L’arte di adattarsi che possiamo imparare dai ragazzi

La capacità di alcuni individui di fronteggiare le avversità che si pongono lungo il cammino, viene spesso vista come se avesse del miracoloso, quasi si trattasse del prodigio dell’Araba Fenice; nelle scienze che studiano l’individuo ed i suoi comportamenti questa capacità si chiama resilienza. La resilienza è per la psiche ciò che il sistema immunitario è per il corpo, cioè una capacità di adattamento a situazioni negative adottando risorse proprie che in poco tempo ristabiliscono l’equilibrio perduto. Oggi che l’attenzione è focalizzata sulla prevenzione di situazioni a rischio, oggi che troppo spesso ci troviamo a dover toccar con mano situazioni in cui l’individuo più fragile si lascia andare piuttosto che affrontare delusione, sopraffazioni, avversità; oggi momento in cui la solitudine interiore è una solida certezza ,può essere molto importante far emergere nella persona quelle qualità interne ed esterne, legate all’istinto di sopravvivenza , che consentono di vivere rischi e difficoltà, mantenendo inalterata la propria capacità di reagire, di sentire, di portare avanti un progetto.

È diverso sopravvivere indurendosi dal reagire mantenendo intatta la propria sensibilità. La resilienza è un fattore che può essere accresciuto ed il periodo che va dall’infanzia fino all’adolescenza sarebbe il periodo più opportuno per sviluppare questa qualità interiore che permette di affrontare le avversità. L’adulto a mezzo dello stimolo sull’area emotiva, cognitiva, comportamentale, permette la rielaborazione di vissuti di fragilità, permette di passare attraverso l’incertezza delle prove, di vivere i riti di passaggio, che accompagnano la costruzione del sé.

L’adulto in tale processo è il genitore, l’insegnante, l’educatore o qualsiasi figura che propone un modello di confronto entro cui la gestione delle emozioni, la risoluzione di problemi e la presa di decisioni guadagnano un senso. Non si nasce, dunque, adolescenti fragili o resilienti, ma ci si scopre resilienti all’interno di un progetto educativo in cui, grazie a uno sguardo “clinico” alla formazione, adolescenti e adulti si mettono in gioco entrambi per scoprire e costruire la propria resilienza.- Relazioni all’interno e all’esterno della famiglia con persone premurose e solidali, vivere un clima di amore e di fiducia, fornisce incoraggiamento e rassicurazione e favorisce l’accrescimento del livello di resilienza.

Ma noi adulti che capacità abbiamo di vivere insuccessi e difficoltà? Crediamo nella nostra forza per “resistere” ? La cronaca di quest’era di difficoltà e fragilità sembrerebbe mettere in dubbio le nostre risorse, ma per questo è importante sapere che la resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo, essa presuppone comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque; essere resilienti non significa non sperimentare lo stress, essere infallibili, ma piuttosto essere disposti al cambiamento, essere capaci di modificare la propria rotta per perseguire il proprio progetto.

E mentre aiutiamo con l’amore e la fiducia i nostri ragazzi a tirar fuori le loro risorse, ad avere una visione positiva di sé e delle abilità che possiedono; impariamo da loro l’arte di adattarsi ai cambiamenti modo libero e spontaneo fuori da quelle gabbie che col tempo e le convenzioni ci siamo costruiti intorno, scopriremo di noi qualcosa di nuovo.

“Io non ti chiedo di usare risorse che tu pensi di non avere, io ti chiedo di usare risorse che tu hai e pensi non avere”. (M.Erikson)

dott.ssa Federica Protopapa

dott.Luigi Persano