10 febbraio 1944: settant’anni fa l’ultimo giorno da Capitale d’Italia

di GIANCARLO SACRESTANO

Il 10 febbraio 1944 Brindisi cessava di essere la città capitale del Regno per passare il testimone a Salerno. Nel tempo compreso tra il 10 settembre ’43 e il 10 febbraio ’44, fatta la tara della inadeguatezza politica dei protagonisti italiani a principiare da quella figura di re, nella città messapica furono poste le basi di ciò che sarebbe divenuta l’Italia: libera, democratica, occidentale.

Qui voglio ricordare tre date, il 13 ottobre 1943, il successivo 27 dicembre e il 20 gennaio 1944. Tre date testimoni di altrettanti pilastri. Il 13 ottobre 1943 a Brindisi viene firmata la dichiarazione di guerra alla Germania nazista. Quella stessa nazione che nel precedente ventennio fascista, era stata osannata e accompagnata da noi italiani nel nefasto percorso criminale di portare la violenza della guerra sull’intero pianeta. Il 27 dicembre 1943, il consiglio dei ministri, approva e sottopone alla firma del re il decreto di adesione alla Carta Atlantica, quel documento da cui, nel 1946 nascerà l’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite cui l’Italia potrà aderire solo nel 1954. Il 20 gennaio 1944, ancora a Brindisi, viene emanato il Regio decreto legge n. 25 che abroga le disposizioni razziste del 1938. Tre date per tre concetti. T

re date, per rimarcare come la funzione del luogo, Brindisi, non fu elemento incidentale, ma essenziale, al nuovo risorgimento nazionale. Brindisi capitale del Regno d’Italia, ha fatto storcere il naso ai sofisti, ha lasciato perplessi i critici, ma quel che è peggio, è identità ignorata ancorchè indifferente alla memoria dei brindisini. Raccolte in quelle tre date, gli elementi distintivi del nostro moderno modo di concepire la vita in comune, in un pianeta globalizzato, su cui abitano 7 miliardi di persone, tutte indifferentemente dotate della medesima dignità. Brindisi non divenne capitale di un brandello d’Italia, ma luogo da cui rinasceva la speranza malgrado la inettitudine di troppi titolati al ruolo di responsabili della Res Publicae.

Brindisi in quei giorni di 70 anni fa, era percorsa e vissuta dai rappresentanti più autorevoli di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Russia. Furono loro a sostenere e in modo evidente guidare le mosse incerte di un’Italia sbandata. Il 9 febbraio del 1944, i partiti antifascisti riuniti a Bari nel congresso istitutivo del CLN presentavano a Brindisi la richiesta di abdicazione del re, un monarca inetto ed incapace che solo le grandi opportunità individuate dagli americani in primis, gli avevano permesso di sopravvivere alla fuga vigliacca da Roma. Brindisi rappresentò in quel periodo il luogo degli equilibri e della tregua, dove sopravvisse il dialogo tra diversi e dove gli opposti trovarono modo di non confliggere. Brindisi era la città individuata dagli alleati per garantire all’Italia di sopravvivere a se stessa. Brindisi è quel luogo che ancora una volta e non sarà certo l’ultima, altri individuano per celebrare i valori della libertà, della dignità e della speranza. Non è un caso che qui, oggi, abbia sede il più importante centro di aiuti umanitari dell’intero pianeta che l’ONU ha predisposto per il programma alimentare mondiale.

Brindisi, lo racconta l’intera sua storia, è città simbolo di pace, accoglienza. Brindisi è porta di speranza. Brindisi è capitale di Eutopia, terra della felicità possibile. Il 9 febbraio, ultimo atto di Brindisi Capitale, la Commissione Alleata sugli Atti del Governo del Regno del Sud approva il regio decreto legge n. 25. E’ Brindisi pertanto il luogo da dove la dignità delle minoranze, quella ebrea per prima, vilipesa e martoriata, riconquistano la dignità perduta. Capisco le ragioni della rabbia e della critica asperrima da riservare ai protagonisti di quelle pagine convulse della storia d’Italia, ma mi sia consentito di esclamare la indignazione per l’ignoranza e la saccente indifferenza con cui si è voluto stendere uno strato di indifferenza non su una celebrazione, ma sulla memoria delle ragioni che hanno costruito il nostro contratto civile. Ai brindisini manca la consapevolezza di sé. Ai brindisini fa difetto il concetto del “NOI”. E’ una tragedia enorme, capace di spiegare la nostra crisi, la nostra inadeguatezza rispetto ai percorsi di sviluppo possibile. Oggi, altri, i fratelli di Lecce hanno individuato un canale di sviluppo possibile, attraverso la candidatura del Salento a Capitale della Cultura 2019. I Brindisini titolati alla responsabilità delle scelte pubbliche hanno reso la vera capitale di Eutopia, Brindisi, mero addentellato, quasi indifferente suppellettile della candidatura leccese. Non abbiamo dei leader e quelli che ci sono li possiamo rubricare “follower” capaci di cliccare “mi piace” su qualche pagina facebook.