino “appassionato cultore di musica” Arturo Mazari, questi, per la prima stagione lirica, volle scritturare la Compagnia del maestro Carlo Scalisi, già direttore d’orchestra del Teatro San Carlo di Napoli. L’inesperto ma coraggioso avvocato Mazari dimostrò ottime capacità gestionali, rischiando persino i propri capitali per dare finalmente alla città un teatro inaugurato e una serie di rappresentazioni liriche importanti (Rigoletto di Verdi, La bohème di Puccini, Lucia di Lammermoor di Donizetti e la Cavalleria rusticana di Mascagni) che tanto piacquero al numeroso pubblico partecipante. La bellissima e tanto sospirata serata inaugurale vide un teatro “affollatissimo, v’erano tutte le Autorità, molti forestieri, ed un numero infinito di Signore e Signorine, vestite con abiti lussuosi e degni di quell’ambiente oltremodo aristocratico”.
Durante la sua breve esistenza, il Teatro Verdi è stato sempre utilizzato in maniera saltuaria, senza essere mai identificato con un genere prevalente di spettacolo. Furono solo cinque le stagioni liriche organizzate nei primi dodici anni di attività: nonostante l’ottimo successo della stagione inaugurale, già nel 1904 il teatro venne aperto solamente per due spettacoli! Ciò fu determinato “dall’evidente disinteresse e la scarsa disponibilità dell’amministrazione comunale, che sarà una costante per tutta la vita del teatro” (E. Amoruso, 1986). Solo in occasione della “Fiera Campionaria di vini e olii”, inaugurata il 2 maggio 1906, il Comune si impegno con un considerevole finanziamento allo scopo di “offrire maggiori attrattive ai visitatori” e organizzare serate di gala in onore delle autorità, tra cui la prima del “Don Pasquale”.
Successivamente furono ospitati prevalentemente spettacoli d’intrattenimento di vario genere: prosa, varietà, operette, conferenze, comizi, adunanze, fiere, feste e veglioni. Su quel palco si esibirono importanti compagnie e artisti del calibro di Ermete Novelli, Alfredo De Sanctis, Gustavo Salvini, Edoardo Scarpetta, Raffaele Viviani, Paola Borboni, Alida Valli, Vittorio De Sica e Nino Taranto per il teatro di prosa, il famoso “trasformista” di fama internazionale Leopoldo Fregoli, il trio dei fratelli De Vico per l’avanspettacolo, mentre per la lirica è degna di nota la grande serata di debutto nella Traviata del giovane tenore brindisino Giuseppe Piliego, che segnò l’avvio di una straordinaria carriera mondiale.
Restano impressi alla memoria storica della città sia il grande evento organizzato per festeggiare l’elevazione di Brindisi a capoluogo della provincia, ma soprattutto la serata del 13 giugno 1926, quando si tenne un concerto per la raccolta fondi da destinare alla costruzione del Monumento al Marinaio d’Italia “sotto gli auspici di quel Divo dell’Arte del Canto, che risponde al nome di Tito Schipa”.
“Nel Verdi si è respirato l’odore pesante dei sigari ed il profumo di acque di colonie per 50 anni – racconta il sociologo Emanuele Amoruso – un ricordo che accresce la nostalgia e forse alimenta il rimpianto di non avere, allora, fatto qualcosa per l’oggi”. Infatti, dopo più di tre anni di abbandono, nel febbraio del 1960 furono avviati i lavori di demolizione, a maggio del Teatro Verdi non vi era più traccia.